L'insostenibile incoerenza del dibattito sul CETA
Qui di seguito, un passaggio dell'approfondimento:
"A breve l'Italia dovrà esprimersi sulla ratifica di un accordo commerciale con il Canada, il CETA. Il CETA è un negoziato che Ue e Canada hanno avviato e concluso per bilanciare quello più importante fra Ue e US, cioè il TTIP. Quest'ultimo è stato di fatto bloccato dagli eventi e poi accantonato dalla nuova linea degli US.
Il procedere delle ratifiche del CETA, dopo il primo voto del parlamento canadese e di quello europeo concluso con due terzi dei voti a favore a febbraio, premia un negoziato leale e nello stile degli altri in corso in tutto il mondo, ma le ratifiche dei paesi Ue rivelano problemi. Temendo tempi lunghi è prevista una fase transitoria di avvio in attesa dell'esito finale.
Il CETA è un accordo in cui si affrontano moltissimi temi, da quelli finanziari a quelli normativi, e in cui il valore della componente agricola è molto ridotto. Come il TPP e il TTIP ha una parte di riduzione delle barriere doganali, tariffarie e non tariffarie, incluse quelle fitosanitarie, di quelle commerciali, finanziarie, ambientali. È un accordo di stile più europeo che americano, per intenderci. In materia agricola tiene conto delle denominazioni protette che stanno tanto a cuore a una parte dell'Ue, ma non a tutta!
Le forze in campo e la virtù della coerenza
Nel dibattito riappare la contrapposizione fra libero scambio e protezionismo resa più acuta dalla crisi, figlia e sorella dell'antieuropeismo e del sovranismo in Europa, e allo stesso tempo del trumpismo (si dirà così?) negli US. Gli anti Trump giocano le sue stesse carte e cioè un nazionalismo malinteso unito al rifugio nel protezionismo, anziché lo stimolo alla competizione ed all'aumento della produttività, come teoria economica e prassi insegnano.
Concentrare tutto sull'agricolo ed alimentare è un'altra incoerenza. L'accordo migliora, non peggiora, la tutela dei prodotti protetti che interessano più noi che il Canada. Quelli indicati non sono tutti, è vero, ma in termini economici valgono oltre il 90% della produzione e delle esportazioni relative. L'interscambio agricolo è complementare: l'Italia esporta in Canada alimenti e importa materie prime agricole, ma il saldo per noi è attivo. Nell'Ue e in Canada il peso dell'agricoltura sul Pil è attorno al 2% e la relativa occupazione attorno al 3%/4%, dunque pensare che il Ceta sia un accordo agricolo è distorcere la realtà. Il contenuto del trattato è ben più vasto.
Le normative sanitarie e fitosanitarie non sono messe in discussione, vengono affrontate con gradualità e senza le temute imposizioni che sono inaccettabili.
Al contrario, rafforzare barriere tariffarie e non tariffarie, come gli avversari del CETA chiedono, è un'illusione, ma soprattutto è contro l'interesse del paese. Le nostre esportazioni di alimentari sono in aumento, i dati di questi giorni lo confermano. Il rosso della bilancia agricola alimentare scende, ma è passivo sulle materie prime. Ritenere che si possano ridurre le importazioni frenandole e al contempo incrementare le esportazioni è impensabile, perché gli altri paesi reagirebbero imponendo ritorsioni.
Non resta che pensare ad altre motivazioni per spiegare tanto interesse tardivo e in contrasto con il voto espresso al Parlamento Europeo dalle forze che ora si agitano".
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