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Intervista di FreshPlaza alla Prof.ssa Lara Maistrello

Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sulla cimice asiatica

Nel grande volume dei problemi della frutticoltura, sotto la voce insetti alieni troviamo anche la Halyomorpha halys, alias la cimice asiatica. In pochi anni questo insetto è diventato una delle maggiori spine nel fianco dei frutticoltori dell'Emilia-Romagna e non solo.

Per comprendere meglio quale sia la situazione e che cosa ci sia in cantiere sul fronte della lotta, abbiamo interpellato Lara Maistrello, docente in Entomologia dell'Università di Modena e Reggio Emilia, probabilmente la maggiore esperta in materia di cimice asiatica in Italia, o quantomeno colei che con l'insetto ha la storia più lunga: fu infatti un suo studente a prendere il fatidico primo contatto.

FreshPlaza (FP): Quando l'avete riscontrato per la prima volta in Italia?
Lara Maistrello (LM): E' stato 4 anni fa a Magreta, nel modenese, ma è probabile che fosse lì già da almeno due o tre anni".


A sinistra Lara Maistrello, dell'Università di Modena e Reggio Emilia, esperta di Halyomorpha halys; a destra Stefano Caruso, del Consorzio Fitosanitario di Modena. Mostrano una trappola per la cimice asiatica.

FP: Da dove è venuta?
LM: "L'insetto è originario dell'Est-Asia, in particolare Cina. Dalle analisi sul DNA sappiamo che gli esemplari trovati nel modenese potrebbero essere arrivati da Pechino oppure dagli Stati Uniti, dove è presente da vent'anni, perché il ceppo è sempre quello: sono tutte imparentate, come sono tutte parenti le Halyomorpha halys che troviamo in Emilia-Romagna. Le cimici asiatiche emiliane, insomma, sono tutte figlie della stessa madre. Diverso il caso di quelle ritrovate a Milano che, dalle analisi del DNA, sappiamo provenire dalla Svizzera, in cui sono giunte grazie a scambi di merce con l'Asia.

FP: Modena, Milano, dove altro si trova la cimice asiatica in Italia?

LM: In Emilia-Romagna è presente praticamente in tutta la regione, e ce n'è ancora poca nel forlivese. In Piemonte è presente dal 2013, specie nelle province di Cuneo e Torino, fino al lago Maggiore. In Lombardia è praticamente dappertutto, anche a Sondrio. E' presente in quasi tutte le province del Veneto con numeri crescenti, mentre in Friuli Venezia Giulia è a Pordenone e, da quest'anno, anche in Trentino Alto Adige. In più ci sono segnalazioni puntiformi da alcune località di centro e Sud Italia.

Il fatto è che la cimice asiatica ha una elevatissima mobilità: da studi americani, dove hanno addirittura messo dei radar sull'insetto, è stato appurato che volando percorrono in media tra i 2 e i 5 chilometri al giorno, una distanza davvero notevole per una cimice, ma possono arrivare fino anche 60/65 km, e, in casi molto rari anche 120 km. Inoltre è un'autostoppista nata e viaggia con l'uomo su tutti i suoi mezzi e con qualunque tipo di merce, ed è questa la parte più grave: ovunque ci si trovi, non ci si può definire indenni".


Cimice asiatica, rinvenuta su un pereto bio nel modenese (foto agosto 2016).

FP: Come la state monitorando?
LM: "Al di là delle trappole in campo e delle segnalazioni di produttori e cooperative, è stata lanciata in questi anni un'iniziativa di citizen science. Oltre ai mezzi tradizionali (comunicati, stampa, volantini, articoli), attraverso i web forum di gruppi naturalistici e social networks abbiamo lanciato un appello: se trovate questo soggetto mandateci una foto o un campione (per poi verificare che fosse effettivamente Halyomorpha halys, cdr) e diteci dove è stato trovato e quanti esemplari erano. Quest'iniziativa ha coinvolto un gran numero di studenti, fotografi naturalistici e appassionati di entomologia che si sono rivelati, come d'abitudine per questi gruppi, molto preziosi e molto precisi nelle loro segnalazioni. Ma il gruppo che più ha contribuito ad inviare segnalazioni si è rivelato proprio quello di cittadini comuni, che hanno dimostrato una sensibilità notevole nei confronti di questo alieno, vuoi per i danni rilevati in orti e terrazzi, vuoi per le invasioni maleodoranti nelle abitazioni durante l'autunno. Per questo appello mettevamo disposizione un indirizzo mail cui rispondere, il mio, e sono arrivate migliaia di mail. Anche il mio account di facebook è diventato uno strumento di lavoro" (proprio durante questa intervista sono arrivate, in diretta, tre nuove segnalazioni, chiaramente da confermare, ndr).


Danni da cimice asiatica su pere (foto agosto 2016).

FP: In Europa e nel mondo invece dov'è presente?
LM: "E' chiaramente in Asia, dov'è originaria e dove non fa grossi danni, né tanto meno è considerata una pest. Nel continente nordamericano è stata rilevata in Canada recentemente, giunta dagli Stati Uniti, in cui è presente in praticamente tutti gli Stati e dove - dopo i gravi danni del 2010- 2013 con perdite di milioni di dollari soprattutto nei frutteti - ora la situazione è un po' migliorata. In Europa invece è in Francia, Ungheria, Serbia, Grecia, ma solo nella zona urbana di Atene, e in Romania; ma va detto che per ora, sulle coltivazioni, fa danni soltanto nel Nord America e, ad eccezione dell'Italia, negli altri paesi Europei per ora si sta rivelando solo un problema urbano. Solo quest'anno si sono registrati i primi danni sul melo nella zona di Budapest".

FP: Perché questo comportamento così diverso tra l'Italia e il resto dell'Europa?
LM: "Soprattutto in Emilia-Romagna, nella pianura Padana, la cimice asiatica ha trovato le stesse identiche condizioni di clima caldo e umido che trova a Pechino, la sua prima casa: è praticamente il suo habitat naturale, tant'è che nella nostra regione l'insetto fa due generazioni mentre in Svizzera solo una".


Una trappola per cimici.


FP: Qual è la situazione dei danni?
LM: "Difficile dirlo con esattezza. A Modena, che è la zona più colpita, la situazione è variegata: ci sono delle aziende che sono molto colpite perché più suscettibili, perché hanno le colture adiacenti a edifici e siepi; lì abbiamo visto che, anche trattando, dal danno non si scappa. Viceversa ci sono aziende che senza edifici e bordure limitrofe hanno una situazione nettamente migliore. Lo schema del danno è a mosaico, ma quest'anno c'è stata un'estensione delle aree di pero colpite: nel 2015 si limitavano al Nord del modenese, quest'anno le abbiamo anche nel ferrarese e nel bolognese.

Danni anche in Piemonte soprattutto su pesche e nocciolo; si segnalano danni sul melo nel Friuli Venezia Giulia e da quest'anno ci sono i primi danni in alcuni frutteti anche in Lombardia e nel Veneto. In questa regione, così come anche a Forlì-Cesena, sono stati segnalati danni sul kiwi, e, per questa coltura, si tratta del primo caso di danni da cimice asiatica a livello mondiale. I neozelandesi stanno seguendo questo caso molto da vicino perché li preoccupa, vista l'importanza di questa produzione per l'economia del paese.

In sintesi, colpisce un po' tutte le colture e diverse piante spontanee e ornamentali, che vengono attaccate in relazione alla presenza di frutti e semi in maturazione, ed è anche importante ricordare che la polifagia è necessaria alla cimice asiatica per potersi riprodurre, cosa che comporta quindi frequenti spostamenti tra diverse specie vegetali e che ne rende particolarmente difficile la gestione".


Un altro esempio di trappola per le cimici.

FP: Come combatterla in campo?

LM: "Sul versante fitosanitario, a oggi ci sono pochi prodotti che è possibile utilizzare su pero; solo sul melo e sul pesco c'è qualcosina in più. Qui in Italia le prove di efficacia sono in corso, del resto però sappiamo che i trattamenti chimici non saranno la risposta definitiva all'Halyomorpha halys perché da studi statunitensi sappiamo che queste cimici muoiono solo con le bombe: piretroidi e neonicotinoidi, e ci sono stati dei casi in cui addirittura le cimici sono resuscitate dopo un apparente iniziale abbattimento. Grosso modo lì hanno avuto un'efficacia dell'80%, peraltro molto diversa tra esemplari giovani e adulti di cimice, con quest'ultimi che sono molto, ma molto più resistenti. Questi sono i risultati che hanno negli Stati Uniti, dove usano molecole che noi non abbiamo, quindi attendiamo l'esito delle prove sui diversi prodotti disponibili sul nostro mercato.

Anche in Italia, con quello che è permesso, si prova a trattare, ma abbiamo visto che chi ha trattato in campo ha comunque avuto dei danni perché le cimici si muovono e i prodotti utilizzati non hanno un effetto residuale. L'insetticida, da solo, non è risolutivo così si cercano strategie per ridurre i trattamenti, anche perché quest'anno, a forza di usare insetticidi non selettivi, ci sono stati problemi di psilla e alcuni casi di moria di api".


Il pubblico a uno degli eventi organizzati dal Consorzio Fitosanitario di Modena per spiegare i progetti in campo sulla cimice asiatica. Il numero dei partecipanti rende bene l'idea di quanto la vicenda sia sentita.

FP: Alternative?
LM: "Nel New Jersey (USA), dove la cimice asiatica crea molti problemi sul pesco e sul melo, hanno messo a punto una strategia di difesa che si chiama IPM-CPR (crop perimeter restructuring) e che si basa sul trattamento dei bordi e delle piante dei filari più esterni piuttosto che tutto il frutteto, sapendo che la cimice asiatica si sposta molto e che la sua porta d'ingresso sono proprio i confini. Dai loro studi è emerso che la percentuale di danno non è poi tanto diversa tra un frutteto trattato in maniera tradizionale (negli States trattano i frutteti soprattutto a file alterne, ndr) e uno trattato con il CPR; però nel secondo caso si aggiunge il controllo naturale nel centro del frutteto e un uso minore di fitofarmaci. Loro l'hanno testato sul pesco, noi lo stiamo testando sul pero (cfr. FreshPlaza del 01/09/2016) perché è la cultura su cui l'Halyomorpha halys ci sta dando più problemi".


Contro la cimice asiatica si studia anche l'uso delle reti.

FP: In altri casi di insetti alieni, come la Drosophila suzukii, si usano reti e ora si guarda anche a insetti antagonisti. Sono vie percorribili anche per la Halyomorpha halys?
LM: "Anche per la cimice asiatica queste sono soluzioni possibili e sono in corso studi per usare le reti come difesa passiva. Si stanno anche studiando degli insetti antagonisti: negli Stati Uniti stanno provando un parassitoide oofago, importato dalla Cina, il Trissolcus japonicus, ma come si sa in Italia non è possibile importare di proposito organismi alieni. Peraltro non si tratta di un insetto specifico contro la cimice asiatica (potrebbe parassitizzare ovature di altre cimici, incluse le specie di predatori), così andrebbero comunque effettuate apposite valutazioni preliminari e attualmente questa non è quindi una soluzione percorribile. Stiamo guardando se ci sono antagonisti autoctoni che potrebbero contrastare questa cimice o quantomeno portarla a un equilibrio, ma per ora sul fronte dei parassitoidi non è emerso nulla di consistente. Qualcosa di più interessante sembra arrivare dal mondo degli insetti predatori autoctoni, ma la ricerca è per ora solo di laboratorio ed è ancora ai primi passi".


Contro la cimice asiatica si studia anche l'uso delle reti.

FP: Altre strade percorribili?
LM: "Sì, e in questo va detto che l'Italia, e in particolare l'Emilia-Romagna, sul fronte delle attività già effettuate e in corso, grazie alla sinergia che da subito si è instaurata tra l'Università (UNIMORE), i Consorzi Fitosanitari di Modena e di Reggio Emilia e il Servizio Fitosanitario Regionale, ha dimostrato di produrre importanti risultati in brevissimo tempo e che la ricerca si sta dimostrando all'avanguardia, nonostante la ristrettezza dei fondi, tanto da ricevere plausi dagli altri paesi Europei e dagli Stati Uniti.

Qui da noi infatti stiamo studiando delle soluzioni che altrove, dove pure l'esperienza sull'Halyomorpha halys è maggiore, non si erano nemmeno pensate. In collaborazione con la Fondazione E. Mach di San Michele all'Adige abbiamo individuato i segnali di corteggiamento tra le cimici asiatiche, segnali che non sono feromoni ma vibrazioni del substrato, che si possono riprodurre artificialmente. Questo potrebbe trovare applicazione nello sviluppo di trappole che, oltre ad essere selettive, siano finalmente efficaci per catturare la cimice asiatica, perché il problema di quelle che usiamo oggi è che sono basate su feromoni di aggregazione: non garantiscono che la cimice entri, ma garantiscono però di attirarla in zona, e questo è anche il motivo per cui chi ha usato queste trappole ha notato in prossimità di esse un aumento dei danni.

Con l'Università di Brescia stiamo invece cercando di mettere a punto, grazie anche ai dati della citizen science, e a quelli dettagliati sulla biologia di questa specie, ottenuti grazie al lavoro di una dottoranda UNIMORE, una serie di strumenti (modelli di diffusione e previsionali) che ci permettano di prevedere le tempistiche e i movimenti della cimice e quindi di dare un'allerta ai produttori e assisterli nella gestione dell'insetto.

Le competenze e le idee quindi ci sono, l'unico problema è sempre quello: mancano i fondi.
Con niente non si fa niente, ma con poco più di niente qui in Italia siamo riusciti a fare qualcosa; il resto si basa sul volontariato e sulla buona volontà. Certo qui in Emilia-Romagna abbiamo il PSR, ma quelle finanziate così sono delle soluzioni tampone, è qualcosa per dare una risposta immediata, e non consente di portare avanti e sviluppare le collaborazioni su tutti questi progetti di ricerca che sono indispensabili per conoscere approfonditamente quest'insetto, di cui ancora sappiamo poco, e che consentiranno di arrivare a soluzioni efficaci e sostenibili per gestire questo alieno, che in così breve tempo è divenuto fitofago chiave dei frutteti e minaccia molte altre colture".