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Azienda di Stanghella (PD)

Presente e futuro di angurie e meloni: intervista con Ortofrutta Castello

I numeri dicono che quest'anno l'Ortofrutta Castello lavorerà 9mila ton di angurie, 4.500 ton di mini-angurie, 500 ton di angurie a fetta e 10mila ton di meloni; l'azienda è specializzata nella lavorazione e nella commercializzazione appunto di meloni e angurie e, come ci spiega Pierluigi Castello (nella foto a destra), titolare dell'azienda, "siamo stati tra i primi a vendere alla Gdo-Grande distribuzione organizzata", tant'è che oggi è questo il principale sbocco dei prodotti della Castello, sia in Italia sia all'estero, mentre una quota minore di prodotti viene commercializzata sui mercati all'ingrosso.


Angurie Castello pronte per la spedizione nei punti vendita.

Il salto di qualità dell'azienda è arrivato quattro anni fa, con il trasferimento di tutta l'attività aziendale dalle due strutture di Solesino (PD), dove l'azienda è nata, nella nuova, più moderna e attrezzata struttura a Stanghella (PD). "I supermercati – riprende il titolare – hanno apprezzato questo nostro attrezzarci per poter fornire un servizio più adeguato, perché se la qualità si fa in campagna, la certezza della bontà del prodotto ce l'hai solo al momento della lavorazione, specie per il prodotto a marchio. Se ci mettiamo in cinque ad assaggiare un melone, avremo cinque opinioni diverse, il risultato della macchina è invece oggettivo: il grado Brix è un dato oggettivo e misurabile".


Nello stabilimento dell'Ortofrutta Castello, la sezione dedicata alla lavorazione delle mini-angurie.

La nuova struttura è attrezzata per la ricezione, la lavorazione controllata e la spedizione, anche grazie a una propria flotta di camion. Dal trasferimento a Stanghella, il numero di catene rifornite è cresciuto, così come il fatturato annuo, quasi raddoppiato in 5 anni, dai poco più di 10 milioni del 2011, prima del trasferimento, ai poco più di 20 dell'anno scorso. Allo stesso modo, è cresciuta la quantità di prodotti lavorati, fino alle 37.350 ton dell'anno scorso, tra meloni e angurie, ma anche agrumi, asparagi, patate dolci, castagne e zucche. Ortofrutta Castello produce in parte in un'azienda a conduzione diretta e in parte si approvvigiona da aziende agricole controllate e certificate GlobalGAP, che producono per Castello con specifici impegni di coltivazione finalizzati alla fornitura della propria clientela.


Mini-angurie appena incassettate.


Insomma, date queste premesse, l'Ortofrutta Castello è uno dei big in fatto di angurie e meloni e rappresenta una voce autorevole per cercare di capire verso quali direzioni si stanno muovendo i mercati.


Il bollino 'Dolcezza garantita', che identifica le angurie più dolci.

FreshPlaza (FP) - Dalla vostra esperienza, quali sono i trend in atto sul mercato dell'anguria?
Pierluigi Castello (PC) - Il mercato sta cambiando e si va sempre di più verso una diminuzione della pezzatura e del peso dell'anguria. La mini sta aumentando molto in tutta Italia, dove le differenze tra il Sud (che preferisce formati più grandi) e il Nord si stanno assottigliando, e all'estero. Sui canali della Gdo, oggi la pezzatura da 15 kg non si vende praticamente più, perché le famiglie sono più piccole, perché è difficile da tenere in frigo e da consumare in poco tempo. E' anche questione di evitare gli sprechi. Ora vanno di più le angurie tra i 6 e i 10 kg, ma notiamo che il calo di peso sta proseguendo e sta spingendo verso mini-angurie nel vero senso della parola: tra il chilo e mezzo e quelle da 2,7 kg. Tutto questo però rende la posizione dell'anguria da 3 kg molto difficile.


Un pack sviluppato dalla Castello per la commercializzazione dei meloni.

FP - In che senso?
PC - La 3 kg è difficile da vendere perché è poco richiesta, nonostante sia qualitativamente superiore alle sorelle più piccole, dove il calibro minore a volte potrebbe essere la risultanza di piante stressate. Inoltre, la 3 kg ha un grado zuccherino maggiore, tanto da non essere in nessun modo sorella minore di quella da 15 kg, ritenuta, a parità di fattori, la più gustosa di tutte. E' per questo che ci siamo inventati la confezione di vendita singola, per proporre la mini dai 2,7 ai 3,3 kg; si tratta di un prodotto da vendere puntando sulla sua bontà: siamo al secondo anno della sua commercializzazione e notiamo che questo formato sta avendo successo. E' apprezzato per la comodità e la praticità.


La confezione ideata dall'azienda di Stanghella (PD) per commercializzare le angurie tra i 2,7 e i 3,3 kg, considerate buone alla stregua di quelle da 15 kg. Il formato è al suo secondo anno sugli scaffali e sta riscuotendo successo.

FP - Dalle stime del 2016 notiamo che aumenterete i volumi di angurie a fette. E' un segmento in crescita?
PC - Sì, la sua commercializzazione sta crescendo, perché è un formato che permette al consumatore di vedere l'interno del frutto. Vede che è rossa, che è matura, che è a posto, che si può fidare. La sua comodità è che, essendo in un formato floppato tra gli 800 grammi e 1,2 kg, praticamente è una razione.


Angurie tagliate all'ingresso della macchina floppatrice.

FP – Come tutto questo si è tradotto sul fronte dell'innovazione varietale?
PC – Il palato non è uguale per tutti e questo ha i suoi effetti sulla ricerca varietale, più sul melone però che non sull'anguria. Su quest'ultima, la ricerca non è così esasperata e ora quello che si cerca sono le varietà seedless, più all'estero che in Italia. La senza semi è una comodità per il consumo: è più pratica, ergonomica, di solito si conserva di più, perché i semi producono delle sostanze che accelerano la maturazione del frutto; inoltre le più recenti varietà seedless hanno uno standard qualitativo alto, e l'orientamento della ricerca è verso una polpa più croccante che farinosa, e la senza semi lo è.


L'ingresso delle angurie di grosso formato nella linea di lavorazione che gli è dedicata.

FP – Sul melone invece?
PC – Negli ultimi anni le ditte sementiere hanno lavorato molto sulla tenuta dei frutti e sulla durezza della polpa, perché sugli scaffali dei punti vendita reggessero per più giorni; questo però a scapito del gusto. La pasta dura è diventata fin troppo dura e se c'è una diminuzione dei consumi di melone è anche per questo. Le varietà più vecchie avevano più aroma e ora le ditte sementiere stanno tornando sui propri passi, concentrarsi di nuovo sul gusto di un tempo.


Confezionamento dei meloni.

FP – Come sta procedendo l'attuale stagione commerciale?
PC - Ad aprile, con il melone marocchino (la Castello ha una joint venture con un'azienda francese, produttori che possiedono appezzamenti in Marocco; da lì arrivano le forniture fino a che non sono pronti i primi dalla Sicilia sotto serra, ndr), la stagione era partita bene, con prezzi interessanti; il prodotto teneva bene, senza grossi volumi sul mercato. Con il prodotto dal Marocco abbiamo fatto una buona campagna tra marzo e aprile, il siciliano sotto serra, tra aprile e maggio, si è difeso, ma quella che sta andando male è la produzione attuale, quella del Nord sotto serra, che ha costi di produzione maggiori. Se le temperature avessero retto, sarebbe stato un buon prosieguo di stagione, perché c'era poca allegagione in campo. Poi i consumi si sono ridotti tantissimo e la non grande quantità di prodotto che c'era, è diventata eccedenza. Oltralpe è anche peggio. Il clima fa il buon venditore, si dice.


La sezione dedicata alla lavorazione delle mini-angurie.

FP – L'Ortofrutta Castello commercializza la stragrande maggioranza dei propri meloni e angurie nel canale della Gdo. Ci sono delle differenze tra le richieste del retail italiano e di quello straniero?
PC – Commercializziamo per l'80% in Italia e per il restante 20% all'estero. Il consumatore italiano conosce il prodotto, l'ha conosciuto perché siamo un paese produttore, con meloni e angurie ha avuto un contatto fin da piccolo e così il nostro consumatore nazionale cerca la qualità più di ogni altra cosa, è meno interessato al colore e all'aspetto esteriore. Lo stesso lo si nota nei paesi che, come noi, sono produttori e consumatori, come Spagna e Turchia. Nei paesi non produttori, invece, nel melone e nell'anguria si cerca più che altro la conservabilità; del resto per loro c'è da aggiungere il tempo di trasporto, quindi l'aspetto esteriore diventa importante: all'estero questi frutti devono presentarsi bene. Noi italiani siamo più sensibili al gusto, gli altri al layout.