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Sicilia: mentre tutto il mondo lotta contro lo spreco alimentare, in campagna non conviene raccogliere

"Da una decina di giorni, il cavolfiore è l'unica orticola a essersi un po' ripresa, ma solo perché l'anticipo delle raccolte nei mesi scorsi abbinate ad un andamento climatico finalmente più normale per il periodo invernale, ha generato adesso minori forniture. In ogni caso, stiamo parlando di prezzi di vendita nella normalità, niente di eccezionale. Tutto il resto patisce, con ricavi ben al di sotto dei costi di produzione", questa la testimonianza raccolta da FreshPlaza per quanto attiene la stagione siciliana degli ortaggi. A parlare è Angelo Crucitti (in foto), oggi direttore commerciale della sementiera Cora Seeds, e che vanta un'esperienza trentennale in questo settore.

"Già negli anni Ottanta - ci ricorda - gli olandesi della Bruinsma sementi avevano analizzato la situazione produttiva nel Bacino del Mediterraneo e si erano resi conto di uno strutturale e crescente squilibrio tra la domanda e l'offerta. Lo scenario prospettico che si temeva allora è oggi un fatto consolidato. Troppe produzioni, tra l'altro coincidenti quest'anno per via di un clima anomalo; rese per ettaro eccessive rispetto all'effettiva richiesta; produzioni non programmate, che inseguono i prezzi realizzati nella campagna precedente; frammentazione e dimensioni medio-piccole delle imprese agricole. A ciò si aggiungano le sanzioni contro la Russia (paese che era diventato un ottimo cliente per l'Italia, negli ultimi anni), una Turchia che cerca sbocchi alternativi al mercato russo e un Marocco sempre più presente in Europa. I fattori in gioco sono molteplici"

Nel frattempo, i risultati sono sotto gli occhi di tutti: la situazione paradossale è che, mentre tutto il mondo s'indigna per lo spreco di cibo e tenta di contrastarlo, nelle campagne italiane (e non solo) si rinuncia a raccogliere intere produzioni, perché i costi risulterebbero proibitivi rispetto ai guadagni ottenibili.



"E' arrivato il momento - dice Crucitti - di fissare un tetto alle produzioni. Dobbiamo fare i conti con nuovi ibridi molto più produttivi rispetto al passato. Penso per esempio al finocchio, la cui resa per ettaro è più che raddoppiata, passando da 20 a 40/50 tonnellate nel giro di pochi anni. Quest'anno ci troviamo, in Calabria, con 1.500 ettari in più coltivati a finocchio solo perché l'anno scorso c'era stata una carenza di merce, dovuta alle gelate di fine anno al sud Italia. Come si può pensare di fare reddito in questo modo? Eppure, imprese e commercianti lavorano ancora così, sull'onda del caso, inseguendo prezzi aleatori, senza alcuna reale programmazione".

La crisi investe, a cascata, tutti gli altri tasselli della filiera. Angelo Crucitti riferisce di grandi difficoltà per le aziende vivaistiche, ad esempio, a incassare i pagamenti per le forniture di piantine effettuate l'estate scorsa: "Qui tutti ci parlano di una ripresa, dell'uscita dalla crisi; io posso solo concordare con chi osserva come il settore del primario sia quello che arriva per ultimo a risentire gli effetti del rallentamento economico; e ora direi che ne siamo investiti in pieno".

"A mio giudizio, il nostro settore ha ancora grandi potenzialità, ma solo se avremo il coraggio di far accorpare le aziende produttrici, per creare entità più grandi che possano sfruttare meglio sinergie, strutture, macchinari e attività di marketing sotto un'unica regia. Il fermo intento deve essere quello di qualificare sempre più le nostre produzioni made in Italy, puntando su prodotti tipici e di alto profilo gustativo. Ma anche il rapporto tra grande distribuzione e mondo produttivo deve cambiare. Secondo me, sono maturi i tempi affinché si raggiunga un'intesa tra grande distribuzione (almeno italiana) e le organizzazioni di produttori per garantire da una parte prezzi minimi che coprano sempre i costi di produzione e d'altra parte evitare picchi proibitivi (vedasi prezzi del pomodoro siciliano della campagna 2015)".