"Il CIVI-Italia - ha spiegato il presidente - con gli anni è divenuto il polo nazionale di aggregazione del comparto vivaistico, e ciò costituisce un felice esempio nella filiera ortofrutticola, dove la frammentazione degli organi di rappresentanza e di interessi, spesso divergenti, costituisce la norma".
I dati parziali della stagione vivaistica che sta per concludersi sono:
• 200 milioni di piantine di fragola
• 6,1 milioni di astoni di prunoidee e pomoidee
• 0,2 milioni di piantoni di agrumi
• 0,5 milioni di piantoni di olivo
• 27 milioni di portinnesti
"Tali dati rappresentano l'istantanea del settore a 8 anni dall'avvio del Servizio Nazionale di Certificazione Volontaria del MIPAAF. Una produzione sviluppata da oltre 100 vivai che, salvo qualche unità, costituiscono la base sociale del consorzio. Numeri lusinghieri - osserva Consalvo - ma che non permettono di cullarsi sugli allori, in quanto gli scenari commerciali e il quadro normativo sono in continua evoluzione".
Ancora una volta, infatti, si prospetta all'orizzonte l'ennesimo riassetto normativo che il settore vivaistico dovrà affrontare, "non bastassero - sottolinea il presidente - le difficoltà che il comparto frutticolo ha sofferto nel corso dell'ultima stagione, con le conseguenti pesanti ripercussioni anche per i vivaisti".
Il nuovo assetto europeo (misure attuative della Dir. 2008/90/CE), con la definizione di uno stato fitosanitario inferiore delle piante certificate rispetto agli standard italiani, finirà con il penalizzare il livello qualitativo finora raggiunto dalle produzioni nazionali, equiparando con il termine certificato piante che non daranno la stessa garanzia di quelle italiane.
"Anche le modalità di produzione e controllo dei materiali nonché il processo produttivo appaiono meno stringenti di quelle finora adottate ed accettate dalle aziende vivaistiche professionali. Il rischio concreto - avverte Consalvo- è che in futuro le filiere produttive nazionali potranno essere alimentate da materiali di propagazione che non assicurano le stesse garanzie oggi insite nelle produzioni vivaistiche certificate made in Italy, con grave danno per l'intera industria frutticola italiana.
"Il quadro generale, oltre a essere compromesso da quanto sopra indicato, patisce la non unanime attuazione delle norme in tutte le Regioni, dovuta anche alla crescente difficoltà dell'ente pubblico di far fronte ai compiti a esso assegnati. Si verificano così comportamenti sperequativi che rischiano di essere fattore destabilizzante per l'intero settore".
Queste ragioni hanno indotto il CIVI-Italia a elaborare, in stretta collaborazione con il MIPAAF, uno schema innovativo di qualificazione dei materiali di propagazione vegetali, per quei vivaisti che vi aderiranno su scala volontaria sottoscrivendo le regole da seguire. Si tratta, in effetti, di una certificazione pubblico-privata, per certi versi simile a quella già adottata con successo per gli imballaggi in legno, in cui il privato, in questo caso il CIVI-Italia , assicura quel livello di garanzia superiore, non più previsto dalle norme comunitarie.
Tutto ciò sta avvenendo in stretta collaborazione con il Mipaaf, impegnato a riallineare e armonizzare le norme al nuovo quadro legislativo di riferimento, ridisegnando ruoli e compiti della certificazione volontaria nazionale. Questo rapporto di collaborazione fra CIVI-Italia ed ente pubblico, rispettoso dei relativi ruoli, porterà benefici a tutto il comparto frutticolo, garantendo il mantenimento di elevatissimi standard qualitativi – sanitari e genetici - dei materiali vegetali posti alla base di tutta la filiera.
"Attualmente si sta lavorando alacremente con le rappresentanze dei produttori per condividere tale percorso e per far fronte comune nel solo interesse della filiera frutticola - spiega il presidente di CIVI-Italia, aggiungendo - C'è la necessità di accelerare tale processo per rafforzare il ruolo del vivaismo professionale nazionale che, oltre all'agguerrita concorrenza, inizia a soffrire della devastante epidemia di Xylella fastidiosa che ha colpito gli uliveti della provincia di Lecce. Pur se sviluppatasi nella provincia estrema della penisola, per niente interessata da produzioni vivaistiche fruttifere, per la polifagia del batterio e la vasta eco suscitata, ha portato numerosi Paesi a bandire le produzioni italiane".