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Emilia-Romagna: diminuiscono gli investimenti a pesche e nettarine

Pesche e nettarine sono sempre state il fiore all’occhiello della regione Emilia-Romagna, tanto da fregiarsi del marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta), ma negli ultimi tempi sono passate in secondo piano nelle coltivazioni regionali.

Se già tra gli anni Ottanta, in tutte le province della regione sono aumentati gli investimenti, negli anni Novanta essi sono notevolmente diminuiti. Ben 12 mila gli ettari di peschi abbattuti, eccezione fatta per la provincia di Ravenna, che ha invece aumentato la produzione con 1300 ettari di alberi di nettarine.

Dal 2000 al 2006, tale tendenza si è aggravata. L’Emilia Romagna ha ridotto i propri investimenti nella frutta in generale: 8.500 ettari in meno, passando da 75.600 ettari agli attuali 67.100, con una riduzione dell’11%. La specie più penalizzata è stata, ancora una volta, il pesco, con 4.900 ettari in meno in tutta la Regione, di cui 3.600 sottratti alla Romagna.

La superficie coltivata a pesco è passata da 29.400 a 24.600 ettari, con una flessione del 17%. La provincia dove si è verificata la riduzione più sostanziosa è stata quella di Ferrara, con il 28% in meno. Continua a resistere la provincia di Ravenna che, nonostante abbia perso migliaia di ettari, mantiene il pesco come specie più coltivata (quasi 13.000 ettari).

Rispetto al 2006 infine il trend del 2007 è ancora in diminuzione. In Regione la produzione di pesche è diminuita del 7%, mentre quella di nettarina del 6%. Nella Provincia di Bologna i dati sono molto accentuati: meno 24% per le pesche e meno 8% per le nettarine. La Provincia di Ravenna rispecchia la media regionale: meno 7% di nettarine e meno 9% di pesche.

"La diminuzione degli investimenti in Emilia Romagna parte da molto lontano. – spiega Elisa Macchi del CSO (Centro Servizi Ortofrutticoli) - Inizialmente il calendario di produzione in Emilia Romagna era concentrato su varietà a maturazione medio-tardiva, con un picco produttivo nei primi di agosto. In questo periodo normalmente si riscontrava una forte riduzione dei prezzi alla produzione, a fronte di costi alla produzione tra i più elevati a livello nazionale e internazionale".

"Per questo c’è stato uno spostamento dell'interesse verso la coltivazione di varietà precoci, caratterizzate da prezzi alla produzione più elevati. Ma la crescente concorrenza su queste produzioni da parte delle aree meridionali italiane e della Spagna ha finito per rendere poco competitiva la Romagna. Infatti a parità di periodo di produzione, con varietà precoci, le pezzature migliori non si ottengono in Romagna, ma in aree più meridionali".

Questo significa che la Romagna, madre della coltivazione intensiva della pesca ha dovuto dire addio al primato di produzione detenuto dalla Provincia di Ravenna fin dalla fine dell’800, quando a Massa Lombarda Giuseppe Gianstefani impiantò il primo pescheto sperimentale e quando nel 1904 Adolfo Bonvicini con 10 ettari di peschi creava una moda da imitare. Basti pensare che solo nel 1921, concentrati in prevalenza a Massa Lombarda, si coltivavano 2100 ettari di peschi.

Le cause della crisi attuale sono diverse. Da una parte la concorrenza, dall’altra i consumi in diminuzione. "La riduzione degli investimenti è imputabile soprattutto alle crisi di mercato verificatesi nel biennio 2004-2005. – aggiunge Elisa Macchi - In questo periodo l'andamento stagnante dei consumi interni, con il consumo di pesche che diminuisce e quello di nettarine che cresce, non compensa la perdita registrata nei consumi. Alle difficoltà sul mercato interno si sono aggiunte quelle sui mercati esteri, a causa della concorrenza spagnola. Attualmente a livello internazionale esce fortemente rafforzata la Spagna e ridimensionata la peschicoltura di Francia e Grecia".

Tuttavia la Romagna, pur soffrendo la forte concorrenza estera, riesce a mantenere una posizione di testa nelle esportazioni dei mesi di luglio e agosto. La vera crisi insomma riguarda solo il primo mese di produzione, da metà giugno a metà luglio, quando si sovrappongono le colture delle nazioni concorrenti. "Fare previsioni sulla stagione in arrivo – conclude Elisa Macchi - è ancora prematuro. Per l'anno in corso sarà comunque fondamentale verificare se nel nuovo periodo critico per la peschicoltura europea, quello che va da metà giugno a metà luglio, ci saranno accavallamenti produttivi tra le diverse aree. E' infatti dimostrato come un pessimo andamento commerciale in questo periodo si rifletta negativamente anche sul seguito della campagna di vendita".

Fonte: sabatoseraonline.it