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Controllo della batteriosi: registrato il primo agrofarmaco in Europa

Nella prima settimana di marzo 2012, in differenti e importanti aree italiane per la coltivazione dell'actinidia e la produzione del kiwi (Cisterna di Latina, Casella d’Asolo in provincia di Treviso e Faenza, in Emilia-Romagna) si sono svolti degli incontri tecnici volti a divulgare la sperimentazione e i risultati conseguiti mediante l’impiego di Amylo-X (Intrachem Bio Italia), a base di Bacillus amyloliquefaciens subsp. plantarum (ceppo 747), quale primo agrofarmaco registrato in Europa specificamente per contrastare l’agente del cancro batterico dell’actinidia, con particolare riferimento al periodo della fioritura.



Durante gli incontri, è stato affrontato il contesto attuale in merito alla batteriosi del kiwi e descritto il lavoro che, lo scorso febbraio, ha permesso la registrazione di Amylo-X quale agrofarmaco microbiologico ad ampio spettro di azione, estendendo il suo campo di applicazione anche su actinidia, in quanto in grado di contrastare efficacemente il Psa in fioritura.

Dopo l’apertura dei lavori affidata a Massimo Benuzzi, responsabile Ricerca e Sviluppo di Intrachem Bio Italia, Edith Ladurner, Intrachem Production, ha ripercorso la storia e le caratteristiche specifiche del ceppo D747 di B. amyloliquefaciens e dei suoi campi di applicazione, sia rispetto alle diverse colture ortofrutticole, che ai vari patogeni di natura batterica e fungina.



Giorgio M. Balestra del DAFNE, Università della Tuscia di Viterbo, ha descritto quanto sviluppato in oltre due anni di sperimentazione, mediante il ceppo D747 di B. amyloliquefaciens, che ha portato alla registrazione di Amylo-X.

Dai risultati conseguiti dal gruppo di fitobatteriologia dell’Ateneo di Viterbo, Amylo-X risulta in grado di inibire in misura evidente, in diversi rapporti e concentrazioni, lo sviluppo e quindi la moltiplicazione di Psa, di Pss e di Pv. Il preparato microbiologico non è resistente agli antibiotici e si sviluppa in presenza/miscela con il rame (metallo e minerale): un aspetto particolarmente interessante, soprattutto dal punto di vista applicativo in quanto, non necessitando per le proprie funzioni vitali di rame, B. amyloliquefaciens non lo assorbe e non ne subisce alcun effetto negativo, moltiplicandosi così senza alcun rischio e senza trasferire ad altre popolazioni batteriche eventuali resistenze al rame.

Dalle prove di campo condotte per due anni consecutivi in differenti areali del Lazio, in impianti di A. chinensis e di A. deliciosa, emergono differenti aspetti positivi. Sia in termini d’incidenza della malattia, sia in termini di percentuale di rami sani, sulle tesi dove venivano effettuati i trattamenti con Amylo-X la malattia risultava ridotta in misura statisticamente significativa, sui rami di uno e due anni (dall’8 al 40%). In termini di sintomi, si è rilevata una pressione della batteriosi sempre inferiore ai valori registrati sulle piante di controllo e al contempo, durante e al termine delle stagioni di sperimentazione, la percentuale di rami sani era sempre maggiore nelle tesi dove veniva applicato Amylo-X, rispetto ai valori registrati sulle piante impiegate nelle tesi di controllo.



Complessivamente, il formulato ha determinato un’ottima colonizzazione e protezione degli organi fiorali e sembra poter contrastare ulteriormente il Psa anche durante la stagione vegetativa. E' importante evidenziare che non è stato registrato alcun effetto fitotossico sulle piante, né alcun effetto negativo su api e bombi.

Gli studi stanno proseguendo per verificare la capacità di proteggere gli altri organi vegetativi, in particolare mediante applicazioni con il preparato microbiologico sia al momento della raccolta, sia alla caduta delle foglie, come anche di proteggere il polline dalla fase di conservazione alla distribuzione in pieno campo.

E' bene chiarire che i trattamenti con Amylo-X non hanno la presunzione di poter eradicare il cancro batterico dagli impianti di actinidia. La prevenzione e gli aspetti agronomico-colturali restano, infatti, fondamentali per ridurre al massimo la presenza del patogeno. La registrazione di un agrofarmaco biologico è però un valido passo in avanti per una strategia di difesa nel rispetto dell’ambiente, degli agricoltori e dei consumatori.

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