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Italia Ortofrutta s'interroga sullo strumento dell'OCM a vent'anni dalla sua introduzione



Italia Ortofrutta Unione Nazionale ha colto l'occasione della sua Assemblea annuale di Bilancio per un momento di confronto con le OP aderenti e con le Istituzioni sul tema della OCM, cioè dell'Organizzazione comune di mercato che da venti anni (la sua istituzione risale al 1996) interessa il settore ortofrutticolo. Sin dal titolo - "OCM ortofrutta: da sostegno ad opportunità di crescita per il settore" - l'incontro ha voluto tracciare da una parte un bilancio sui risultati prodotti da questa politica, dall'altra interrogarsi sugli ambiti di miglioramento, in un contesto commerciale sempre più competitivo.



Risultati positivi dell'OCM in Italia
In Italia, venti anni di OCM hanno prodotto un costante incremento del livello di aggregazione dei produttori ortofrutticoli in OP: oggi, con quasi 5,2 miliardi di valore aggregato si è raggiunta una percentuale del 53-54% di organizzazione della produzione.

Al primo gennaio 2016 erano 312 i soggetti riconosciuti tra OP e AOP; in queste ultime sono associate 78 organizzazioni di produttori. L'Italia mostra inoltre un livello di utilizzo elevato delle risorse, che aumenta al crescere delle dimensioni economiche delle OP. "Siamo il primo paese in Europa per il livello di utilizzo delle risorse dell'OCM", ha ricordato il direttore di Italia Ortofrutta, Vincenzo Falconi, nella sua relazione di apertura.



"Il sistema organizzato in Italia - ha sottolineato - non ha nulla da invidiare a quello degli altri Stati europei. Abbiamo un tessuto organizzativo giustamente articolato, come si addice a un paese produttore di ortofrutta basato su organizzazioni di primo e secondo livello".

Anche se permangono fattori limitanti allo sviluppo delle OP (sfiducia reciproca e limitata capacità di stare insieme; comportamenti opportunistici; economia sommersa; complessità delle procedure), il direttore ha ricordato che: "Le OP sono oggi l'unico strumento realmente a disposizione della pubblica amministrazione per indirizzare le politiche di un settore e anche per la gestione delle emergenze più o meno gravi che debbono essere affrontate".



Tutto sommato, l'OCM ortofrutta ha funzionato in quelle che erano le sue originarie priorità e cioè favorire l'aggregazione della produzione; le risorse sono state effettivamente destinate alle attività commercializzazione, di protezione ambientale, per la pianificazione della produzione e per l'incremento della qualità delle produzione.



"Non possiamo chiedere maggiori risorse, che in questo momento non ci sono - ha avvertito Falconi - ma dobbiamo individuare come spendere in modo più efficace ed efficiente quelle che abbiamo".

Una nuova Strategia Nazionale
Tanto le imprese ortofrutticole quanto lo strumento dell'OCM, d'altra parte, non sono nelle stesse condizioni di mercato di venti anni fa: l'accelerazione dei fenomeni macroeconomici dovuta alla globalizzazione pesa tanto sulle aziende quanto sugli strumenti di cui il Legislatore dispone. Da sostegno, dunque, l'OCM ortofrutta dovrebbe trasformarsi in occasione di crescita, a patto di adeguarla alle mutate esigenze del commercio e utilizzandola al servizio della competitività.

Ecco dunque che, secondo Italia Ortofrutta, diventa necessario "un confronto tra di noi e con la pubblica amministrazione che dovrà portarci nei prossimi mesi a riscrivere la Strategia Nazionale finalizzata a un miglioramento nella qualificazione della spesa, con l'obiettivo di crescita e competitività".



Rispetto al passato, in cui non c'era stata un'articolazione delle priorità e in cui anzi tutti gli obiettivi del regolamento vennero attivati (senza tra l'altro definire dei traguardi specifici), oggi le priorità vanno sapientemente definite, razionalizzando la strategia d'azione. Italia Ortofrutta ha proposto alcuni obiettivi:
1. definire il rapporto tra OCM e Sviluppo Rurale e le regole di demarcazione o meglio di complementarietà;
2. migliorare lo strumento della gestione delle crisi;
3. risolvere, tra le misure ambientali, la questione delle produzione integrata;
4. investire in capitale umano e nella specializzazione delle figure aziendali;
5. Intervenire di più e meglio sul fronte della commercializzazione;
6. migliorare la comunicazione di settore;
7. promuovere Innovazione, Ricerca, Sviluppo e trasferimento delle competenze.


Assenza, Falconi, Velardo, Iacovoni.

Senza il mercato non è possibile fare reddito
Nel suo intervento a braccio, Gianni Petrocchi, presidente onorario di Italia Ortofrutta ha concordato sul fatto che la crescita del settore ortofrutticolo sia stata favorita, negli ultimi due decenni, dalla OCM; tuttavia, più in senso di concentrazione della produzione che non in termini di redditività sul mercato.

"E' evidente - ha sottolineato Petrocchi - che il settore oggi non produce più ricchezza all'interno della filiera. Solo il mercato può dare reddito. Con tutti i suoi problemi, lo strumento dell'OCM ce lo dobbiamo tenere stretto, così come dobbiamo tenerci stretta l'Unione Europea, però è chiaro che non tutto va bene".



Petrocchi ha esortato il settore ortofrutticolo a cogliere gli elementi critici come opportunità di riorganizzazione e innovazione, anche perché l'Italia "ha dimostrato in questi anni di essere un grande Paese, con grande capacità progettuale, anche rispetto ad altri portati come esempio di aggregazione (Paesi Bassi, i quali hanno portato dentro l'OCM non già il sistema produttivo, bensì quello commerciale, snaturando la ratio dello strumento stesso)".

"Siamo primi per capacità di spesa - ha concluso Petrocchi - pur se dobbiamo riconoscere di aver perso posizioni e competitività, nel commercio ortofrutticolo, rispetto alla Spagna. L'OCM dunque funziona, ma non può rispondere da sola a un mercato sempre più complesso e competitivo".

La parola al Mipaaf
A seguire, l'intervento della dirigente Ufficio Ortofrutta e Vino del Mipaaf, Eleonora Iacovoni, la quale pure ha confermato l'efficacia dello strumento OCM nei suoi venti anni di applicazione in Italia, sottolineando tuttavia che il 75% degli aiuti viene destinato dalle OP a sostenere a vario titolo le esigenze operative dei soci, cioè diventa una sorta di contributo alle piccole e medie imprese, mentre la destinazione più opportuna delle risorse comunitarie dovrebbe essere quella di voci attinenti la competitività, come l'internazionalizzazione o l'efficientamento.



Sulla inadeguatezza dello strumento OCM per la gestione delle crisi, la dirigente ha sottolineato: "Non si tratta più di fenomeni eccezionali. Le crisi si ripetono ciclicamente o hanno dimensioni un tempo inimmaginabili - si pensi all'embargo russo. Inoltre, anche i singoli prodotti spesso differiscono notevolmente tra loro e i prezzi di ritiro dovrebbero essere adeguati a ogni specifica tipologia. Sicuramente i fondi vanno aumentati e potenziati; tuttavia, non bisogna far diventare la politica dei ritiri una sorta di alternativa al mercato!"

La dirigente ha ribadito la volontà politica di lavorare insieme alle OP sui punti prioritari già evidenziati.

Elementi di arricchimento al dibattito sono stati portati dagli interventi programmati di alcuni rappresentanti delle OP. Hanno preso la parola: Eva Moncada dell'omonima OP, Antonio Pagano di Eurocirce, Simone Bernardi di OP Lagnasco, Pietro Fabbri di Op Eur.OP.Fruit, Ibrahim Saadeh di OP Pempacorer, Giuseppe Cornacchia della Cia, Luciano Caruso di Abiomed, Giovanni Zambrini di CICO, Giovanni Stampi per conto della OP Didonna, Lorenzo Bazzana della Coldiretti, il presidente Unaproa Antonio Schiavelli e il presidente Italia Ortofrutta Gennaro Velardo.



Il WTO ha fallito
Le conclusioni della giornata sono state affidate a Felice Assenza, Direttore Generale delle Politiche Internazionali e dell'Unione Europea presso il Mipaaf, il quale dopo essersi complimentato per la giornata di utile confronto, ha evidenziato che se l'OCM ortofrutta è stato uno strumento virtuoso, neppure si possono attendere dei miracoli da esso. Sulle crisi di mercato, ad esempio, prima ancora di ricorrere ai ritiri servirebbe un catasto europeo delle produzioni, per pianificare meglio i raccolti e non incorrere in surplus di offerta; altrimenti si farà comunque la fine del settore latte, per il quale neppure 500 milioni di euro di aiuti sono bastati a scongiurare la crisi.



Il mercato internazionale, inoltre, sta diventando un luogo sempre più arduo in cui muoversi: "Il multilateralismo che il WTO-Organizzazione Mondiale del Commercio intendeva creare, con regole commerciali comuni è improponibile, è un progetto fallito - ha dichiarato Assenza - Oggi le principali potenze del mondo si alleano attraverso accordi bilaterali nei quali spesso, purtroppo, l'agricoltura funge da agnello sacrificale. Quello che noi, come Mipaaf, che non abbiamo la titolarità dei negoziati per gli accordi di libero scambio (che soltanto la UE può siglare) possiamo solo cercare di agire sulla leva della reciprocità, della promozione e tracciabilità, delle questioni fitosanitarie. Ma gli squilibri derivanti dagli accordi bilaterali non possono risolversi con clausole di salvaguardia o proteste".

L'intervento del dirigente si è concluso con la constatazione del mancato ricambio generazionale in agricoltura, nonostante le misure di incentivo esistenti. Un ulteriore elemento che, dopo 20 anni di cambiamenti nel settore ortofrutticolo all'insegna dell'OCM, invita a riflettere profondamente sui prossimi passi da compiere.