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Resoconto di un seminario a Bologna

"Assosementi: "Un'agricoltura competitiva e sostenibile non puo' prescindere dalla ricerca genetica"

Ci vuole sempre un po' di cautela quando si parla di tecnologie di modificazione genetica e il perché lo spiega bene Michele Morgante, presidente della Società Italiana di Genetica Agraria (SIGA): "Siamo in un momento in cui l'Unione Europea deve scegliere e decidere, con un ritardo di anni, come queste tecnologie vadano inquadrate".

Morgante è intervenuto ieri a Bologna, in occasione di un seminario organizzato da Assosementi, l'associazione che riunisce le aziende sementiere italiane. Tema dell'incontro, a cui hanno partecipato qualificati esperti del mondo della ricerca italiana, era quello delle NBTs, acronimo per New Breeding Technologies, ossia le nuove tecniche di miglioramento genetico (ricerca e selezione di nuove varietà), in questo caso applicabili sulle piante.


Michele Morgante, presidente di SIGA, la Società Italiana di Genetica Agraria.

Morgante ha effettuato un escursus sulla storia delle tecniche di miglioramento genetico, sintetizzano in breve quello che è il panorama europeo: a livello normativo, l'unica certezza è che non ci sono certezze. A livello comunitario non è infatti ancora chiaro se queste nuove tecnologie ricadano sotto la normativa degli Ogm-Organismi geneticamente modificati oppure no e se, nell'ultimo caso, serva una normativa ad hoc.


Il pubblico ieri, al convegno organizzato da Assosementi per parlare delle nuove tecniche di miglioramento genetico.

"Un'agricoltura competitiva sui mercati internazionali e allo stesso tempo sostenibile – ha spiegato ieri Guido Dall'Ara, presidente di Assosementi, aprendo l'incontro - non può prescindere dalla ricerca genetica. Le nuove varietà migliorate ci permettono di restare al passo delle nuove sfide, anche etiche; è grazie alla ricerca e alle tecniche genetiche che possiamo rispondere alle emergenze del momento, vedi la Xylella, dare una risposta concreta al fabbisogno alimentare, rispondere alle richieste del consumatore".

Dall'Ara sintetizza quella che è la posizione dell'associazione delle aziende sementiere nazionali: "Nonostante studi dimostrino che le NBTs siano normali tecniche di miglioramento genetico, al pari di incroci e selezioni, e non una tecnica Dna-ricombinante c'è un filone che vuole equiparare queste tecniche a quelle biotech (Ogm) e regolarle di conseguenza. Un'eventualità (quest'ultima) da scongiurare".


Guido Dall'Ara, presidente di Assosementi, l'associazione che riunisce le aziende sementiere italiane.

La situazione è comunque complessa, perché se Dall'Ara sostiene che le NBTs non sono tecniche di modificazione genetica, il mondo scientifico non è del tutto unanime. Alessia Cogliandro, dell'European Seed Association (ESA, cioè il corrispettivo di Assosementi a livello europeo e a favore di una maggiore libertà di ricerca nel settore) mostra una slide dalla quale si evince che per praticamente tutti gli esperti del settore interpellati, la cisgenesi è in effetti una tecnica di modificazione genetica. La cisgenesi è una new breeding technology - non l'unica sia chiaro - che prevede l'inserimento, nel Dna di una pianta, di geni appartenenti alla stessa specie; è una tecnica che si presta, per esempio, a trasferire resistenze da una varietà a un'altra.


Alessia Cogliandro, dell'European Seed Association.

Che siate pro o contro gli Ogm, che consideriate le NBTs come tecniche biotech o meno, i tempi dell'incertezza parrebbero – stando a quanto riportato ieri durante il convegno bolognese – ormai al capolinea, perché un primo pronunciamento della Commissione Europea, l'organo deputato, è atteso a breve, forse già a febbraio 2016. "Stiamo seguendo con attenzione questo dibattito, in quanto siamo ben consapevoli dei rischi insiti in tale decisione: inserire queste nuove tecnologie all'interno della regolamentazione che disciplina gli Ogm, con i quali non hanno niente a che vedere, equivale a bloccare qualsiasi sviluppo delle stesse. In pratica, significa delegare la ricerca ai paesi extra-UE, salvo poi ritrovare nei nostri campi e sulle nostre tavole i nuovi prodotti innovativi, del tutto indistinguibili da quelli ottenuti con le consuete tecniche di breeding", ribadisce Dall'Ara.


Il tavolo dei relatori al seminario di ieri.

Negli ultimi anni, il dibattito sul tema ha accelerato perché se sul quadro normativo abbiamo assistito a un'impasse, il mondo della ricerca è andato avanti, in particolare nel campo del genome editing, "forse la frontiera più interessante di questi anni", chiosa Morgante. "Il vero dibattito è sul genome editing", commenta la Cogliandro.

Tra le new breeding technologies, il genome editing è conosciuto da tempo e in poche parole funziona così: si "taglia" il Dna in un punto dove si desidera apportare una modifica; la cellula cercherà naturalmente di riparare il danno; alle volte ci riesce bene, ma il più delle volte ci riesce male, tralasciando nucleotidi o aggiungendone di nuovi. In ognuno di questi casi in cui il Dna non viene riparato bene, si arriva a una mutazione trasmissibile alle generazioni successive e che può rispondere o meno a quello che si voleva ottenere. Ad oggi le principali ricerche che hanno utilizzato queste tecniche hanno riguardato l'aggiunta di una resistenza agli erbicidi, perché è la più facile da verificare. Inoltre, a differenza delle altre tecniche di modificazione genetica, è meno invasiva.


Un momento del convegno di Bologna

"Inizialmente – riprende Morgante – ha avuto un uso limitato perché complessa, ma 3/4 anni fa è arrivata una nuova tecnologia, la Crispr/Cas, che ha semplificato molto il genome editing". Con la Crispr/Cas per tagliare l'elica di Dna si usa una proteina, la Cas9, che non è selettiva, cioè taglia solo nel punto che gli viene "comandato" attraverso una sequenza di Rna.

"Ritengo che questa sia la tecnologia più promettente", spiega all'incontro Assosementi Fabio Fornara, dell'Università di Milano, che poi ne elenca quelli che ritiene esserne i vantaggi: si modifica il Dna con una semplicità paragonabile a un copia-e-incolla sul computer, è molto veloce (si parla di mesi anziché di anni di incrocio e selezione) e semplice ("sintetizzare l'Rna desiderato costa 20 euro", afferma), non si rischiano mutazioni casuali, la mutazione è ereditaria in maniera stabile, il prodotto finale è transgene-free perché la Cas9 si dissolve. Fornara è un esperto in questa tecnica, che usa in ricerca su diverse piante come riso e lattuga.


Fabio Fornara, dell'Università di Milano.

La Crispr/Cas è talmente "semplice" in laboratorio che, sostiene Morgante, "c'è timore che possa essere usata anche in campo umano". Del tema – come riporta il National Geographic - si è infatti parlato di recente a Washington (Stati Uniti), nel corso di un convegno internazionale convocato dall'Accademia americana delle Scienze.