Secondo i dati Istat, in Italia esistono 24,8 milioni di famiglie, di queste – secondo Nielsen – 20,5 milioni hanno acquistato patate fresche almeno una volta nel corso del 2015. A voler rovesciare la medaglia, perciò, 4,3 milioni di famiglie italiane non comprano patate fresche, nonostante si tratti forse del prodotto orticolo di largo consumo per eccellenza e nonostante il suo tasso di penetrazione sia elevatissimo. "La ricerca – ha spiegato Alessandro Borghi, ricercatore Nielsen – mostra che chi prima acquistava patate ha continuato a farlo, chi non le comprava ha continuato a non farlo", al netto del calo di acquirenti citato all'inizio.

Alessandro Borghi, ricercatore Nielsen, ieri, durante la presentazione della ricerca di mercato sulle patate
Ma proprio sul numero delle 300mila famiglie acquirenti in meno servono dei distinguo. La ricerca evidenzia sostanzialmente come i 20 milioni e mezzo di famiglie consumatrici di patate fresche possano essere divisi in tre grandi categorie: una è formata da 8,4 milioni che comprano indifferentemente sia patate sfuse che a peso imposto (quelle confezionate, per intenderci) e il loro numero è in calo del 3% rispetto all'anno scorso. Le altre due sono più interessanti: chi compra solo patate sfuse e chi, invece, le compra solo confezionate. Come vedremo la ricerca Nielsen associa a queste ultime due categorie andamenti molto diversi.
Chi compra patate solo sfuse (a peso variabile)
Parliamo di 2,95 milioni di famiglie, per lo più famiglie giovani con figli piccoli e coppie di anziani, per la maggior parte residenti nel Nord Est e nel Sud e dal reddito medio-alto. Ebbene, il loro numero è diminuito di quasi il 10% (9,7% per l'esattezza) rispetto all'anno scorso; un calo che sul mercato complessivo delle patate fresche ha impattato per 4,5 milioni di euro in meno.
Tra le ragioni principali di questo crollo la ricerca individua anche il calo del prezzo medio, diminuito, per le patate sfuse, di circa il 10% rispetto all'anno precedente; la stessa ricerca ha dimostrato come in generale il 41% dei consumatori non acquisti prodotti troppo economici se non è certo della loro provenienza, mentre il 47% di loro acquisti prodotti che costano più della media: è il consumatore post-crisi, diviso tra l'equilibrio dei conti e il mangiare bene.

Il pubblico ieri, alla presentazione della ricerca di mercato.
In un anno le vendite delle patate sfuse (considerando sia il calo di chi le acquista solo in questa forma e di chi le compra sia così che confezionate) sono diminuite in volume dell'11,4% ed è interessante vedere in quali tipologie di punti vendita si sono registrati i cali maggiori.
Chi lascia di più sul campo sono gli ambulanti e i mercati rionali, che perdono 298mila famiglie-clienti e l'8% del volume, e i negozi alimentari tradizionali, con 328mila famiglie perse e un -6,2% di volumi. Il libero servizio ha perso 116mila famiglie per un -7,6% di volume, mentre i supermercati hanno segnato un -357mila famiglie e un -1,2% in volume. Unica eccezione sono i discount che, a fronte di un lieve calo di clienti di patate sfuse, segnano un aumento in questa tipologia di vendite: +8% in volume. Più avanti torneremo sul tema dei discount, perché dalla ricerca Nielsen meritano di essere trattati a sé.
Chi compra patate solo confezionate (a peso imposto)
Qui le cose si fanno interessanti, perché si evidenzia una controtendenza. Coloro che scelgono solo patate confezionate risultano in crescita: +3% rispetto all'anno precedente. Oggi sono quasi 9,2 milioni, per lo più famiglie numerose, con 3 o più figli, con reddito medio-basso e residenti nel Nord Ovest dell'Italia. A crescere di più sono i formati 'pesanti', tra i 3 e i 5 chili a confezione, mentre sono in flessione i più classici formati da 1-1,5-2 chili.

A Expo Milano, allo spazio espositivo Mr. Fruitness, sul Cardo Nord Ovest, teatro della presentazione di ieri.
Anche in questo caso trainano i discount, che in un anno hanno guadagnato 139mila nuove famiglie per un aumento dei volumi dell'8,1%. Anche il libero servizio ha attirato nuove famiglie (+112mila) desiderose di acquistare patate confezionate, ma nonostante ciò perdono il 4,7% dei volumi. Tutti semafori rossi invece per supermercati e negozi tradizionali che, in fatto di famiglie-clienti, contano numeri negativi (rispettivamente -456mila e -149mila famiglie), mentre sul fronte dei volumi lasciano sul terreno un -4,1% e un -8,4%.
Il ruolo dei discount
Se – rivela la ricerca Nielsen – il mercato delle patate confezionate (un business da 280 milioni di chili e da 227 milioni di euro all'anno) – registra una crescita sul versante dell'offerta dell'1,8%(*), lo si deve praticamente per il 100% ai discount che, in questo segmento, si dimostrano molto aggressivi. In questi punti vendita, infatti, il prezzo medio delle patate è calato di circa un quarto rispetto all'anno scorso, contro un calo del 17% nella distribuzione moderna (DM). A conti fatti, significa che i discount vendono patate a un prezzo del 40% inferiore a quello della DM. E questo non è l'unico fronte d'attacco dei discount nel segmento patate.
Nota (*): questo dato differisce dalla crescita registrata tra i consumatori perché – hanno spiegato da Nielsen – esistono dinamiche intracanale che fanno sì che il dato all'offerta sia diverso da quello al consumo. Un esempio possono essere i ristoratori, che possono ritenere più conveniente acquistare nei punti vendita tradizionali piuttosto che all'ingrosso: non essendo nel panel di ricerca, del loro acquisto non c'è traccia sul fronte del consumo.

Facciamo un passo indietro e parliamo di 'promo percepita'; a differenza di tutti gli altri dati della ricerca Nielsen, questo indica un 'sentimento', una percezione delle famiglie che fanno parte del panel di ricerca. E' stato chiesto infatti quanto, dei loro acquisti di patate, sia stato dettato da promozioni di sorta. Per gli acquirenti di sole patate sfuse l'influenza è stata del 26,3%. Per i fedelissimi delle patate confezionate schizziamo invece a un 46,9%, un dato talmente elevato da non essere supportato da nessuna evidenza empirica (scontrino alla mano, le promozioni effettive non erano poi così convenienti, ndr). Si evidenzia, ha spiegato Borghi, "uno scollamento tra la realtà e la scontistica percepita" e anche qui c'entrano in parte i discount, arrembanti pure su questo fronte.
Tradizionalmente i discount applicano scontistiche e promo piuttosto basse, forti dei loro prezzi inferiori rispetto alla DM, ma il caso delle patate fa storia a sé. Se solitamente questo tipo di punti vendita hanno una pressione promozionale intorno al 15%, per le patate, nel 2015, tale pressione è stata del 21%, ben 5 punti percentuali in più rispetto all'anno precedente. Questo malgrado il calo di prezzi del 25% di cui parlavamo poco sopra. Anche la distribuzione moderna tende a essere aggressiva sul fronte promo, sempre nonostante il calo dei prezzi medi: l'anno scorso la pressione promozionale era del 21%, quest'anno del 26%.
Novità e private label
Dei circa 280 milioni di chili di patate confezionate prodotte all'anno, nel 2015 quasi 19 milioni venivano da prodotti nuovi introdotti nel 2014, poco più di 22 milioni da prodotti nuovissimi, lanciati sul mercato nel corso di quest'anno. Di quest'ultima parte, la maggiore copriva una fascia di prezzo inferiore al prezzo medio di vendita e il 14% veniva da nuovi produttori, l'1% da nuove marche, il 46% da nuovi formati o estensioni di marche, e il 38% da nuove referenze di private label.

Sul fronte delle private label (PL), quello delle patate può essere definito un segmento atipico. Tradizionalmente, le PL coprono fasce di prezzo al di sotto della media di mercato; nelle patate no, sono vendute per la maggior parte a prezzi in linea con la media. Ancora: se in tutti gli altri segmenti le PL sono in flessione, nelle patate è vero il contrario: in un anno il loro market share è passato dal 28% del 2014 al 31,4% del 2015, a eccezione dei discount, dove la PL crolla al 18%. In tutti gli altri settori, le private label coprono in media un 18% (in flessione) del mercato.
La frammentazione del settore
A conclusione della presentazione del rapporto Nielsen Gabriele Ferri, direttore generale di Naturitalia, ha messo in luce una nota dolente, definendola come "il vero male del settore, la pillola avvelenata del settore, su cui dovremmo lavorare come sistema organizzato". Parliamo della frammentazione del mercato, perché la ricerca rivela da un lato come soltanto 6 players ( incluse private label, e marchi Consorzio della Patata Italiana di Qualità e Naturitalia) controllino il 57% del mercato delle patate, dall'altro come il restante 43% sia diluito in un mare magnum di oltre 200 players.

Gabriele Ferri, direttore generale di Naturitalia, mentre interviene alla presentazione del rapporto Nielsen.
"Se pensiamo a quanto benessere economico hanno portato 200 anni di coltivazione della patata – ha concluso Ferri - è un peccato pensare a quanto stiamo perdendo solo per motivi organizzativi, perché non riusciamo a fare aggregazione".