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Cambiamenti climatici: e' ora di agire

E' ormai noto che la siccità è un problema che colpisce molte aree povere del pianeta. "La desertificazione si deve a un insieme di fattori; certamente ai cambiamenti climatici, ma soprattutto, al fattore antropico". A spiegarlo Mauro Centritto, direttore dell'Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche e coordinatore del workshop "Siccità, degrado del territorio e desertificazione nel Mondo" tenutosi a Expo lo scorso 26 agosto 2015.

"Entro la fine di questo secolo - ha sostenuto Centritto - le previsioni parlano di una significativa riduzione delle precipitazioni nel bacino del Mediterraneo, e di aumenti delle temperature tra 4 e 6 gradi. L'unione di questi due fattori genererà forte aridità. Paradossalmente i cambiamenti climatici si potrebbero mitigare, se dovessimo riuscire a cambiare in tempo la nostra politica energetica. La desertificazione invece non si bloccherebbe, perché è legata anche alla cattiva gestione del territorio".



Il rischio maggiore sembra essere dato dalla combinazione di onde di calore ravvicinate, temperature più elevate e minori precipitazioni, tanto da portarci tra pochi anni oltre il punto di non ritorno.

"Il problema non riguarda la Terra, ma l'uomo - ha precisato Centritto - Queste tematiche sono importanti per gli effetti che avranno su di noi, non tanto sul pianeta. La Terra prima o poi tornerà in equilibrio. Ma cosa comporterà per l'uomo la desertificazione di una parte importante del pianeta? L'orizzonte temporale in ogni caso è molto vicino e i paesi del bacino del Mediterraneo sono tra i più fragili".

Le aree siccitose coprono oltre il 41% della superficie terrestre e in esse vivono circa 2 miliardi di persone. Il 72% delle terre aride ricadono in paesi in via di sviluppo; dunque la correlazione povertà/aridità appare abbastanza chiara.

Nello specifico dell'Italia, gli ultimi rapporti ci dicono che circa il 21% del territorio nazionale è a rischio desertificazione e circa il 41% di questo territorio si trova nel Sud. "In Sicilia le aree affette, che potrebbero cioè essere interessate da desertificazione sono addirittura il 70%, in Puglia il 57%, nel Molise il 58%, in Basilicata il 55%, mentre in Sardegna, Marche, Emilia-Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%".

Allarme Nasa: preoccupante la crescita del livello dei mari
Una crescita del livello degli oceani di almeno un metro, entro uno o due secoli, è ormai inevitabile. A dichiararlo è la Nasa, che ha sottolineato come i ghiacci della Groenlandia stiano fondendo a una velocità mai raggiunta finora.

Clicca sul tasto "Play" per far partire il video (in inglese)


La risalita degli oceani avrà un impatto gigantesco sulla geografia del Pianeta, e dunque anche a livello economico e sociale. Secondo Michael Freilich, direttore della divisione Scienze della Terra dell'agenzia spaziale statunitense, più di 150 milioni di persone, principalmente in Asia, vivono in zone situate a meno di un metro rispetto all'attuale livello dei mari. Negli Stati Uniti, inoltre, la crescita delle acque cambierà l'aspetto delle coste, soprattutto in regioni come la Florida. Alcune isole del Pacifico potrebbero essere interamente sommerse, e alcune grandi città come Dacca, Singapore o Tokyo saranno particolarmente colpite.

L'ultima stima ufficiale della risalita degli oceani era stata effettuata nel 2013 e parlava di una crescita compresa tra 30 e 90 centimetri entro la fine del secolo.

Dall'Alaska Obama rilancia sulla riduzione dei gas serra
Già a inizio agosto, Barack Obama aveva dichiarato guerra al cambiamento climatico. Intervenuto a una conferenza sull'Artico ad Anchorage, in Alaska, nella quale ha confermato il piano per la riduzione del 32% delle emissioni di carbonio entro il 2030, il Presidente Usa ha dichiarato: "Quest'anno a Parigi (dove si terra il summit sul clima) il mondo dovrà finalmente raggiunge un accordo per proteggere il nostro pianeta... mentre ancora possiamo farlo!"

"Il cambiamento climatico non è più un problema lontano - ha continuato Obama - Sta succedendo qui ed ora. Nell'Artico le temperature stanno aumentando a una velocità doppia rispetto al resto del mondo".

"Qualsiasi leader che rifiuta di prendere sul serio la questione o la tratta come se fosse uno scherzo – ha sottolineato il Presidente Usa – non è adatto a guidare una nazione, e non è sufficiente tenere solo delle conferenze. Non è sufficiente solo parlarne. Dobbiamo agire".

Cambiamento climatico: i cibi che potrebbero scomparire
Nel giro di pochi anni, a causa dei cambiamenti climatici, potremmo essere costretti a rivedere le nostre abitudini commerciali. Il sito Bio à la Une ha stilato una lista di cibi che potrebbero scomparire.
  1. Avocado - L'annuncio risale al 2014: i principali Paesi produttori, cioè Cile, Messico e California, hanno sempre più problemi con siccità e desertificazione. Molte altre coltivazioni potranno diventare sempre più rare, alcune scomparire. Tra queste l'avocado: secondo alcuni studiosi, nei prossimi trent'anni la produzione potrebbe crollare del 40%.
  2. Cioccolato - Come per l'avocado, il nemico è la siccità: le piantagioni di cacao, in particolare in Africa, hanno subito le modifiche del clima, con troppe o troppo poche piogge. Forse non sparirà, vista l’ampia diffusione delle zone di produzione, ma potrebbe senza dubbio diventare un bene di lusso.
  3. Frutta secca - Noci, pistacchi e simili non sono al sicuro. Il riscaldamento climatico rischia di colpire tutte le fasce territoriali temperate, ideali per la coltivazione. Il freddo invernale, ricordano gli agricoltori, è indispensabile per la pianta e per preparare la sua fioritura primaverile. Se le temperature salgono, le coltivazioni sono a rischio. E' già successo, sempre nel 2014, in Turchia: andate perse oltre 250mila tonnellate di frutta secca.
  4. Polpo - Secondo uno studio australiano, anche gli animali saranno colpiti, specie quelli marini.
Elaborazione FreshPlaza su diverse fonti