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Resoconto dell'incontro tecnico organizzato da OP Natura a Polistena (RC)

Calabria: quali prospettive per il settore ortofrutticolo?

Promuovere l'introduzione di sistemi di gestione più efficienti nelle aziende agricole associate, in sintonia con le moderne esigenze del mercato: questo l'obiettivo dell'incontro tecnico "Conversioni colturali e innovazione – Nuove prospettive in agricoltura" organizzato dall'OP-Organizzazione di produttori Natura e svoltosi mercoledì 29 aprile 2015 nel Salone delle Feste del Municipio di Polistena, in provincia di Reggio Calabria.



Innovazione, scelte varietali mirate e qualità i temi principali; non meno importanti gli strumenti per accedere ai fondi pubblici e il sostegno degli enti preposti. Tutto questo avvalendosi della collaborazione di professionisti esperti nei settori della produzione e commercializzazione di quelle specie da frutto che ben si inseriscono nel territorio calabrese, tra cui agrumi, kaki e kiwi.

"Il bilancio 2014 della nostra organizzazione - ha dichiarato Enzo Filardo (nella foto sotto a sinistra), presidente di OP Natura - è andato oltre le previsioni, con un raddoppio del fatturato e un ampliamento della base associativa. Guardiamo perciò al futuro con ottimismo. In una fase di crisi congiunturale di tutti i settori economici e in un momento in cui il ritorno alla terra è sempre più intenso, occorre però fare i conti con un mercato rivolto a prodotti innovativi e di qualità. L'incontro odierno rappresenta un primo passo verso questa direzione".




Agrumicoltura moderna, scelta mirata
"L'agricoltura, e in particolare l'agrumicoltura calabrese deve essere vista con occhi diversi rispetto al passato - ha sostenuto Domenico Oriolo (nella foto sopra a destra), agronomo e vice presidente della OP Natura - Un passato dove ha regnato molte volte l'improvvisazione, dove la scelta su cosa e come produrre era destinata alla semplice osservazione del vicino, al sentito dire o peggio ancora al 'proviamo, poi si vedrà'. Oggi non ce lo possiamo più permettere: l'agricoltura moderna richiede scelte oculate e ponderate, perché il mercato corre. E se non ci diamo una mossa, lo faranno altri al posto nostro".

Secondo Oriolo, per raggiungere l'obiettivo è necessario uno spirito di collaborazione, di aggregazione: "Senza unione non si va da nessuna parte. Ci confrontiamo ogni giorno con un mercato fatto da giganti, risultando dei nani al paragone. E' inutile che come OP partecipiamo alle più grandi fiere internazionali dell'ortofrutta, se poi non abbiamo quasi niente da offrire in maniera continuativa. Stiamo puntando quindi a crescere maggiormente da un punto di vista produttivo".



La Calabria è una regione leader nella produzione di agrumi, soprattutto di clementine, con 450mila tonnellate di prodotto coltivato su circa 17.000 ettari. Rappresenta ben il 76% della produzione nazionale di clementine. "Pecchiamo però in politiche di commercializzazione - ha sottolineato Oriolo - Paradossalmente abbiamo troppo prodotto quando il mercato non ne richiede abbastanza e poco prodotto quando la domanda cresce. E ciò accade perché la produzione di clementine calabresi è monovarietale, essendo rappresentata per il 90% dal Clementine Comune. E' necessario quindi allungare il calendario di maturazione e puntare su varietà precoci e tardive".

Oriolo è convinto che mettendo in atto i dovuti accorgimenti, tra pochi anni si possa parlare di nuovo rinascimento per l'agrumicoltura calabrese. E due sono i punti salienti da mettere a fuoco per quanto riguarda l'allungamento del calendario di maturazione dei frutti: uno commerciale e l'altro socio-economico.



"Forse non tutti sanno che l'Italia è la seconda nazione europea importatrice di agrumi spagnoli, dopo la Germania. Ma gli agrumi non arrivano solo dalla Spagna, provengono anche da Marocco, Egitto, Turchia, Sudafrica e altri parti del mondo. La Calabria, in grado di fare agrumicoltura di qualità, sta quindi regalando il mercato più remunerativo a questi Paesi".

Dal punto di vista socio-economico, Oriolo ha notato: "La commercializzazione degli agrumi calabresi si completa nell'arco di un paio di mesi. Il settore vivaistico ci consente di prolungare di molto il periodo di commercializzazione. In un territorio come quello della Calabria, che ha fame di lavoro, allungare questo calendario significa anche aumentare il livello occupazionale della zona e creare ricchezza per tutto l'indotto".

Kaki: riappropriamoci di una nostra coltura!
Nel corso del suo intervento, l'agronomo Vito Vitelli (foto a lato) del Consorzio Vivaisti Lucani, ha posto l'attenzione su quanto sia importante la divulgazione diretta in campo, la comunicazione e la formazione.

Rifacendosi alle parole del collega Oriolo: "L'estero ci sta portando via delle fette di mercato, ma non perché questi Paesi abbiano dei costi più bassi, ma in quanto risultano più competitivi. Se poi si aggiungono qualità e capacità di distribuire il prodotto con politiche di marketing e valorizzazione, è chiaro che l'Italia risulti perdente. La mortificazione sta nel fatto che noi siamo sempre stati leader nella produzione (di agrumi e kaki per esempio), ma negli ultimi 20-30 anni abbiamo perso quote di mercato. Il kaki è un frutto che ha un suo fascino e bisogna che ci riappropriamo di questa coltura (vedi articolo correlato)".

Qualità, elemento chiave per la competitività del settore
La presentazione di Giacomo Grande, perito agrario e manager di Just Quality per l'Italia, è stata focalizzata sul concetto di qualità, su cosa la Grande distribuzione organizzata chiede e su come è cambiato il modo di fare la spesa.

"La qualità è l'elemento chiave per la competitività del settore - ha evidenziato Grande - In agricoltura far proprio questo tema diventa un imperativo ai fini della competitività. Inoltre è da tenere presente che il consumatore europeo sta diventando sempre più attento al gusto e al rapporto qualità/prezzo (vedi articolo correlato)".

Sviluppo e prospettive dell'actinidia in Italia (e in Calabria)
In base a una panoramica globale del comparto kiwi, a cura di Valter Fiumana (foto a lato), tecnico Agrintesa, nella classifica dei principali paesi produttori l'Italia risulta al secondo posto dopo la Cina con quasi 445mila tonnellate medie (2011-2014).

"In termini di superfici, il Lazio, che è la prima regione, ha subito una flessione a causa della batteriosi dell'actinidia, diminuzione però inferiore a quella registrata nelle altre regioni produttrici, quali Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. Un incremento si è invece registrato in particolare per il Sud Italia dove, fino al 2014, la presenza di batteriosi era inesistente".



In Calabria, e più specificamente nella piana di Rosarno e Gioia Tauro, negli ultimi anni la coltivazione del kiwi è stata considerata un'ottima alternativa all'agrumicoltura tradizionale, per le particolari condizioni pedoclimatiche dell'area.



"Il kiwi italiano è sempre più export-oriented, raggiungendo circa 100 Paesi del mondo - ha sottolineato Fiumana - Purtroppo il trend delle esportazioni verso l'UE-28 risulta in flessione, dopo un picco nella stagione 2009/10; il mercato comunitario è sempre meno interessante. Primo mercato di destinazione del prodotto italiano è la Germania, che registra comunque un calo di importazioni negli ultimi anni, soprattutto dall'emisfero sud".

"Diversa invece la situazione dell'export verso l'Estremo Oriente (grafico sotto), dove in particolare i kiwi a polpa gialla sono molto graditi. La Cina mostra il principale incremento. Oggi un kiwi globalizzato e che riesce a conservarsi per sei mesi consente delle politiche commerciali abbastanza importanti". Negli ultimi anni si registra una ripresa anche nelle esportazioni verso il Nord America. "Prima dell'embargo la Russia ci piaceva molto. E speriamo di risolvere presto la situazione, in quanto per il kiwi è davvero un mercato interessante".



Per l'Italia e per altri forti Paesi produttori la coltivazione rimane importante sia sotto l'aspetto produttivo sia sotto quello commerciale. Nel prossimo futuro è possibile prevedere una ripresa della coltivazione, che non dovrebbe portare in tempi brevi a un'eccedenza di mercato se l'industria del kiwi punterà sulla qualità, sulla promozione del prodotto e sui nuovi mercati.

"Per affrontare Paesi lontani, come i mercati asiatici, bisogna lavorare in un modo diverso - ha sostenuto Fiumana - Sono nazioni disposte a pagare prezzi alti, ma che chiedono anche molto in cambio: frutti perfetti nella forma, con tutte le certificazioni del caso e che soprattutto abbiano sostanza secca e amidi".

Gli strumenti per l'accesso ai fondi pubblici
"Il problema principale dell'agricoltura calabrese (e non solo) è legato alla scarsa voglia di innovazione da parte dei coltivatori - ha dichiarato Marco Licastro, agronomo e responsabile tecnico OP Natura - L'innovazione è invece fondamentale per seguire le tendenze di mercato, legate ai gusti e alle esigenze dei clienti e quindi dei consumatori".

"Una parziale giustificazione si riscontra nella mancanza di risorse economiche. Esistono però due strumenti finanziari che consentono di ammortizzare le spese sostenute: il piano di sviluppo rurale (Psr) e i finanziamenti messi in atto da Ismea".

Riguardo al Psr, la Calabria è ancora indietro con la programmazione 2014-2020. "Si conta di avere l'approvazione della Comunità europea entro l'estate. I fondi dovrebbero rimanere pressoché uguali ai precedenti. Tra le novità, sarà aggiunta una misura speciale per i regimi di qualità".

Le conclusioni dell'incontro sono state affidate a Gaetano Rao, assessore provinciale all'agricoltura e al consigliere regionale Mauro D'Acri.

"Senza qualità non si hanno né mercati né futuro" ha ricordato Rao (a sinistra nella foto sotto), lanciando un chiaro messaggio: "L'estero, Spagna in primis, la fa da padrone nel nostro Paese. Nello specifico, per far ripartire l'agricoltura in Calabria, sarebbe il caso di stilare il Psr 2014-2020 insieme ai produttori".




Concorde D'Acri (a destra nella foto sopra) che ha ribadito la massima disponibilità da parte della regione, specie in vista del Psr 2014-2020: "Appartengo come voi al settore e ne comprendo bene le esigenze. Bisogna investire sui giovani e cambiare modo di attuazione e di gestione. Cambiamento è la parola chiave per il futuro!".