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Viene dalla Sardegna il melone piu' antico del Mediterraneo

Coltivavano il melone e la vite, ovviamente bevevano il vino, poi raccoglievano noci, nocciole e fichi. La dieta mediterranea, i nuragici, l'avevano inventata più di tremila anni fa: ancor prima che i Fenici, i Greci e i Romani iniziassero a trasportare e commercializzare gli alimenti da una riva all'altra del Mediterraneo. I loro cibi, compresa la carne di cervo e il pesce, i "protosardi" li custodivano all'interno di frigoriferi naturali: profondi pozzetti scavati nella roccia, dove ora gli archeologi hanno recuperato più di 15.000 semi ancora in perfetto stato di conservazione. Il Carbonio14 ha consentito di ricostruire l'origine di ciascun ritrovamento e dopo 5 anni di studio si è potuto capire quanto fosse importante la scoperta.



Quella che stupisce di più riguarda il melone. Nella zona di Sa Osa, nelle campagne di Cabras, sulla costa occidentale della Sardegna, gli studiosi hanno trovato 47 semi che a distanza di molti secoli sono ancora in grado di raccontare una storia a dir poco meravigliosa. "Fino ad oggi le prime notizie sulla coltivazione di questa specie arrivavano dal Medio Oriente – spiega Gianluigi Bacchetta, direttore del Centro di conservazione delle biodiversità dell'Università di Cagliari - I semi di melone ritrovati nell'Oristanese sono riferibili all'età del Bronzo, datati tra il 1310 e il 1120 avanti Cristo. Costituiscono la prima testimonianza certa della coltivazione del melone nel bacino del Mediterraneo. Prima d'oggi la diffusione del melone nel Mediterraneo era stata attribuita a Greci e Romani in periodi molto più recenti".



Gli studi sulla dieta nuragica non sono terminati. Anche perché c'è da ricostruire la storia di tutti gli altri alimenti conservati nelle "celle frigo" di pietra. In campo ci sono equipe di scienziati provenienti da mezza Europa. L'Università di Cagliari, ma anche il gruppo di ricerca in archeobiologia dell'Instituto de Historia di Madrid, l'Istituto per la Valorizzazione del legno e delle specie arboree di Sesto Fiorentino, la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e della Sardegna, ma anche il laboratorio di Palinologia e Paleobotanica dell'Università La Sapienza di Roma. "L'eccezionalità di questa ricerca – sottolinea il professor Bacchetta – è anche lo stato di conservazione di questi prodotti: praticamente perfetti, grazie all'assenza di ossigeno e alla forte umidità".

Grazie agli scavi di Sa Osa, anche l'Instituto de Conservación y Mejora de la Agrodiversidada dell'Università Politecnica di Valencia ha già certificato un'altra importante scoperta. In Sardegna, al tempo dei nuraghi, si coltivava anche l'uva. La vernaccia e la malvasia, produzioni di eccellenza delle cantine isolane, hanno origine davvero molto antica: la vite silvestre, infatti, cresceva nel Sinis già tremila anni fa. Ancor prima che Dioniso donasse il vino ai Greci.
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