Russia: un gigante dai piedi d'argilla, a rischio recessione con le frontiere chiuse
Il sogno aveva però anche un significato meno biblico: nulla dura se non è costruito su solide basi. Ritiriamo fuori questa storia perché alla fine del XIX secolo, l'allora impero russo venne definito "il gigante dai piedi d'argilla"; ebbene, per la Russia moderna, quella stessa Russia che ha chiuso i confini ai prodotti occidentali, quei tempi sembrano tornati e tanto la storia biblica quanto l'appellativo di 100 e più anni fa sono più che mai appropriati.
Mosca, Russia. Lunedì il rublo è ulteriormente crollato, sono state viste al ribasso le stime di crescita 2015 del PIL e si è deciso di vendere quasi il 20% della maggiore compagnia petrolifera del paese.
Secondo gli analisti lunedì si è staccata la prima pietra dalla statua. Il prezzo del rublo è crollato dell'8% (dopo aver continuamente perduto valore da metà anno in poi) e anche se dopo c'è stata una timida ripresa, la situazione resta drammatica: in questi giorni servono più di 50 rubli per un dollaro, un cambio sfavorevole in un momento sfavorevole, perché a dicembre le imprese russe devono pagare ai propri creditori stranieri 35 miliardi di dollari, che tradotti in rubli fanno 1.900 miliardi. L'anno prossimo saranno invece 100 i miliardi di dollari da sborsare. Sono cifre importanti e, per avere più liquidità, sempre lunedì il governo russo ha deciso di vendere il 19,5% della Rosneft, la più grande compagnia petrolifera del paese.
Quanto le imprese russe dovranno pagare ai propri creditori esteri (Fonte Business Insider UK su dati CBR, Morgan Stanley Research).
Come se non bastasse, il ministero russo per l'economia ha rivisto al ribasso le proprie stime di crescita per il 2015, passando dall'1,2% allo 0,8%. Per gli analisti economici tutto questo ha un'unica interpretazione: la Russia è a rischio recessione.
La situazione di questi giorni è il riflesso e l'accelerazione di quanto sta accadendo su scala globale da giugno: il crollo del prezzo del greggio. Da giugno, per l'appunto, i prezzi del petrolio sono in calo: il Brent è passato da 115 dollari al barile a 74 (dato di martedì) e le previsioni dicono che bisognerà aspettare il 2016 per vederne il costo superare di nuovo i 100 dollari al barile.
In Russia la cosa ha avuto effetti devastanti, poiché stiamo parlando di una potenza economica basata sul petrolio e sul gas naturale: valgono il 10% del PIL nazionale e il 50% del proprio bilancio pubblico. Il calo dei prezzi ha portato a rivedere il costo del greggio made in Russia per il prossimo anno, tagliandolo di 20 dollari al barile, da 100 a 80. Questo ha spinto i capitali esteri a fuggire dalla Russia, facendo scendere ancora il valore del rublo.
Da giugno il prezzo del greggio è in discesa, con notevoli conseguenze per la Russia, economia dipendente dal petrolio e dal gas naturale.
Nel giro di pochi mesi la Russia è passata dall’essere l'ottava potenza mondiale ad essere una media-potenza, circa la tredicesima del ranking mondiale. Il "circa" è d'obbligo perché la situazione non si è ancora assestata e ogni giorno il paese acquista o perde posizioni. La Russia è così oggi più o meno alla pari con la Spagna (1.400 miliardi di dollari di PIL nel 2013, secondo la Banca Mondiale), l'economia giudicata fino a poco tempo fa una delle più deboli d'Europa. Detta in soldoni, da che era l'ottava potenza mondiale, con 2.100 miliardi di dollari di PIL, la Russia ha perso fino ad oggi 700 miliardi di PIL.
Naturalmente – spiegano gli analisti – tutto può essere momentaneo e se il prezzo del greggio tornerà a salire altrettanto farà l'economia russa. Solo il tempo ci dirà se il pezzo che si è staccato dalla statua sia stato solo un episodio o se invece si sia trattato della prima avvisaglia del crollo.
Rielaborazione FreshPlaza su articolo Business Insider UK