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Progetto Viviana: alla scoperta dell'uva italiana di qualita'

Nonostante l'uva da tavola sia tra i frutti che gli Italiani amano di più, il mercato interno registra un periodo di stallo. Negli ultimi 20 anni il volume di prodotto destinato al mercato italiano si è fermato intorno alle 480.000 tonnellate su una produzione che supera 1,1 milioni di tonnellate. E' dunque necessaria una riallocazione del prodotto nel paniere della spesa dei consumatori italiani tramite una maggiore promozione. Si tratta di un compito non facile, poiché il consumo di uva avviene in un periodo in cui l'offerta è molto ampia.

Il progetto Viviana nasce proprio con l'intenzione di supportare il consumo dell'uva da tavola facendo conoscere ai buyer e, di conseguenza, ai consumatori il mondo dell'uva italiana di qualità. Per raggiungere questo scopo, Viviana raccoglie alcuni tra i migliori produttori italiani e li supporta nel posizionamento dei loro prodotti all'interno del paniere di spesa degli Italiani.

Unico in Italia, il progetto è finanziato dall'Unione Europea attraverso i programmi operativi delle OP. Le aziende e le organizzazioni di produttori che aderiscono sono: OP Agricola HortoItalia, OP Agritalia, OP APOC Salerno, OP Assofruit Italia, OP Eredi Pietro Di Donna, OP Frutta Più e OP PugliaViva.

Italia Ortofrutta, principale motore di questa iniziativa, da decenni stimola i processi di aggregazione tra i produttori del settore ortofrutticolo e con Viviana vuole spingere sull'acceleratore portando i produttori di uva da tavola ad unirsi a quel 20% di pionieri che hanno visto nell'aggregazione un modo per promuovere la competitività e la qualità dei loro prodotti.

Su un 45% di tasso di aggregazione medio nel settore ortofrutticolo italiano, l'uva da tavola riesce ad aggregare solo un 10% del suo valore totale: è questo il dato rivelatore emerso nel corso del meeting dal titolo "L'uva da tavola e la crisi", organizzato a novembre 2013 dal Consorzio APOC Salerno e riservato ai propri soci per un'analisi sulle problematiche del settore (cfr. FreshPlaza del 26/11/2013).



Le criticità del mercato interno
Tre sono i principali fattori/elementi che caratterizzano il mercato dell'uva da tavola in Italia:
  1. stagionalità - Per quanto a livello globale la vendita di uva si sia destagionalizzata, in Italia nel cosiddetto periodo in controstagione (da gennaio ad aprile) si consuma poca uva. Lo testimonia la scarsa quantità di prodotto importato dai paesi dell'emisfero australe, che producono uva nel periodo dell'anno diametralmente opposto a quello italiano.
  2.  territorialità - Il maggior consumo di uva (34-37% del totale) si registra al Meridione. Non è un caso che l'origine geografica incida sugli acquisti, visto che oltre il 90% dell'uva da tavola è prodotta in Puglia e Sicilia (cfr. FreshPlaza del 25/08/2014). Nella classifica degli acquisti seguono le regioni del Nord-Ovest con il 27%; se si analizzano però i volumi di spesa, le distanze si assottigliano a causa del prezzo più elevato che si registra proprio in queste regioni.
  3. canali di acquisto dei consumatori finali - Quello che emerge dai dati è che la grande distribuzione sta prendendo sempre più piede rispetto ai canali tradizionali. Nel comparto ortofrutticolo, la fetta di mercato conquistata negli ultimi anni da supermercati, ipermercati e hard discount è salita a oltre il 50% (era al 42% nel 2004). La crescita della Grande distribuzione organizzata-GDO è andata a discapito del tessuto distributivo alternativo costituito dai piccoli dettaglianti e dei mercati rionali. Questo fenomeno ha interessato anche la distribuzione dell'uva da tavola.
Il successo mondiale
A differenza di molti altri settori, l'esportazione dell'uva da tavola italiana non è dovuta alla necessità di smaltire il surplus produttivo, ma a un vero e proprio successo commerciale di alcune varietà storiche come la Regina, l'Italia e la Victoria. Questa importante capacità di esportazione fa sì che la bilancia commerciale del settore risulti in attivo.

I dati che si riferiscono all'import, infatti, disegnano un fenomeno del tutto marginale: se consideriamo le cifre del 2012, in Italia sono arrivate circa 22.000 tonnellate di uva, principalmente nel periodo controstagionale. I dati export dello stesso anno rivelano che il volume di uva da tavola esportato superava le 480.000 tonnellate.



L'uva italiana oggi raggiunge anche continenti lontani come l'America (dove si trovano paesi con una produzione molto avanzata come gli USA e il Cile) e l'Oceania (nonostante la crescente presenza australiana). Le esportazioni a lungo e lunghissimo raggio sono, inoltre, un mezzo per decongestionare il principale mercato di riferimento per l'uva italiana: quello tedesco.

Se nel 1991 il 47% della produzione destinata all'esportazione veniva acquistato dalla Germania, oggi la quota si è quasi dimezzata. Lo stesso è accaduto per la Francia, passata dal 25% al 13%. Principale motivo di questo spostamento dei flussi è innanzitutto il rafforzamento delle esportazioni nei paesi dell'Est Europa (Polonia, Repubblica Ceca e Romania) che nel frattempo sono entrati a far parte dell'Unione Europea.

La Polonia, ad esempio, rappresenta oggi il terzo partner commerciale, assorbendo ben l'11% delle esportazioni. Un secondo fattore risiede nel raggiungimento di oltre 50 paesi extra-UE che acquistano un quarto della produzione destinata all'export.

Riguardo ai gusti dei consumatori, sono pochi i mercati esteri in cui questi coincidono con quelli degli Italiani: all'estero infatti si tende ad acquistare uva più dolce e senza semi. Il successo dell'uva apirena è un caso esemplare di standardizzazione nei consumi e nel gusto. Il mondo produttivo italiano ha saputo rispondere adeguatamente a questa novità, riconvertendo la produzione verso varietà senza semi che vengono oggi quasi totalmente esportate. La richiesta interna di varietà apirene risulta infatti ancora limitata.

Per maggiori informazioni: www.vivianaluvaitaliana.it