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La proposta di Davide Vernocchi (ApoConerpo) e Ugo Palara (Agrintesa)

"Emergenze fitosanitarie: "Subito una task-force fra vivaisti e produttori"

E' emergenza fitosanitaria in molte regioni italiane. Il virus della Sharka Ppv sta provocando, infatti, danni ingenti su diverse specie di drupacee: in Emilia-Romagna e Veneto si stanno moltiplicando gli espianti di peschi malati, in Basilicata sono soprattutto gli albicocchi ad essere colpiti.

Ma oltre alla Sharka su pesco e albicocco, l'elenco delle malattie comprende i fitoplasmi del susino e il batterio Psa dell'actinidia che, avendo attecchito in tutte le principali regioni produttrici, ha forse contribuito a distogliere l'attenzione dei tecnici da altre pericolose patologie diffuse da più tempo.

La sanità delle piante sta dunque diventando un problema vitale per le aziende agricole, in grado di impattare sulla loro redditività molto più di una "normale" crisi di mercato, se è vero che già al primo-secondo anno di impianto spesso si trovano percentuali di piante malate molto alte, vicine al 20-30%.


Sintomi di fitoplasmosi su giovani piante di susino.

"I tecnici vogliono sottoporre il problema ai tavoli di discussione delle Op e di tutte le istituzioni coinvolte", dicono a FreshPlaza Davide Vernocchi, presidente di ApoConerpo, che rappresenta i produttori nei tavoli istituzionali, e Ugo Palara, responsabile del settore tecnico di Agrintesa, in contatto diretto con gli agricoltori.

"Il nostro - sottolinea Vernocchi - vuole essere un segnale d'allarme, ma anche un invito a discutere e confrontarci con tutte le parti in causa. Dopo anni in cui tutti sono stati chiamati a rispettare i criteri della certificazione delle piante da frutto – i programmi operativi nell'ambito dell'Ocm Frutta sono consentiti solo su piante certificate e tracciate - verifichiamo che sta crescendo in modo preoccupante la mancata rispondenza sanitaria del materiale di propagazione".

Nel percorso tecnico di produzione esistono, infatti, alcune eclatanti criticità. Innanzitutto, la complicata gestione delle piante madri (spesso nemmeno allevate in screen-house), in una sorta di coabitazione tra produzioni vivaistiche e frutticole. E poi i limitati accertamenti sul numero di piante madri rapportato al materiale sviluppato o le tempistiche e modalità con cui vengono controllate dagli organi competenti, pur conoscendone le difficoltà operative.


Vivaio di pesco.

E' possibile continuare fare vivaismo in campo aperto, anche garantendo il rispetto delle "distanze minime" da eventuali focolai? "Anche operando nel rispetto delle norme obbligatorie e volontarie – ricorda Palara – in alcune zone è ormai impossibile garantire la sanità dei materiali prodotti. Gli altoatesini, per evitare il problema degli scopazzi sul melo, si sono spostati in aree lontane dalla produzione, mentre in Spagna buona parte delle produzioni vivaistiche avviene in coltura protetta".

"Lo stesso Bollino Blu – aggiunge Palara – non rappresenta un sistema di sufficiente garanzia. Si tratta di una procedura che consente la distribuzione in tempi stretti delle innovazioni varietali bypassando i tempi lunghi della certificazione virus-esente. Ma, se da un lato ha risolto l'aspetto della tracciabilità, dall'altro lato non sempre ha garantito un'adeguata sanità al materiale vivaistico".

"Le Op – prosegue Vernocchi – sarebbero disponibili a investire sulla sanità delle piante e tutti gli interventi utili a ridurre il diffondersi delle malattie. Riteniamo, infatti, che il percorso tecnico debba e possa essere rivisto e migliorato, fermo restando che nessuno degli attori è completamente indenne da critiche". E qui Vernocchi ricorda la cattiva abitudine di alcuni frutticoltori di prelevare le marze senza pagare le royalty gravanti sulle novità varietali, un brutto esempio che contribuisce al rischio di diffondere materiale non controllato.

Insieme alle questioni sanitarie, l'eventuale tavolo di lavoro chiesto da ApoConerpo e Agrintesa potrebbe quindi affrontare anche il delicato tema del mancato rispetto delle privative e l’approvvigionamento da fonti sicure.

"Questa emergenza dovrebbe vederci uniti - conclude Vernocchi – visto che siamo tutti accomunati da un enorme spreco di denaro: i vivaisti per partecipare al sistema volontario di certificazione, l'ente pubblico per controlli e indennizzi, gli agricoltori per l'acquisto delle piante cartellinate".

La domanda è: quante volte dobbiamo pagare per un sistema sulla carta virtuoso che, nella pratica, diventa troppo spesso virtuale? Purtroppo, si deve ammettere che, nonostante i buoni propositi, tanti anni di certificazione vivaistica non hanno risolto i problemi delle piante malate diffuse in campagna; anzi, in alcuni casi la situazione sembra peggiorata.

L'importante è rendersene conto e, dopo aver fatto il punto della situazione, trovare la volontà di riunire i vari portatori di interesse per cercare di correggere le cose che non funzionano.