La Corte di Cassazione ha accolto le istanze di un'impresa agricola pugliese, statuendo la libera commercializzazione delle uve senza semi, anche se coperte da privativa comunitaria (cfr. Freshplaza del 11/04/2024 e Freshplaza del 10/04/2024).
È indubbiamente un principio di rilievo nel panorama del comparto agricolo e c'è ora da chiedersi quali saranno le conseguenze che potrebbero innescarsi nel delicato equilibrio tra produttori e titolari di diritti di privativa. A questo proposito intervengono l'avvocato Gualtiero Roveda, consulente di Fruitimprese, e l'avvocato Andrea Sirotti Gaudenzi, autore di numerose pubblicazioni in materia di privativa, che seguono da diversi anni questi temi.
Gli avvocati Gualtiero Roveda e Andrea Sirotti Gaudenzi
Freshplaza (FP): Qual è il significato pratico della sentenza della Corte di Cassazione per i produttori di uva da tavola in Italia e in Europa?
Gualtiero Roveda (GR): La vicenda, originata da un contenzioso tra produttori pugliesi di uva da tavola e la multinazionale Sun World International LLC, verteva sulla legittimità di clausole contrattuali che limitavano la facoltà dei produttori di vendere i frutti a specifici canali distributivi. All'esito di giudizi di merito dai pareri contrastanti, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dei produttori pugliesi, rilevando la nullità delle clausole in questione per contrarietà all'ordine pubblico e al diritto euro-unitario. In particolare, è stato richiamato il Regolamento (CE) n. 2100/94 e criticata l'attribuzione al titolare dei diritti di proprietà intellettuale del potere di individuare i distributori dei frutti.
FP: In che modo la clausola contrattuale in questione violava l'ordine pubblico e il diritto europeo?
Andrea Sirotti Guadenzi (ASG): La Suprema Corte ha esaminato le clausole che limitavano l'attività dei produttori, in particolare alla luce dei principi elaborati dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nella nota sentenza Nadorcott del 19 dicembre 2019. La Cassazione ha quindi ritenuto le indicazioni espresse dalla Corte di Lussemburgo vincolanti per i giudici nazionali, giungendo alla conclusione secondo cui la disposizione contrattuale che attribuisca al titolare dei diritti di proprietà intellettuale anche il potere di individuare i soggetti ai quali soltanto spetterà la distribuzione dei frutti, ottenuti dal produttore precedentemente autorizzato, è in grado di limitare fortemente la libertà negoziale. In sintesi, la Cassazione ha censurato le previsioni contrattuali capaci di realizzare uno squilibrio a vantaggio del titolare dei diritti, con conseguente violazione dei princìpi fondamentali di equità e concorrenza. La recente sentenza rappresenta una importante decisione sotto il profilo della operatività del diritto dell'Unione europea, dato che - al fine di configurare la nullità per contrarietà all'ordine pubblico di una clausola - si deve tener conto anche dei precetti del diritto dell'Unione europea, alla luce delle interpretazioni elaborate dalla Corte di giustizia. Il principio appare dirompente, anche nel settore alimentare.
FP: Quali sono le possibili ripercussioni per le aziende che detengono privative comunitarie su varietà di uva senza semi?
GR: In linea di principio, i produttori - impegnati con contratti analoghi con il titolare del diritto di privativa - sono liberi di scegliere a chi vendere la produzione dei frutti.
FP: La sentenza potrebbe avere ripercussioni negative per i club varietali?
ASG: Non credo. Anzi, la sentenza potrà rappresentare un motivo di stimoli ancora maggiori per i club varietali, la cui esistenza è basata su vari presupposti, che non vengono assolutamente toccati. In particolare, i club rivestono un ruolo importante nel supportare gli agricoltori attraverso la condivisione di conoscenze, l'accesso a nuove varietà e la promozione dei prodotti tra i consumatori e gli acquirenti, anche grazie alla promozione di marchi in grado di far cogliere appieno la qualità e le caratteristiche del prodotto.