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Dal webinar di YouGov

Prodotti freschi a peso variabile nel carrello della spesa degli italiani

Il peso variabile rappresenta una grande opportunità, ancora poco sfruttata. Le principali catene italiane trattengono in media solo il 10% della spesa dei propri clienti in questo comparto, con un potenziale inespresso stimato in oltre 9 miliardi di euro. Lavorare su qualità percepita, assortimenti mirati e banchi assistiti può dunque fare la differenza, in termini di fidelizzazione e crescita.

"L'universo dei prodotti freschi a peso variabile è un segmento spesso sottovalutato o rilevato in modo incompleto, perché include tutti quei prodotti che non hanno un codice a barre standard. Pensiamo, ad esempio, a quelli venduti nei negozi tradizionali o ai banchi serviti della Grande distribuzione organizzata, che sfuggono facilmente ai sistemi di rilevazione più comuni. Partiamo da un dato fondamentale: il carrello della spesa sta cambiando, ma non in modo casuale. I trend che osserviamo già da tempo si stanno confermando. In particolare, notiamo che la spesa media per scontrino rimane stabile nel tempo, nonostante l'inflazione che ci accompagna dalla seconda metà del 2022. In altre parole, i consumatori cercano di spendere sempre lo stesso importo, ma lo fanno comprando meno pezzi per volta". Così Marco Pellizzoni, direttore commerciale dell'istituto di ricerca YouGov, durante il webinar dal titolo "Il ruolo dei freschi e dell'italianità - Nel carrello degli italiani", tenutosi ieri 14 maggio 2025.

Il risultato? Carrelli più piccoli, ma con una frequenza d'acquisto molto più alta. "Oggi si contano in media circa 200 atti d'acquisto l'anno per famiglia: significa che, di fatto, si fa la spesa più di un giorno sì e uno no – ha continuato Pellizzoni – Questo aumento di frequenza è legato anche a una maggiore suddivisione dei compiti familiari, una dinamica che si è rafforzata dopo il Covid-19, permettendo a più persone di occuparsi degli acquisti in modo più regolare. Negli ultimi quattro anni, la frequenza d'acquisto è cresciuta del 16%. È un dato che ci racconta una tendenza precisa: la spesa si sta sempre più frammentando. Le famiglie preferiscono fare piccoli acquisti frequenti, anche per evitare sprechi. Comprando solo ciò che serve nel breve periodo, si riduce il rischio di dover buttare via cibo non consumato. Questa regolarità negli acquisti ha un impatto diretto anche sui freschi: andando più spesso al supermercato, è più facile acquistarli per consumarli subito".

Un ultimo punto, ma non meno importante: la spesa di largo consumo è sempre più sostenuta dai consumatori senior, in particolare dagli over 55. "Sono loro a rappresentare oggi oltre la metà delle famiglie italiane – ha precisato Pellizzoni – Hanno più disponibilità economica, meno timori per il futuro e sono riusciti a sostenere meglio l'aumento dei prezzi rispetto ad altri target. Negli ultimi tre anni, la loro spesa nel largo consumo è cresciuta del 17,6%. Le fasce d'età intermedie e, in particolare, i giovani si trovano oggi in una situazione economica più complessa. Hanno dovuto ridurre la spesa, facendo scelte più caute e spesso orientandosi verso prodotti meno costosi: un classico esempio di trading down. A differenza dei consumatori più maturi, non hanno potuto mantenere le stesse abitudini d'acquisto. Sono proprio i target più adulti, invece, ad aver conservato maggiore stabilità nei consumi. E non solo: sono anche i più attenti al benessere e alla sostenibilità. Sono consumatori che cercano autenticità e che, più di tutti, riempiono il carrello con prodotti freschi a peso variabile. Questo aspetto è particolarmente rilevante per il tema che affrontiamo oggi".

Desiderio di acquistare un numero maggiore di prodotti locali e regionali
Se si chiede agli italiani quali strategie d'acquisto intendono adottare nei prossimi mesi, emerge una tendenza molto caratteristica del nostro Paese: il desiderio di acquistare un numero maggiore di prodotti locali e regionali. E nulla incarna questa scelta quanto il prodotto fresco a peso variabile, spesso acquistato nei negozi tradizionali o al banco servito della Gdo.

Naturalmente, le strategie di spesa degli italiani non si limitano alla ricerca del "locale". Secondo Pellizzoni, c'è una forte attenzione alla convenienza, al controllo dei prezzi, alla ricerca di promozioni. Ma c'è anche spazio per piccoli piaceri e gratificazioni: il cosiddetto "premio" che ci si concede di tanto in tanto. Il legame con l'italianità resta però centrale e continua a emergere come una leva d'acquisto fondamentale.

Private label
All'interno di questo scenario, è impossibile non considerare il ruolo crescente delle marche del distributore (private label). Il loro successo non è solo un dato dell'ultimo anno: è una tendenza solida che si conferma nel lungo periodo. Anche se, tra i principali Paesi europei, l'Italia rimane in fondo alla classifica per quota di mercato delle private label, il gap si sta riducendo progressivamente.

Due numeri lo dimostrano chiaramente: quattro anni fa, le famiglie italiane spendevano poco più di 700 euro all'anno per prodotti a marchio del distributore. Oggi la cifra si avvicina ai 1.000 euro. In cinque anni, la spesa per le private label è aumentata del 40%. Anche i brand industriali sono cresciuti, ma a un ritmo più lento, perdendo quindi quote di mercato.

Un altro dato significativo è la frequenza d'acquisto: oggi le private label vengono messe nel carrello in media 104 volte all'anno, su un totale di 200 atti d'acquisto per famiglia. "Questa crescita è trainata proprio dalla maggiore frequenza degli acquisti, che è una caratteristica distintiva dei nuovi comportamenti di consumo. Le marche del distributore si affermano così come protagoniste, anche nel mondo dei freschi e nei trend legati all'italianità", ha spiegato Pellizzoni.

Per analizzare correttamente il mondo del fresco a peso variabile, è fondamentale considerare anche i negozi tradizionali, che ancora oggi svolgono un ruolo rilevante nella vendita di queste merceologie. Spesso, però, i dati di mercato trascurano questi canali, perché molte rilevazioni retail non li includono. Eppure, i numeri raccontano un'altra realtà: i negozi tradizionali registrano ancora tassi di penetrazione importanti, che non possono essere ignorati. "È vero, in alcuni casi si osserva un calo della frequentazione, dovuto alla crescente pressione competitiva da parte della Gdo e al continuo aumento di punti vendita. Questo ha portato, in diversi casi, anche alla chiusura di alcuni esercizi tradizionali. Ma è altrettanto vero che questi canali continuano a servire una fetta ampia della popolazione. Nel caso della frutta e verdura, i fruttivendoli coinvolgono circa il 30% delle famiglie", ha sottolineato Pellizzoni.

"Nel carrello della spesa degli italiani, nessuna categoria è strategica quanto il fresco a peso variabile. Se consideriamo tutti i canali di vendita - sia tradizionali sia della Gdo - questa categoria rappresenta il 28% della spesa totale. Una quota altissima, che supera quella di qualsiasi altra merceologia. A questo 28% contribuiscono soprattutto prodotti come frutta, formaggi, carne, salumi e pesce – ha illustrato Pellizzoni – Un elemento centrale per il consumatore in questo ambito è l'origine del prodotto. Si tratta di un fattore di scelta sempre più rilevante, che vale non solo per il fresco a peso variabile, ma anche per il confezionato. I dati lo confermano: l'84,6% delle famiglie italiane acquista almeno una volta all'anno un prodotto con origine controllata o protetta, per una spesa media annua di quasi 200 euro distribuita su 28 atti d'acquisto. L'origine è quindi un driver fortissimo, specialmente per chi cerca autenticità ed è un tratto distintivo del consumo di prodotti a peso variabile".

Questo comportamento è ancora più marcato tra le fasce socio-economiche medio-alte, che dispongono di maggiori risorse e sono quindi più disposte a spendere per prodotti di qualità.

Il peso variabile rappresenta quindi un segmento strategico, ma anche problematico, perché i retailer fanno fatica a trattenere i consumatori: i livelli di fidelizzazione sono infatti molto bassi. "Per dare un'idea, la media delle prime 12 catene italiane mostra una capacità di trattenere solo il 10% della spesa dei propri clienti nel comparto del peso variabile. È un dato davvero contenuto, che lascia intravedere un'enorme opportunità di recupero: si stima che ci siano 9,5 miliardi di euro potenzialmente intercettabili da parte delle principali insegne. Questo è ancora più significativo se si considera che la qualità del fresco è tra i principali driver nella scelta di un punto vendita, spesso secondo solo alla vicinanza. Diventa quindi fondamentale, per le insegne, investire nel peso variabile e valorizzare i banchi assistiti, che sono uno strumento importante per costruire fidelizzazione e intercettare la spesa latente. I nostri dati lo confermano chiaramente: le insegne che ottengono i migliori livelli di fidelizzazione sono anche quelle meglio valutate dai clienti proprio per la qualità del fresco".

Discount e canali tradizionali
Si assiste a una crescita del canale discount, soprattutto in termini di penetrazione: il numero di famiglie che vi si rivolge è aumentato nel tempo, anche se nell'ultimo anno la spesa media si è stabilizzata. "È importante sottolineare il ruolo dei canali tradizionali, come mercati e negozi specializzati: circa la metà delle famiglie acquirenti della categoria ortofrutta acquista almeno una volta in questi punti vendita. Non possiamo quindi trascurare il loro peso nel panorama distributivo. Anche la spesa online è in ripresa e sta aumentando l'incidenza dell'ortofrutta anche su questo canale", ha detto Pellizzoni.

Il mercato del fresco coinvolge tutte le famiglie italiane. La frequenza di acquisto è elevatissima: si acquistano prodotti freschi in 121 occasioni all'anno. La spesa media per ogni atto d'acquisto supera i 10 euro, anche se questo valore è in leggero calo. Il motivo? L'aumento del peso del confezionato e, in parallelo, la pressione competitiva che la Gdo esercita sui canali tradizionali. Ciononostante, il peso variabile rappresenta un comparto florido e dinamico, che continua a generare valore. La spesa annua delle famiglie italiane in prodotti freschi a peso variabile supera oggi i 1.200 euro, confermandosi come una componente fondamentale, e in crescita, all'interno del carrello.

Negli ultimi anni, anche nel mondo del fresco tradizionale, il consumatore italiano mostra una crescente attenzione al servizio e alla comodità. Il take-away, già consolidato nei piatti pronti e nella spesa veloce, si sta affermando anche nei reparti a peso variabile.

Un elemento distintivo del mercato italiano è la presenza di un cluster unico di consumatori, i cosiddetti "traditionals": famiglie del Centro-Sud che considerano il fresco, soprattutto a peso variabile, una priorità assoluta. Sono attenti alla qualità, al chilometro zero, ma anche al prezzo. Questo gruppo, sebbene in calo, rappresenta ancora una fetta significativa della spesa nazionale e merita particolare attenzione da parte della distribuzione.

Infine, uno sguardo ai mercati esteri, in particolare agli Stati Uniti, dove i prodotti italiani sono molto apprezzati e richiesti. Tuttavia, l'eventuale introduzione di dazi rappresenterebbe un rischio importante per molte categorie simbolo del made in Italy, rendendo fondamentale monitorare l'evoluzione del contesto internazionale.

Per maggiori informazioni:
YouGov
yougov.com