C'è un frutto che più di altri rivendica a gran voce le esigenze di sostenibilità della filiera agricola e non tanto da un punto di vista ambientale (per quanto i territori vocati alla sua produzione la necessitino), quanto economico. C'è un frutto che più di altri nella costruzione dei listini del mondo retail in area ortofrutta si fa carico di portare l'egida della percezione di convenienza verso il cliente. C'è un frutto che più di altri annovera all'interno del suo conto economico un'infinità di voci di cui molte avulse dal concetto classico di costo produttivo, ma in gran parte legate a costi logistici, di trasporto e gestione deposito. Parliamo di "sua signoria" la banana.
Giancarlo Amitrano responsabile ufficio acquisti ortofrutta catena Cedigros
Sì, proprio lei, per la quale tutti gli importatori indistintamente lamentano di continuo uno svilimento dell'immagine commerciale dovuta ad una gestione spesso troppo aggressiva dei prezzi di vendita, siano essi continuativi che promozionali, con l'effetto di creare verso gli utenti un valore percepito errato del prodotto unitamente ad una falsa immagine di convenienza.
Lei, che prima di arrivare sui banchi dei supermercati ha vissuto mille vite, dal taglio sulla pianta al bagno purificante, dall'incassettamento al trasporto in container via mare, dallo stoccaggio refrigerato alla cella di maturazione, dal verde al giallo. Lei che, oltre a vivere di costi vivi oggettivamente calcolabili, subisce come pochi le aleatorie inversioni di tendenza dovute al cambio euro/dollaro.
Eppure, si potrebbe replicare che proprio l'attenzione dai supermercati rivolta alle banane nell'ottica di fidelizzare i clienti sia a buona ragione da considerarsi motivo del suo successo in termini di volumi movimentati, facendone un best seller sia in kg che a valore. Ed ancora possiamo affermare, senza timore di smentita, che la sostenibilità economica della filiera produttiva debba in realtà essere salvaguardata dal prezzo acquisito riconosciuto all'importatore, e quindi a cascata al produttore, e non certo dal prezzo vendita, per il quale intervengono fattori vari e ben poco controllabili, tra cui la voluta contrazione di margine su un prodotto civetta e la forza di investimento applicabile sulla singola referenza. Perché non dimentichiamoci che il reparto vive e si sostiene con il mix medio di margine e non con il puntuale posizionamento in vendita (Vi ricordate l'anguria della discordia…?).
"Ma che fare se il prezzo, per diventare sostenibile, impone condizioni d'acquisto non proprio fair trade"? replica la controparte! Sembra scontata la risposta, ma credo che il diniego fermo e risoluto sia l'unica soluzione, al di là di ogni esigenza di smercio, perché equa e solidale deve essere tutta la filiera e non solo quella che gestisce il cartellino in area vendita.
Troppe volte negli anni passati si sono sentite aziende lamentarsi di aver partecipato ad aste al doppio se non triplo ribasso, di aver atteso ore o giorni i vari rilanci pur di aggiudicarsi la partita, di aver dimenticato prima l'equo e poi il solidale, per rivendicare entrambi a gran voce al termine del trimestre o semestre di fornitura. Come se il giusto e lo scorretto si palesassero solo prima o dopo, mai durante.
Nel gioco tra le parti, difficile stabilire quale sia il metodo migliore per far uscire le banane da questo stallo di immagine "convenience" che ormai le accompagna indissolubilmente. Vedo nella costruzione di un rapporto di fornitura solido e duraturo, affidabile e soddisfacente, la via migliore per generare valore su entrambe le sponde del fiume, la soluzione per rendere una perdita momentanea, una vendita al costo o quasi, un mero posizionamento aggressivo, solo un momento commerciale condiviso e facilmente assorbibile sulla distanza in quanto calcolato e voluto.
"Sagra delle ovvietà", potrebbe replicare qualcuno, se non fosse che l'ovvio spesso è tale solo a parole, e qui del resto trattiamo Parole d'ortofrutta...!
Giancarlo Amitrano
responsabile ufficio acquisti ortofrutta
catena Cedigros
(Rubrica num. 59)