"Il mercato del fresco è totalmente paralizzato, a causa del calo dei consumi. Tale situazione è da addebitare anche ai prezzi della frutta, che arrivano al consumatore finale troppo alti, in alcuni casi anche decuplicati. Ma anche la situazione produttiva e commerciale del prodotto destinato all'industria non è certo delle migliori". Così riferisce Salvatore Imbesi (in foto a lato), manager della Ortogel, noto marchio siciliano specializzato nella trasformazione di agrumi, melograno e frutta estiva.
"Nello specifico, si pensava che la campagna del navelino sarebbe stata brillante, al punto che in pre-campagna la produzione è stata pagata bene. Invece, diversamente dalle previsioni, la rapida marcescenza dei frutti ha penalizzato tutto il settore. I commercianti che hanno comprato a corpo i quantitativi di frutta hanno avuto quindi, oltre ai problemi della marcescenza, anche uno scarto degli agrumi intorno al 40%, a causa della siccità che ha prodotto pezzature non idonee alla vendita nella grande distribuzione".
La campagna delle arance siciliane a polpa bionda per l'industria è saltata, a causa del problema della marcescenza che, nel post raccolta, ha visto il frutto deteriorarsi a causa della siccità. I frutti hanno mostrato problemi di 'tenuta', a causa del susseguirsi di agenti esterni ed esogeni (cenere lavica, siccità prolungata, piogge copiose, elevata umidità) che si sono susseguiti durante la delicata fase produttiva, "ferendo" i frutti.
"Abbiamo iniziato la campagna del tarocco con il Moro, la cui maturazione risulta in ritardo rispetto alla media del periodo. I volumi sono perlomeno dimezzati rispetto all'anno scorso e dunque, se i volumi non ci sono e i commercianti non acquistano merce, l'industria di conseguenza non lavora. Molte aziende hanno dovuto compiere scelte mirate e abbandonare parte della produzione per mancanza di risorsa idrica; nella peggiore delle ipotesi hanno chiuso i cancelli dell'azienda. Altro problema da non sottovalutare è la mancanza assoluta di manodopera, che scoraggia gli operatori del settore a fare investimenti in agricoltura".
"Come detto prima, parliamo di un comparto molto provato - conclude Salvatore Imbesi - afflitto anche dalla scarsa remunerazione. Come noto, il prezzo di vendita dei derivati non è congruo con il rapporto costi/ricavi tra materia prima e spese per la produzione. Ecco perché diventa talvolta antieconomico trasformare. Rispetto agli altri anni, oggi stiamo trasformando seguendo i prezzi del succo brasiliano, che quota a livelli accettabili a causa della drastica perdita della produzione. Tuttavia sembra che il Brasile voglia abbassare il prezzo del succo. Se così fosse, per le nostre arance non vi sarebbe scampo, in quanto perderebbero drasticamente le quotazioni accettabili che abbiamo detto prima. Dunque se davvero il Brasile - primo esportatore al mondo di arance per succhi, con una quota di mercato del 75% - come è già accaduto in passato, decidesse di riportare i prezzi del succo a quelli del 2020 - anno in cui ci fu una superproduzione - tutte le aziende agrumarie che hanno scorte di magazzino fallirebbero".
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