Ci sono diatribe che si ripropongono ormai con ciclica consuetudine e tra queste spicca al momento quella sulla sostenibilità o meno dei pack in carta proposti in ambito ortofrutta.
Si sostiene, nello specifico, che l'impatto ecologico di produzione, legato principalmente alle procedure di raffinazione e impermeabilizzazione, nella realtà non sarebbe così migliorativo per l'ambiente come si presume; praticamente un po' la medesima contestazione che da taluni fronti viene fatta relativamente alla costruzione delle batterie elettriche legate all'industria automobilistica di ultima generazione.
Non avendo cognizioni tecniche tali da poter analizzare la questione con argomentazioni scientifiche, mi limiterò ad alcune considerazioni prettamente soggettive, dal punto di vista di un operatore della GDO.
Innanzitutto è opinione personale che la maggior parte dei pack-paper visti in circolazione siano esteticamente alquanto discutibili, sia per il colore poco accattivante, sia per la co-presenza di carta mista a simil plastica utilizzata al fine permettere la visualizzazione del contenuto a mo' di oblò, sia per la congenita sensazione che hanno di antico o recuperato. Si aggiunga inoltre la difficoltà espositiva a strati sovrapposti sui banchi che è legata al formato di busta a base piatta.
Nell'ottica di limitare l'utilizzo di plastica, sostengo con molto più entusiasmo la soluzione di utilizzare un contenitore-vaschetta di cartoncino con flow-pack esterno, in particolare per le linee premium, o IGP – DOP che siano, in quanto il cartoncino ben si presta a raccontare al consumatore le caratteristiche del prodotto, le proprietà organolettiche che ne fanno un top di gamma, l'areale di produzione, una ricettazione, etc. Limiterei il tutto al premium perché solo un prodotto dal prezzo superiore può assorbire, mascherandolo, il plus di costo del sovraimballo.
In linea generale credo invece che, per una soluzione di portata più ampia, la miglior proposta immediata sia dirottare tutta l'attuale produzione di plastik-pack verso un concetto di 100% riciclato.
Molti produttori di imballi hanno già intrapreso questa strada e molti fornitori di prima e IV gamma già utilizzano il riciclato, spendendo parole anche sul fronte imballo per questo metodo virtuoso di economia circolare che arriva in maniera chiara e diretta al cliente senza problematiche interpretative. Mi riferisco in particolare anche al metodo di smaltimento che è ovvio e incontrovertibile, non obbligando l'utente a elucubrazioni interpretative.
Nel futuro più o meno prossimo, invece, credo che occorra optare per le soluzioni tecnologiche di recente studio improntate sulla enzyme-plastic-degradation, ossia plastiche che vengono "digerite" da enzimi, in acqua, fino al 99% e per altro in tempi brevi. L'ingegneria biotecnologica sta già testando materiali con queste caratteristiche, ma occorre una presa di coscienza in questo senso da parte delle maggiori aziende di produzione di imballaggi e un altrettanto marcato schieramento da parte degli utilizzatori principali per dare una forte spinta alla ricerca, rendendo il progetto operativo a breve termine. Non facciamo che, come spesso accade, invenzioni memorabili rimangono poi chiuse in un cassetto, dimenticate e in attesa di essere riscoperte da... archeologi del futuro...!
Inoltre l'ingegneria biotecnologica sta lavorando anche a plastiche derivate al 100% da methylcellulosa o dal legno, sviluppando prodotti sempre più trasparenti e accattivanti. Di recente era stato proposto qualcosa di simile da un noto brand nazionale di IV gamma e devo dire che era molto interessante, pur con il limite di una marcata opacizzazione che non consentiva buona visibilità all'interno della busta: occorre insistere su questo fronte, visto che è in atto un'evoluzione importante.
Mi sovvengono queste parole lette in un recente articolo: la più grande spinta innovativa in ortofrutta viene dalla marca del produttore! Il concetto ha una grande verità di fondo visto che, salvo rari casi, esistenti ma rari (mi viene in mente la forchetta che cammina), la marca del distributore è per la maggior parte mera replica. Ecco quindi che mi aspetto dalle più note aziende, italiane e non, utilizzatrici di plastica come contenitori del loro prodotto, un grosso investimento di forze, oltre che economico, per portare la tecnologia bio-enzimatica o a base cellulosa a piena operatività e segnare così una svolta epocale nel mondo del pack.
Giancarlo Amitrano
responsabile ufficio acquisti ortofrutta
catena Cedigros
(Rubrica num. 8)