In Perù, le attività di raccolta, imballaggio, trasporto, portuali e aeroportuali si sono nuovamente fermate, dopo le rivolte nella capitale Lima e in altre città della provincia. Alcuni dei produttori, esportatori, vivaisti, trasportatori dei principali raccolti d’esportazione di uva da tavola, mirtilli, mango e avocado hanno fornito un feedback sulle conseguenze delle rivolte sulle loro imprese e sui lavoratori.
Il Presidente peruviano Dina Boluarte
Un grande produttore ed esportatore di mirtilli ha commentato: "Stiamo effettivamente affrontando delle sfide economiche che sono la conseguenza diretta degli scioperi in corso nel nostro Paese. Questo significa che c'è meno manodopera disponibile che riesce a raggiungere l’azienda ogni giorno. La nostra raccolta è spesso in ritardo, con meno volumi disponibili per l'esportazione e con i prodotti già imballati che hanno difficoltà a raggiungere in tempo il porto o l'aeroporto per essere esportati. Riteniamo di non essere l'unica azienda in difficoltà, questo riguarda tutte le aziende. La nostra forza lavoro sa che dobbiamo continuare a lavorare e tutelare il nostro settore, perché è l'unico modo per avere successo e migliorarsi professionalmente come individui, e favorire lo sviluppo delle famiglie".
"La situazione non è bella e tutti stiamo soffrendo per il cattivo operato del governo, che non risponde con fermezza e non prende decisioni che favoriscano la stabilità del nostro Paese. Detto ciò, continuiamo a subire blocchi stradali e ritardi per arrivare al porto in tempo, prima che le navi salpino. Stiamo tutti facendo del nostro meglio, in quello che possiamo controllare. Ci sono aree più colpite di altre, come il sud rispetto al nord del Perù, ma ancora con accesso limitato alle strade. Le conseguenze riguardano la manodopera e il materiale d’imballaggio, che non possono raggiungere l'azienda in tempo".
Un produttore di uva da tavola del nord del Perù racconta: "La situazione potrebbe sembrare tranquilla ma, in generale, la gente è più nervosa di prima e, d'altra parte, c'è un piccolo gruppo di coltivatori che ancora lavora alla raccolta, almeno di uva da tavola e mirtilli. Nel sud le rivolte continuano, ma oggi (giovedì) sarà una giornata difficile. La protesta partirà dal cuore della capitale, Lima. Spero sia pacifica".
Un altro produttore di uva da tavola, con diverse aziende agricole in varie zone del Perù, ha commentato: "Siamo davvero preoccupati perché ci sono proteste e blocchi ad Arequipa e Virú. Abbiamo deciso di interrompere le spedizioni perché non vogliamo esporre al pericolo nessuno, né il nostro team, né i nostri corrieri. Visti gli eventi violenti che stanno interessando il nostro Paese, siamo costretti ad annullare le spedizioni in tutte le nostre sedi, fino a nuovo avviso. È tutto molto preoccupante. Stanno riprendendo il controllo degli aeroporti. Per fortuna nella nostra azienda viticola abbiamo già terminato la raccolta. Da questo punto di vista, siamo sereni. Ci scusiamo, speriamo che questa situazione migliori, per il benessere di tutti i peruviani e del settore agroindustriale che ne è stato così gravemente colpito".
Nonostante il prolungato stato di emergenza e il coprifuoco a Lima e nelle città del sud, dove vive la maggior parte dei manifestanti indigeni, sono andati nella capitale in autobus per tutta la settimana per la grande marcia di giovedì 19 gennaio. Uno scontro tra polizia e manifestanti nella notte ha causato la morte di un manifestante e il ferimento di molti altri, facendo salire il bilancio delle vittime a oltre 50 persone, da dicembre dello scorso anno. L'attuale presidente Dina Boluarte, in un discorso televisivo a tarda notte, ha affermato che i manifestanti dovranno affrontare la forza della legge. Il Presidente ha nuovamente invitato le persone al dialogo ma, dopo i morti, i manifestanti chiedono le sue dimissioni, la modifica della costituzione e anche le dimissioni del Congresso.
Alla domanda su quali potrebbero essere le soluzioni a breve e lungo termine per il Perù, i produttori hanno dichiarato quanto segue. "È difficile considerare una soluzione a breve termine, ma credo che possa partire dall'elezione del nuovo Presidente, idealmente anche del congresso, anche se sembrerebbe più difficile perché l'attuale congresso dovrebbe dimettersi tre anni prima la fine del suo mandato. Le dimissioni o la revoca dell'attuale Presidente non cambieranno nulla. Se la soluzione sarà rapida, prevedo avrà un effetto molto limitato sugli investimenti a lungo termine. Nel breve periodo è diverso, perché in una situazione di instabilità, le istituzioni governative non svolgono le attività quotidiane della pubblica amministrazione".