Iscriviti alla nostra newsletter giornaliera e tieniti aggiornato sulle ultime notizie!

Iscriviti Sono già iscritto

State utilizzando un software che blocca le nostre pubblicità (cosiddetto adblocker).

Dato che forniamo le notizie gratuitamente, contiamo sui ricavi dei nostri banner. Vi preghiamo quindi di disabilitare il vostro software di disabilitazione dei banner e di ricaricare la pagina per continuare a utilizzare questo sito.
Grazie!

Clicca qui per una guida alla disattivazione del tuo sistema software che blocca le inserzioni pubblicitarie.

Sign up for our daily Newsletter and stay up to date with all the latest news!

Registrazione I am already a subscriber
Intervento di Paolo Tarolli, docente all'Università di Padova

Realizzare una rete di invasi in collina: priorità assoluta

"Occorre creare al più presto una rete di piccoli invasi che possano salvare l'agricoltura di collina e montagna". Lo afferma Paolo Tarolli, professore di idraulica agraria presso l'Università di Padova, che è intervenuto qualche sera fa a Savignano sul Rubicone (Forlì-Cesena). L'appuntamento si è svolto al cine teatro Moderno, nell'ambito del ciclo di conferenze "La Luce nella scatola".

"Le aree collinari e di montagna italiane - ha affermato Tarolli - sono quelle a maggior rischio idrogeologico, anche a causa dei cambiamenti climatici. La creazione di una rete di piccoli, ma numerosi laghetti assolve a due scopi. Il primo è quello di immagazzinare acqua per irrigare le coltivazioni durante i periodi siccitosi; il secondo è quello di fungere da invasi di laminazione per attutire gli effetti di piogge torrenziali che, sempre più spesso, si ripetono, a causa dei cambiamenti climatici".

Tarolli al convegno a Savignano sul Rubicone (Forlì-Cesena)

Secondo l'esperto, va ripensato il modo di fare agricoltura. "Occorre aprire il confronto sull'alimentazione del futuro, portando al tavolo della discussione sia gli operatori, sia politici e cittadini: non potremo infatti più permetterci, specie in Italia, lo stesso tipo di colture. Si deve passare da un'agricoltura che richiede molta acqua a una che ne richiede meno, migliorando anche i sistemi di irrigazione. È inevitabile: bisogna mettersi d'accordo per tempo, cioè al più presto, ovvero subito".

"Da anni - aggiunge - mi occupo della comprensione delle problematiche connesse al degrado dovuto all'abbandono delle terre coltivate, e al cambiamento climatico. Mi sono concentrato sulle superfici a uso agricolo, in particolare nei territori coltivati in pendenza, impiegando tecniche di telerilevamento (remote sensing, con droni e laser scanners), per l'analisi e prevenzione dei fenomeni di dissesto (ad esempio, frane, erosione) e per la maggiore sostenibilità ambientale delle coltivazioni".

"Le mie ricerche si estendono anche alla pianura − nelle terre di bonifica − per le ragioni che la siccità di questo periodo stanno mettendo in chiara evidenza. I problemi, infatti, non nascono soltanto dai cambiamenti climatici, ma anche da una non corretta gestione delle superfici. Spero che il mio contributo di ricerca possa essere di aiuto e suggerire indicazioni utili a migliorare la gestione del nostro territorio", conclude.