Dopo un paio d'anni di gelate che hanno azzerato il comparto, quest'anno ci si aspettava una ripresa del settore pere in Emilia Romagna. Ma le malattie vegetali, fra cui l'Alternaria e il marciume calicino, hanno drasticamente ridotto le rese - anche del 70% - in molte aziende.
Carlo Alberto Roncarati in una foto d'archivio
"Posso dire che la pericoltura è finita?", si domanda Carlo Alberto Roncarati, produttore di pere della provincia di Ferrara e con un passato in diversi incarichi istituzionali. "Facendoci due conti, al netto delle rese e dei prezzi, produrre pere quest'anno fa perdere, alla maggior parte delle aziende, dai 7000 ai 10mila euro l'ettaro. La soluzione allora sta in un investimento in motosega per abbattere quel che resta", dice sconsolato.
"Le rese nei miei frutteti sono state pari al 20-30% rispetto al loro potenziale. Con riguardo ai prezzi, noi produttori al solito siamo l'ultima ruota del carro. Ci spettano le ossa. dopo che gli altri hanno già mangiato la carne. E, in un'annata come questa, con costi alle stelle, gli altri si tengono quasi tutto".
Foto d'archivio (senza alcuna correlazione con il testo dell'articolo), scattata in un mercato all'ingrosso
Roncarati continua: "Ma vorrei anche essere propositivo. Propongo alla Gdo un 'patto di filiera' per salvare la produzione nazionale. Garantire al produttore una cifra minima di sopravvivenza. Alla fin fine, si tratta di 20-30 centesimi in più al kg al produttore. Non credo che il consumatore che acquista uno o due kg di pere al mese abbia un collasso finanziario se spende 60 centesimi in più al mese. Per noi, invece, rappresenterebbe la sopravvivenza".
"Infine, credo che anche per noi produttori di pere sarebbe giusto ricevere dei ristori per compensare alle gravi perdite subite. Con l'impegno di investire le cifre avute o in altre coltivazioni, o in nuove varietà", conclude.