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La patata di Starleggia reintrodotta nelle montagne lombarde

Un gioiello dell'orticoltura che rischiava di essere irrimediabilmente perso viene restituito alla filiera pataticola delle montagne lombarde. La patata di Starleggia viene riscoperta e reintrodotta nel territorio d'origine in un'ottica di valorizzazione e tutela della biodiversità locale grazie al progetto Resilient "Buone pratiche per la salvaguardia e la coltivazione di varietà locali lombarde tradizionali di patata e mais in aree interne".

Cofinanziato nell'ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Lombardia, il progetto nasce dalla collaborazione tra l'Università di Pavia, capofila del progetto, il CREA Cerealicoltura e Colture Industriali, sede di Bologna, l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e la Comunità Montana della Valchiavenna.

Gli obiettivi del progetto
Recuperare e risanare cultivar antiche di patata e fornire agli agricoltori che operano in aree interne di montagna e in aree protette naturali, le informazioni e gli strumenti conoscitivi sulle buone pratiche di ri-coltivazione. Queste, in sintesi, la finalità del progetto i cui sviluppi sono stati esposti lo scorso 10 settembre, presso la sede della comunità montana della Valchiavenna (Sondrio). Il convegno, in cui i partner scientifici del progetto hanno illustrato esperienze, risultati e casi studio, si è tenuto in modalità ibrida e ha incluso anche la visita ai campi dimostrativi dove si sta completando il re-inserimento della patata di Starleggia. 

Il contributo del CREA è consistito soprattutto nel processo di recupero delle varietà, che ha reso possibile aumentare le rese dei prodotti. "La riscoperta delle cultivar tradizionali lombarde - afferma Daniela Pacifico, WP Leader del progetto per il CREA - non solo consente la valorizzazione di aree di montagna sempre più spesso vittime dello spopolamento, ma fornisce prodotti agricoli a forte valenza territoriale e caratterizzati da un'alta qualità organolettica e nutrizionale". 

Il passaggio più difficile in questa attività è stato il risanamento ovvero l'ottenimento di tuberi che fossero privi delle fitovirosi accumulatesi in decenni di moltiplicazioni, operate in loco dagli agricoltori del luogo. Infatti, nella coltivazione della patata è importante usare semi di adeguata qualità fitosanitaria ma i pataticoltori spesso sottovalutano l'importanza di usare tubero-seme certificato, pertanto, una delle finalità del progetto è stata proprio quella di aumentare la consapevolezza che l'utilizzo di tubero-seme sano, ad esempio a bassissima infezione virale, significa maggiore resa ad ettaro e quindi maggiore guadagno per l'azienda agricola.

Prospettive future
Questo progetto pilota avrà un'immediata ricaduta economica sul territorio e darà impulso al ripristino di territori ormai abbandonati, che verranno destinati alla coltivazione di ecotipi quasi "estinti". Inoltre, la definizione di protocolli di risanamento e di verifica della possibile propagazione in loco di tuberi sani, definisce un processo applicabile in futuro ad altri ecotipi italiani che potrebbero essere reintrodotti e avviati alla produzione, valorizzando così la loro tipicità geografica. 

Per maggiori informazioni:
resilient.unipv.it

Data di pubblicazione: