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Ismea

Fiducia ai minimi in agricoltura, mai così bassa nemmeno durante il Covid

Il caro materie prime ed energia deprime la fiducia delle imprese del settore agroalimentare italiane. È quanto emerge da un'indagine Ismea condotta ad aprile sul suo panel, costituito da un campione di 795 imprese agricole e 586 industrie di trasformazione, e contenuta nel report "I costi correnti di produzione dell'agricoltura: dinamiche di breve e lungo termine, effetti degli aumenti dei costi e prospettive per le imprese della filiera" appena pubblicato.

Ad esprimere maggiori preoccupazioni sono soprattutto le imprese del settore primario, dove l'indicatore che misura il sentiment delle aziende sintetizzando i giudizi su affari correnti e prospettive a breve termine ha registrato una brusca riduzione, scendendo addirittura sotto i livelli dei primi due trimestri del 2020, corrispondenti all'esordio del Covid e alla fase più acuta dell'emergenza pandemica. L'indice di fiducia ha interrotto il progressivo e rilevante recupero messo in atto nel 2021, posizionandosi mediamente su un valore di -10,6 (in una scala di valori tra +100 e -100).

Dalle risposte raccolte, emerge che le difficoltà riscontrate dalle imprese agricole in questo primo scorcio d'anno non sono per la maggioranza attribuibili ad un andamento negativo del fatturato, quanto alle problematiche dal lato dei costi e dell'approvvigionamento. Per i due terzi delle imprese il fatturato nel periodo gennaio-marzo 2022 non risulta peggiorato, anche se il confronto avviene con il primo trimestre del 2021 contrassegnato dalle restrizioni imposte dall'emergenza sanitaria del Covid-19.

La stragrande maggioranza delle imprese agricole intervistate sostiene di aver incontrato delle difficoltà nella gestione dell'attività aziendale negli ultimi tre mesi a causa prevalentemente dell'aumento dei costi correnti, ma anche delle condizioni meteo avverse, di problemi per la ricerca di personale e difficoltà nel reperimento di materie prime, in particolare fertilizzanti, imballaggi e materiali di consumo. 

A pesare è stata soprattutto la bolletta energetica, seguita dal gasolio, fertilizzanti e mangimi. Per contenere l'impatto dei maggiori costi, circa un terzo delle aziende ha modificato le scelte gestionali, ottimizzando l'utilizzo di alcuni input, rivedendo il piano colturale e, per quanto riguarda gli allevamenti soprattutto da latte, cambiando la formulazione delle razioni alimentari. Quasi la metà del campione si è dichiarato invece intenzionato a ridurre in futuro la dipendenza energetica prevalentemente investendo nella costruzione o ampiamento di impianti fotovoltaici.

Quanto alla possibilità di trasferire a valle gli aumenti dei costi solo il 4% del campione sostiene di essere riuscito a sopperire totalmente all'aumento delle spese correnti grazie all'andamento dei prezzi di vendita più alti. 

Fonte: Ismea

Data di pubblicazione: