"La crescente richiesta, su scala nazionale e internazionale, per la frutta secca e in particolare per la mandorla, che si contrappone alla crisi della frutticoltura (nello specifico della peschicoltura meridionale accompagnata da problemi seri e irrisolti da oltre un decennio) evidenzia la mandorlicoltura come un settore da tenere d'occhio". A dichiararlo è Giuseppe Ceparano, presidente dell' ODAF (Ordine Dei Dottori Agronomi e Forestali della Provincia di Napoli), intervenuto durante una riunione di agronomi appartenenti a tale ordine professionale.
Senza dubbio il mandorlo, anche per le affinità in termini di esigenze pedo-climatiche con il pesco, può rappresentare una valida alternativa. A supporto di questa tesi, vi sono non solo l'ODAF di Napoli, ma anche vari stakeholder della filiera della frutta secca campana.
"Ad oggi si stimano circa 20 ettari (fonte ISMEA) di mandorleti in Campania, ma noi ne contiamo circa una cinquantina, e tutti ubicati perlopiù in provincia di Caserta, considerando anche i piccoli appezzamenti produttivi, forse ancora non censiti". Dice l'agronomo Domenico Giuseppe Crispo.
L'ODAF ha condotto uno studio per valutare tutti i benefici colturali, economici e produttivi, che Crispo così riassume: "Il pesco richiede costi di produzione eccessivi sia in termini di difesa della coltura che per la manodopera, e sia in fase di raccolta che per la potatura. Ma questi elevati costi di gestione, purtroppo, negli ultimi anni non vengono più ricompensati dai prezzi di mercato poco soddisfacenti, che sono la risultante dell'eccessiva offerta produttiva italiana ed estera".
"Il mandorlo, invece, è una coltura che non richiede elevati costi di produzione, e la cosa interessante è che si tratta di una referenza meccanizzabile, sia nella fase di potatura ma anche di raccolta. Altro motivo che giustificherebbe l'impianto di tale specie sta nel fatto che è una coltura economicamente sostenibile, in grado di riscuotere prezzi di almeno 2,50 euro al chilo per mandorle non sgusciate, con tendenze in crescita per la domanda di quelle bio".
"Le quantità di mandorle prodotte oggi sul territorio italiano - continua Ceparano - riescono a soddisfare solo il 13,4% della richiesta interna, tant'è che molti big della frutta secca sono costretti ad approvvigionarsi in altre zone di produzione estera. Si aprono quindi scenari interessanti e promettenti per il settore agricolo, che cerca nuove alternative valide alle coltivazioni più tradizionali, fra cui appunto il pesco. La mandorlicoltura italiana, ma anche quella campana, dispongono di tutti gli strumenti per poter entrare in grande stile sui mercati nazionali in primis e esteri poi. Bisogna partire dalle cultivar tipiche dell'Italia, credere e scommettere su questa coltura per poter fare massa critica".
"Noi come Ordine degli Agronomi - in conclusione Crispo - vogliamo divulgare l'interesse mostrato da parte del mercato per tale coltura, e soprattutto siamo pronti a seguire tutte quelle aziende che vogliono cimentarsi nella mandorlicoltura".
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