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Circa il 30 per cento del prodotto proviene dalla penisola italiana

L'Italia è la regina europea delle pere

L'offerta italiana di pere della stagione ormai agli sgoccioli (2020/21) si è attestata su circa 611.000 tonnellate. Le produzioni complessive, pur in ripresa dopo il minimo storico dello scorso anno (+68% sul 2019), sono rimaste comunque su livelli tra i più contenuti dell'ultimo decennio, complici anche le gelate primaverili che si sono aggiunte ad altri fattori sfavorevoli come la cimice asiatica, ma soprattutto la maculatura bruna, che in questi anni affliggono le produzioni, soprattutto in Emilia Romagna, dove rimangono concentrati i maggiori volumi. 

"Nonostante le scarse produzioni dell'ultimo biennio - riporta un'analisi del CSO, Centro Servizi Ortofrutticoli - rimane all'Italia lo scettro di principale produttore di pere, ma con una rappresentatività che naturalmente risulta in diminuzione rispetto a qualche anno fa, quando accentrava circa il 35% del totale europeo. Nelle ultime due campagne, il peso dell'Italia sul panorama europeo è sceso sul 19% nel 2019 e sul 29% nel 2020; da sottolineare però che, anche volendo escludere le ultime due annate, la rappresentatività della produzione italiana si colloca stabilmente sul 30%".

Un importante operatore del comparto pere, Albano Bergami, afferma: "I prezzi registrati nei primi tre mesi del 2021 sono stati senza particolari eccessi. Le vendite sono andate avanti regolarmente, anche se va ricordato che le quantità disponibili sono interiori rispetto a un'annata normale. Per qualche varietà sono stati registrati problemi di conservabilità: non è facile calibrare bene la tecnica di conservazione, affinché il prodotto si mantenga a lungo, e nello stesso tempo, sia buono da mangiare quando viene tolto dalla cella frigorifera".

Le produzioni in Europa
Per tracciare un quadro di mercato sula stagione in fase di conclusione è necessario anche fare un cenno alle produzioni europee che nel 2020 contavano su poco oltre 2,2 milioni di tonnellate, +14% rispetto all'esiguo 2019, ma inferiori del 2% alla media produttiva del periodo 2015-18.

Tra i Paesi europei, è importante sottolineare la situazione del prodotto del Benelux, rappresentato per la quasi totalità dalla varietà Conference; in progressiva crescita le produzioni del Belgio, nel 2020 hanno raggiunto 393.000 tonnellate (+18% sul 2019) e una quota europea del 17%; stesso andamento per le 400.000 tonnellate dei Paesi Bassi (+7% sul 2019 e +10% sul periodo 2015-2018) arrivate a rappresentare il 19% del totale UE. 

Tra i restanti attori del panorama comunitario, spicca per importanza anche la Francia i cui volumi, negli anni in lento ridimensionamento, nel 2020 con circa 130.000 tonnellate hanno registrato +7% rispetto al modesto 2019. Seguono i quantitativi altalenanti del Portogallo con 159.000 tonnellate, registrando una flessione del 21% rispetto all'elevato 2019, +11% rispetto alla media 2015-18. Completa l'elenco dei competitor europei la Spagna, con un'offerta in tendenziale diminuzione rispetto ai primi anni 2000 e collocata nel 2020 su circa 307.000 tonnellate (-2% sul 2019).

Le principali varietà in Italia
Tornando alla produzione italiana, la maggiore offerta di pere italiane rimane come sempre concentrata sulla varietà Abate Fetel (40% nel 2020); segue William B.C. con il 25%, Conference 7%, di minore rilevanza le restanti varietà.

Notevole la rappresentatività delle produzioni della regione italiana Emilia Romagna, dove si concentra mediamente circa l'80% delle produzioni di Abate Fetel; elevata la rappresentatività anche per le altre varietà. Nella regione, a inizio campagna la situazione produttiva era naturalmente molto simile a quella descritta a livello nazionale, con volumi di prodotto commercializzabile superiori rispetto agli esigui quantitativi della scorsa campagna, ma molto più contenuti rispetto alle campagne precedenti.

Il destoccaggio nella regione, fin da inizio campagna, è proseguito con andamento abbastanza regolare per quasi tutte le varietà: Abate contava su produzioni abbastanza contenute, posizionate sul -30% rispetto al 2018-19; le rimanenze a fine anno registravano un -26% rispetto allo stesso periodo della campagna 2018/19 per la consueta attenuazione dei consumi, distratti da altri prodotti, nel periodo delle festività natalizie. A inizio marzo, le quantità ancora da collocare sui mercati evidenziavano il -26%.

Conference ha visto un destoccaggio più attivo rispetto alla campagna 2018/19 nella fase iniziale della stagione; l'offerta inizialmente inferiore del 25% sul 2018/19 è proseguita nei mesi successivi rispettivamente sul -32% di inizio ottobre, divario che si è mantenuto pressoché stabile anche a novembre. Più cauto il collocamento a fine anno, con giacenza in risalita di qualche punto percentuale, cui sono seguite vendite attive nei mesi di gennaio e febbraio che hanno ampliato il divario con il 2018/19, a parità di periodo, viste le giacenze posizionate sul -47% a inizio marzo.

Cauto invece il decumulo di William: la disponibilità di prodotto commercializzabile iniziale era inizialmente inferiore del 7% sul 2018/19, mentre le giacenze sono proseguite evidenziando volumi man mano in crescita rispetto al pari periodo del 2019, fino ad arrivare al +36% di inizio marzo. 

Non troppo dinamiche anche le vendite di Kaiser, con volumi inizialmente minori del 8% sul 2018/19 e destoccaggi rallentati attestati a inizio marzo sul +48% rispetto al 2019.

Esportazioni dall'Italia
La quota di pere italiane dirette oltreconfine si attesta mediamente sul 20% annuo. Naturalmente è ancora prematuro definire tale quota relativa alla campagna in corso. La quasi totalità dell'export rimane in ambito europeo (92% del totale negli ultimi anni), dove spicca per importanza la Germania, destinataria di circa il 40% dell'export complessivo. Le altre destinazioni sono rappresentate da: Francia mediamente con il 17% nel biennio 2018-19/2019-20; seguono Austria, Romania e l'uscente Regno Unito, di minore importanza le restanti destinazioni.

I principali volumi di pere inviati in esportazione sono come sempre rappresentati principalmente da Abate Fetel, che ha visto un collocamento fin da inizio campagna abbastanza regolare e in linea con l'offerta disponibile. I quantitativi più elevati sono stati diretti prevalentemente alla clientela abituale per assolvere alla programmazione stabilita, vista la disponibilità tutt'altro che eccedentaria. Oltre alle forniture stabilite, si è proseguito con un'adeguata selezione delle vendite, finalizzata a ottimizzare i modesti volumi rimanenti.

Su toni favorevoli la richiesta delle pezzature medio-grosse, spesso riservate al mercato nazionale. Abbastanza disinteressata la domanda invece dei calibri minori, se non a quotazioni molto contenute, non consone al livello di offerta presente. A limitare l'interesse per le pere italiane, per i calibri più piccoli in particolare, ha contribuito soprattutto la concorrenza di Conference del Benelux.

Poco ricettivo il mercato francese, con una domanda sempre rimasta correlata alle quotazioni. Interesse da parte della clientela francese attenuato, nella parte iniziale della campagna, soprattutto dalla disponibilità di prodotto locale, ma rimasto su toni contenuti anche nel prosieguo; altro fattore limitante la crisi sanitaria, con forniture più discontinue rispetto alla normalità. Quando possibile, in funzione della disponibilità dei vari calibri in giacenza, per le vendite si è preferito il mercato tedesco rispetto a quello francese, solitamente più remunerativo. 

Per quanto riguarda William B.C., le vendite verso i mercati esteri sono proseguiti all'insegna della tranquillità: le buone pezzature di quest'anno hanno trovato tenui riscontri da parte della richiesta estera, complice anche la modesta domanda da parte del mercato francese.
Irrisoria l'attività verso l'estero per quanto riguarda Kaiser, esigua la richiesta di prodotto che si sta mantenendo inferiore all'offerta.

Ancora più stringente in questo periodo di emergenza sanitaria - e conseguentemente economica - la ricerca della maggiore economicità da parte dei vari acquirenti. In alcuni casi, accentuata anche dall'incertezza dei consumi, che induce a una programmazione diversa rispetto alle annate precedenti, in alcuni casi assente o a più breve termine rispetto al passato.