La frutticoltura emiliano romagnola, così come quella nazionale, può sopravvivere solo se potrà sfruttare l'innovazione e non rimanere incatenata a preconcetti politici e antiscientifici. E' uno dei concetti espressi da Marcello Bonvicini, presidente Confagricoltura Emilia Romagna, emersi ad un recente incontro.
In Emilia-Romagna, gli ettari in produzione sono all’incirca 48.000 ma nel 1994 erano quasi 100.000. "Ai produttori viene chiesto di produrre di più utilizzando meno terra, acqua e fitofarmaci. Possiamo farlo solo con l'aiuto della scienza, sfruttando le potenzialità delle nuove tecniche di selezione e miglioramento varietale (New Breeding Techniques), quali cisgenesi e genome editing. Le uniche in grado di offrire ai frutticoltori impianti più resistenti agli agenti esterni, agli stress climatici e alle malattie", ha detto il presidente.
Inoltre è indispensabile attuare una forte riconversione dei frutteti, abbattendo quelli obsoleti e privilegiando varietà rustiche, adatte ai mutamenti climatici, attraverso nuovi portinnesti e con frutta più buona da mangiare. "Ma per giungere a questo occorrono finanziamenti aiutando così i produttori perché da soli non posso farcela".
Va inoltre riformato il sistema delle coperture assicurative contro i danni da calamità naturali introducendo una sorta di assicurazione catastrofale obbligatoria per tutti, che consentirebbe fra l'altro di ridurre di molto il costo delle polizze grazie all'ampliamento della platea dei sottoscriventi.
"E per far fronte nell'immediato alle esigenze di liquidità delle imprese occorre prevedere una moratoria sui mutui attivati per gli investimenti aziendali ma anche l'erogazione dei fondi già stanziati per i danni da cimice, maculatura bruna e gelate subiti dalle aziende agricole nel 2020", ha concluso.