La società leader di audit e consulenza internazionale, Ernst & Young, ha riscontrato che in Australia esiste un maggiore spreco nella produzione primaria dei prodotti ortofrutticoli, che non nella successiva fase di trasformazione e confezionamento.
La società ha avviato un lavoro di ricerca e valutazione della bibliografia e dei relativi casi studio, come parte del Rapporto sullo stato dell'industria della Produce Marketing Association Australia-New Zealand (PMA A-NZ) , seguito da un'indagine sulle tendenze future rispetto alla filiera di approvvigionamento, con un focus sui comportamenti dei consumatori.
Sono stati scoperti sei elementi chiave di performance della filiera: strutture, gestione dell'inventario, trasporto, informazione e comunicazione, forza lavoro, domanda e offerta.
"Una performance inadeguata della filiera può causare problemi di visibilità e fiducia, che spesso rendono difficile individuare le inefficienze e i settori verso i quali indirizzare direttamente gli investimenti, ai fini di migliorarne le prestazioni", ha dichiarato Darren Keating, amministratore delegato della PMA A-NZ. "Il Rapporto mira a fornire ai produttori di ortofrutta le informazioni necessarie a individuare le opportunità di miglioramento, al fine di garantire maggiori ritorni lungo l'intera catena di approvvigionamento".
Fonte grafico: PMA A-NZ Rapporto sullo stato dell’industria 2020
Uno studio del CSIRO-Organizzazione per la ricerca scientifica e industriale del Commonwealth, ha rilevato che l'Australia perde almeno un 18-22% di ortofrutta: le angurie sono quelle che subiscono le maggiori perdite nel comparto frutticolo, durante la fase di produzione primaria, mentre i pomodori sono i primi per sprechi nel comparto vegetale.
Per quanto riguarda la fase post-raccolta, di trasformazione e confezionamento, le uve da vino hanno rappresentato i volumi di scarto più elevati per la frutta, mentre per gli ortaggi si sono registrate perdite significative nel settore delle patate.
Fonte grafico: PMA A-NZ Rapporto sullo stato dell’industria 2020
Keating afferma che, a causa della globalizzazione, i produttori devono diventare più competitivi per rimanere sul mercato, il che significa che è importante, per la redditività, ridurre i costi della catena di approvvigionamento (incidono per il 55% dei costi di produzione totali).
"Un tema costante, individuato in questo rapporto, è che le filiere che hanno alti livelli di fiducia e trasparenza, hanno maggiori opportunità di successo", ha affermato Keating. "La condivisione dei dati e le sfide che ne derivano sono costanti. Dal produttore al consumatore, c'è la necessità di avere maggiori informazioni".
Il Rapporto ha inoltre rilevato che, più a lungo un prodotto rimane nella catena di approvvigionamento, più input sono necessari per l'output finale. Questo riduce il potenziale produttivo del settore. Inoltre, il rapporto constata la richiesta che arriva dai coltivatori, circa una migliore pianificazione:
"I segnali della domanda forniscono un'indicazione sulla fornitura richiesta per il raccolto", si scrive nel Rapporto. "Un'eccessiva offerta provoca sprechi, mentre una fornitura insufficiente può causare una perdita di entrate potenziali. A causa dei costi in questione, la raccolta potrebbe non risultare redditizia, se il valore di mercato del prodotto è inferiore al previsto. I negozi di alimentari hanno un potere negoziale sproporzionato. Le imprese cercano margini più elevati a causa dei maggiori tassi di deterioramento, spreco e impoverimento, dei maggiori costi di manodopera per la preparazione alla vendita e della maggiore esigenza di manutenzione fino alla vendita di prodotti. Questi margini si traducono, per i produttori, in minori profitti".
Sono stati individuati altri fattori che incidono sull'efficienza della catena di approvvigionamento, tra cui la trasformazione, la distribuzione, i ritardi nella regolamentazione delle esportazioni e la lentezza dei processi, nonché il comportamento dei consumatori.
I prodotti ortofrutticoli spendono la metà della loro shelf-life nelle fasi di transito da un punto a l'altro della catena, mentre il rapporto rileva che, soprattutto nel comparto ortofrutticolo, la qualità si classifica al primo posto nella soddisfazione del cliente finale, con aspetto, gusto, dimensioni e forma quali primi elementi nella percezione della qualità.
"I consumatori desiderano accedere a prodotti di alta qualità, coltivati localmente, per poter gustare un prodotto fresco. Le opportunità di apportare miglioramenti lungo la filiera potranno consentire una qualità più costante per i consumatori", ha affermato Keating.
Il rapporto ha approfondito sei tendenze chiave che continuano a modellare la domanda. Le prime tre si concentrano sulle abitudini personali dei consumatori, soprattutto sui consumi on-the-go, trainati dall'aumento del prodotto snack, dai servizi di consegna a domicilio e dai kit di preparazione dei pasti per i consumatori che non hanno molto tempo per cucinare.
Un'altra tendenza riguarda le aspettative da parte dei consumatori più sofisticati: un numero sempre crescente di persone vuole saperne di più sugli alimenti: come vengono prodotti, cosa contengono, dove e quando mangiarli.
I consumatori, infine, sono più informati sugli aspetti salutistici e personalizzano le diete, ad es. scegliendo un'alimentazione basata sul genotipo e integratori basati sulla nutrigenomica.
I rimanenti elementi di tendenza riguardano la modernizzazione e le attitudini sociali. Le tecnologie, compresa la robotica, la blockchain e i software creano catene di approvvigionamento più snelle, che non solo incidono sulle singole fasi della filiera, ma ne favoriscono anche l’integrazione, monitorandone i progressi, dalla produzione al consumo. I consumatori chiedono prodotti di origine equa e sostenibile e fondamentale è diventata un'efficace gestione dei rifiuti. Dal momento che la spesa online aumenterà nel prossimo decennio, saranno necessarie delle soluzioni innovative che garantiscano un efficiente processo logistico.
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