Fra operai spaventati che tornano nei propri paesi di origine, e quelli che non riescono a rientrare per via di quarantene varie, non è un buon momento per gli agricoltori e le ditte di lavorazione ortofrutticole italiane. Un produttore di Forlì. Cristian Tozzi, esprime preoccupazione.
"Una ragazza rumena che lavora presso la mia azienda, era tornata in famiglia per qualche giorno, ma è stata chiusa in quarantena e non sappiamo bene quando potrà tornare in Italia. E la Romania è un paese comunitario, mentre le cose sembrano più complicate per l'Albania. Non so bene se quel paese abbia chiuso le frontiere, ma di certo ora non è tempo di spostamenti".
Tozzi, come tanti altri, ancor prima della raccolta deve pensare a terminare la potatura e poi ci sarà il momento del diradamento di pesche e nettarine. Senza manodopera, anche la raccolta entrerà in crisi.
Il 25% dei prodotti agricoli viene raccolto da manodopera straniera, con circa 370mila lavoratori regolari che arrivano ogni anno dall'estero, stima la Coldiretti. E per fronteggiare, anzi prevenire l'emergenza, Coldiretti chiede "la massima semplificazione dei voucher, affinché studenti e pensionati italiani possa lavorare in campagna senza lacci burocratici".
La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è quella rumena con 107591 occupati, davanti a marocchini con 35013 e indiani con 34043, che precedono albanesi (32264), senegalesi (14165), polacchi (13134), tunisini (13106), bulgari (11261), macedoni (10428) e pakistani (10272) secondo le elaborazioni Coldiretti che ha collaborato al Dossier statistico Immigrazione 2019.