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Le sfide per il pomodoro siciliano nell'analisi di due esperti italiani

In occasione del convegno "Mercati e opportunità" organizzato  in Sicilia durante la prima edizione della House Fair 2020, la compagnia sementiera Enza Zaden ha portato all'attenzione di una qualificata platea di operatori produttivi e commerciali alcune relazioni in tema di pomodoro fresco.

 Il banco dei relatori. Da sinistra: Trentini, Davino, Gigli (moderatrice), Tommasi Rosso

Dopo la disamina del tendenze in atto sul mercato europeo fornita da Hans-Christoph Behr dell'agenzia tedesca di ricerche di mercato Ami (clicca qui per leggere il precedente articolo), sono intervenuti Stefano Soli, direttore generale di Valfrutta Fresco (mediante collegamento via pc) e il consulente ortofrutticolo Luciano Trentini.

Il primo ha presentato l'assortimento a marchio Valfrutta Fresco, nato con una gamma di referenze di frutta e poi successivamente ampliato agli ortaggi. "Quando si fa marca, si promette qualcosa al consumatore", ha ricordato Soli. "Perciò è importante proporre una qualità costante. Già dal 2008 abbiamo cominciato a concentrarci sulle qualità organolettiche, avvalendoci anche di assaggiatori, in modo da offrire una prima gamma gli ortaggi sempre buoni, sicuri e italiani. Il nostro è un posizionamento Premium, ma con un buon rapporto qualità prezzo. Oltre alle varietà tradizionali, abbiamo via via segmentato l'offerta, introducendo alcune specialità, tra cui varie tipologie di pomodori, cioè varietà distintive selezionate con la collaborazione di alcune ditte sementiere".

Il direttore commerciale di Valfrutta Fresco si è poi soffermato sulle tendenze in atto nel settore distributivo, dove le catene crescono dimensionalmente, con azioni di concentrazione e fusione e con una crescita anche del canale discount. Tutto ciò porta a un'inevitabile guerra dei prezzi.

Per quanto riguarda le tendenze nella vendita, si fanno spazio l'e-commerce, la vendita diretta, i prodotti biologici oppure a residuo zero e il prodotto local for local. Il contesto è quello di consumi inferiori, ma che richiedono una qualità superiore.

"Il consumatore tipo non esiste, ma va studiato e l'offerta va segmentata a seconda della tipologia di acquisto. Si pensi ad esempio ai giovani, un target sul quale va ripensata completamente la comunicazione".

Tra i problemi esterni, che gravano sulla produzione orticola in generale e su quella del pomodoro fresco in particolare, Stefano Soli ha citato i cambiamenti climatici, l'arrivo di nuove fitopatie, la competizione crescente, la guerra dei dazi e la crescita delle produzioni locali nei paesi di esportazione. Ma ha voluto elencare pure una serie di problemi interni, che rendono difficile per il comparto del pomodoro siciliano effettuare investimenti su ampia scala, dialogando con la grande distribuzione e comunicando al consumatore: spesso le aziende sono troppo piccole e chi produce non ha in mano gli strumenti per commercializzare. Inoltre, esistono troppe varietà per la stessa tipologia di pomodoro fresco e il settore non sempre rispetta tutte le regole di produzione sostenibile.

"Quando le aziende sono troppo piccole - ha detto il manager - non si può neppure pensare a percorrere strade di esclusiva varietale, cioè di acquisire le licenze su promettenti varietà da proporre al mercato in forma di Club varietale. Bene sarebbe invece coordinarsi tra imprese per mettere a sistema e a reddito la grande ricchezza dell'agroalimentare siciliano e quindi proporre anche il pomodoro fresco all'interno di un "paniere Sicilia". Non mancano infatti, alla base, la capacità di fornire prodotti di qualità superiore, il grande know-how e l'abilità imprenditoriale. Grazie a stabilimenti ben attrezzati, il prodotto gode sempre di un'ottima presentazione".

"Insomma, la Sicilia è una terra straordinaria e contraddittoria, in cui serve fare accordi con altre zone di produzione e sinergie per migliorare la logistica distributiva oppure l'abbinamento con il turismo. Innovare non è solo introdurre un nuovo prodotto, ma sviluppare un nuovo approccio al mercato. Si potrebbero studiare nuove forme di aggregazione per gestire problematiche comuni e condividere progetti di marca concentrandosi solo sulle cose che uniscono e non su quelle che dividono", ha concluso Soli.

E' seguito poi l'intervento di Luciano Trentini, il quale ha posto in evidenza i cambiamenti in atto a livello globale, cambiamenti connotati da ritmi molto veloci. Nel giro di soli 30 anni, infatti, la situazione del fabbisogno alimentare a livello planetario cambierà completamente. Nel 2050 saremo quasi 10 miliardi di persone, con una popolazione che aumenterà soprattutto nelle grandi aree urbane. Gli impatti sull'agricoltura saranno enormi: a cominciare dallo spopolamento delle campagne (per via dell'urbanizzazione), ma anche all'arrivo di nuove tecnologie.

Luciano Trentini

"Avremo bisogno di un 70% in più di alimenti e di ben 900 milioni di tonnellate in più di frutta e verdura rispetto a oggi. Il problema sarà quello del fabbisogno idrico, considerando che solo l'1% dell'acqua è dolce e può essere utilizzata per l'irrigazione. Servirà dunque migliorare le rese produttive, introducendo nuove varietà più performanti. Serviranno 120 milioni di nuovi ettari per le coltivazioni, terre che, in simili estensioni, si trovano soltanto nell'Africa subsahariana perché, invece, per i paesi sviluppati si prevede una perdita di 50 milioni di ettari".

Luciano Trentini ha sottolineato come in passato si pensava che l'Italia avrebbe potuto diventare una sorta di hub per il Nord Europa, per i prodotti provenienti dall'Africa: "Già oggi questo non è più vero: il mercato africano è sempre più interessante e i grandi consumatori saranno localizzati in Asia, Africa e Medio Oriente. Quali potranno essere gli scenari per l'Italia?".

In tale contesto, la popolazione italiana nel 2050 sarà del 17% inferiore rispetto a oggi: nonostante l'apporto degli immigrati, saremo probabilmente 5 milioni di persone in meno. L'arrivo di nuove etnie sul territorio nazionale potrebbe modificare i consumi e le scelte d'acquisto.

Queste ultime saranno sempre più orientate al valore del cibo, non solo in termini di sostenibilità ambientale, ma anche di praticità e di nutraceutica.

La sala durante l'intervento di Luciano Trentini

Venendo al pomodoro fresco, in Italia i volumi e i valori sono in aumento e anche il prezzo medio è abbastanza alto. Molto elevato è l'indice di penetrazione, in Italia, che è già al 98%, con un consumo di 10 kg pro capite: difficile immaginare di poterlo aumentare ancora.

Molte sono le tipologie di pomodoro disponibili in Italia, con la Sicilia come prima regione produttiva, rappresentando oltre il 35-40% del totale, ma serve qualità e continuità per mantenere alto l'interesse del consumatore.

Per rispondere alle esigenze di buon sapore, bella presentazione estetica, solubilità, tipicità, standardizzazione qualitativa, tracciabilità e produzione locale, l'unica via per il futuro passa per le serre ad alta tecnologia. In un ambiente protetto, infatti, si riesce a coltivare con un forte risparmio idrico, controllando tutti i fattori ambientali e ottenendo quindi un prodotto molto più costante in termini qualitativi.

La sala

Non è un caso che molti paesi si stiano orientando verso queste soluzioni tecnologiche. Le serre spagnole vanno verso l'innovazione, la Russia si è attrezzata per produrre ortaggi in proprio e stessa cosa stanno facendo Turchia, Qatar ed Egitto (solo qui c'è un progetto per realizzare 14mila ettari di serre!)

Luciano Trentini ha concluso esortando il settore produttivo ad affidarsi di più ai tecnici, per non perdere in competitività.