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L'export in Ucraina ha un dazio del 14 per cento, mentre l'import e' senza dazi per motivi umanitari

Rischio ucraino per il pomodoro trasformato italiano

"Il pomodoro trasformato segue in genere un'andamento ciclico: l'anno 11 è di entusiasmo, poi si ha l'euforia, poi il rifiuto, lo sgomento e infine, al quinto anno del ciclo, la disperazione. Il 2019 è stato di entusiasmo, quindi per il 2020 aspettiamoci ancora positività grazie all'euforia". 

La slide sulla ciclicità del settore mostrata da Antonio Casana 

Lo ha affermato antonio Casana, presidente di Tomato Europe, intervenuto nei giorni scorsi a un convegno alla fiera Tomato World a Piacenza. "E' l'esperienza consolidata ad aver creato questo ciclo. Nel 2019, in Italia, abbiamo avuto una produzione inferiore rispetto alla media, ma non è stato così ovunque a livello globale. La produzione media globale è di 83 tonnellate all'ettaro e noi italiani siamo al 12mo posto in questa classifica".

Antonio Casana

Rispetto ai prezzi, in Europa la media è di 91 dollari, in California 83, in Cina 57. L'Italia è la nazione con i costi di produzione più alti di tutti. "Occorre fare molta attenzione all'Ucraina. E' una nazione in crescita con circa 750mila tonnellate di prodotto ma, in 5 anni, vogliono arrivare a 2 milioni di tonnellate".  

"Il problema è che, per esportare in Ucraina, il prodotto italiano paga il 14,5% di dazi, mentre l'Ucraina non paga nulla per motivi umanitari. E se davvero aumenteranno la loro produzione, per l'Italia potrà essere un problema. Con un dazio del 14,5%, cioè ad armi pari, anche il prodotto ucraino non avrebbe particolari vantaggi rispetto al nostro".

Infine, Casana ha sottolineato che il pomodoro italiano gode, nel mondo, di un'alta reputazione in fatto di qualità, mentre la reputazione degli attori della filiera, per via delle varie vicende, vere o presunte, legate al caporalato, è bassissima. "Occorre migliorare la reputazione della filiera perché pochi casi di poche aziende hanno un effetto generalizzante su tutti gli operatori".  

La platea gremita a Piacenza