La campagna dell'uva da tavola è da ritenersi chiusa. Un'annata fatta più da bassi che da alti, etichettata tra le peggiori degli ultimi anni. Le varietà senza semi sembrano essere state quelle più gradite, ma, in ogni caso, anche per queste i consumi non sono stati poi così vivaci.
"La mia campagna 2019 si è ufficialmente conclusa nei primissimi giorni successivi al Natale. Neanche le ultime quantità sono state apprezzate. Infatti, gli ultimi volumi, con i quali speravamo di poter quantomeno riparare i danni subiti durante tutta la raccolta, sono stati venduti a scarsi 0,70 €/kg, rispetto a 1,10-1,20 €/kg", spiega Michele Santacroce, un produttore di Casamassima (Bari), aggiungendo: "Su 40 ettari di uva Italia, il prezzo più alto, seppur per pochissimo tempo, non ha superato l'euro al kg, mentre quello più basso è stato di 0,70 €/kg"
"Anche le grandi realtà imprenditoriali pugliesi sembrano lamentarsi di questa stagione. Effettivamente, la campagna è stata una catastrofe. Per quanto mi riguarda, tralasciando gli ammortamenti per le strutture, non siamo riusciti a recuperare neanche le spese vive di conduzione, quali, ad esempio, i costi per operai, gasolio e utenze. Da un primo bilancio, quest'anno non abbiamo superato i 700mila euro di fatturato, rispetto a 1.200.000 euro degli anni scorsi".
"Il clima piuttosto caldo e secco ha ridotto i consumi, ma, nello stesso tempo, l'elevato grado di umidità ha favorito il marciume degli acini, provocando così ulteriori costi per l'azienda agricola e la presenza in campo delle operaie fino agli ultimi giorni di dicembre. Oltre al danno, anche la beffa. Sacrifici inutili di un intero anno".
"Si cerca di spingere i consumi su varietà seedless, ma chi come me ha un'azienda di alcune decide di ettari di varietà con semi, non può certamente cambiare da un anno all'altro il proprio catalogo varietale. Occorrono forti investimenti. Molti produttori, specie in campagne come queste, tutto pensano tranne che indebitarsi più di quanto non lo siano già".