Un ritardo di almeno 15-20 giorni, dovuto al freddo primaverile, che ora fa sentire il suo peso per le angurie. Con il ritorno del caldo, infatti, la richiesta sale vertiginosamente e non si è in grado di soddisfarla. In Calabria, come in altri areali italiani, i volumi di prodotto disponibili sono ancora molto limitati. I prezzi, al momento, sono perciò soddisfacenti. Ne abbiamo parlato con Battista Muraca (nella foto sotto), presidente dell'Associazione Lo Sceriffo del Campo.
"Si è passati da 20 a 35 gradi in un baleno, dopo un periodo di freddo e piogge abbondanti che, in alcuni casi, hanno danneggiato le coltivazioni, tanto da spingere i produttori a impiantare nuovamente. Questi danni si ripercuotono sia a livello produttivo che economico – dichiara Muraca – In Calabria, cominceremo non prima di una settimana. Nel frattempo, il rischio è di dare campo libero alla concorrenza estera".
"Il ritardo con il quale si comincerà, potrebbe però permettere un più lungo calendario di vendita sul finale di campagna, da fine agosto a metà settembre. Sempre che il clima lo permetta".
Muraca racconta che nell'area di Sibari e di Crotone ci saranno angurie di qualità. "Le aziende stanno facendo di tutto per contrastare la concorrenza di Grecia e Spagna, ma anche dei Paesi extra-europei".
Nell'ambito del progetto de Lo Sceriffo del Campo, è stata stretta una collaborazione con l'azienda agricola De Vito Antonella di Lamezia Terme per un ritorno a una cultivar autoctona di anguria lunga chiara, la Charleston Gray.
"Questa presenta un contenuto zuccherino molto elevato, è croccante e gustosa. Si tratta di una sperimentazione, al momento, per differenziare il prodotto calabrese dagli altri. Altra prova è quella sull'anguria a buccia nera, un tempo tipica del territorio lametino e calabrese".
"Trattandosi di prove, i volumi saranno molto limitati e in raccolta per fine luglio. Se i risultati saranno quelli sperati, continueremo con volumi sempre maggiori dalla prossima campagna. Semi e piantine delle varietà autoctone sono sviluppati a livello locale, dall'azienda De Vito stessa, che effettua successivamente il trapianto in pieno campo, su circa 10-15 ettari. Per il futuro, si pensa anche a coltivazioni in ambiente protetto", conclude Muraca.