Fitoplasmi? Stressi idrici o climatici? Ancora non si conosce la causa della morìa di pero che da qualche mese ha colpito una vasta zona della provincia di Reggio Emilia. Un produttore in particolare, Marco Cigarini di Correggio, ha dovuto abbattere oltre 600 piante.
"Nulla faceva presagire una situazione simile - spiega Cigarini, che è anche vicepresidente della CIA provinciale - dopo che il raccolto 2018 era stato nella norma. Sono riuscito a irrigare fino a ottobre e poi abbiamo avuto un inverno molto siccitoso. Al risveglio vegetativo, tante piante non si sono risvegliate. Pare siano morti i portinnesti, quindi è un problema di apparato radicale".
Cigalini conta circa 8 ettari di frutteto. La varietà colpita dalla morìa è quasi esclusivamente Abate. Si tratta di un impianto ad alta densità, di una decina d'anni di età, quindi un frutteto ormai collaudato e altamente produttivo".
"Ho portato dei campioni ad analizzare - aggiunge - e attendiamo risposta. "Nella migliore delle ipotesi, potrebbe essere una fisiopatia a causa di settimane in cui si sono alternati caldo, freddo, siccità e bombe d'acqua. Ma potrebbe esserci altro. E per questo siamo molto preoccupati: temiamo che il responsabile della situazione sia un fitoplasma. Attendiamo l'esito delle analisi che abbiamo commissionato. Per cercare di limitare una eventuale epidemia, tutti noi agricoltori colpiti abbiamo bruciato le piante secche".
Nel suo pereto sono morte circa 600 piante su 25mila, situate in un frutteto di 4 ettari. La parte restante dell'impianto mostra un calo produttivo del 50% rispetto alla norma.
Cigarini conclude sconsolato: "La situazione è drammatica: le aziende devono affrontare le avversità dovute ai mutamenti climatici e agli agenti patogeni, cimice asiatica in primis, oltre a rispettare le limitazioni sui prodotti per la difesa fitosanitaria. In più, assistiamo a prezzi liquidati assolutamente non remunerativi: così proprio non va".