L'economista e consulente Gianluca Bagnara lavora già da qualche anno in progetti di sviluppo nella Repubblica democratica del Congo. "Qui in questa parte di Africa il catasto frutticolo esiste ed è molto preciso - commenta Bagnara - mentre in Italia noto che si stanno riproponendo discorsi che già ho sentito 25 anni fa, al tempo dei Piani agricoli. Non credo che, nel 2019, sia così difficile capire cosa c'è in campo e cosa si sta producendo. Quello che manca è la volontà di farlo e di farlo senza spendere troppi soldi".
Secondo Bagnara, per proporre frutta sui mercati internazionali occorre sapere cosa si ha. Occorre conoscere su quali superfici si si sia investito e con quali varietà, in modo da fare una proiezione sulle produzioni. E, in base a queste, programmare in modo da limitare al massimo il rischio di sovrapposizioni fra le diverse aree produttive.
Foto scattata nel mese di marzo fra Faenza e Forlì (per gentile concessione di Condifesa Ravenna)
"Solo conoscendo la reale potenzialità produttiva si può affrontare il mercato in maniera intelligente e senza che i prezzi crollino. Ma è una lezione che, dal 1992 in avanti, non pare che l'abbiamo capita".
"Il mio timore è che si parli di catasto non per fare una vera strategia nazionale, ma per racimolare qualche soldo pubblico. O per mettersi la coscienza a posto. Il fatto è che ogni Regione ha una sua procedura per raccogliere e archiviare i dati, ma le varie amministrazioni non comunicano fra loro. Poi vi sono Regioni virtuose, con elevato grado di organizzazione, e altre con meno. Occorre uniformare e poi comunicare".