Iscriviti alla nostra newsletter giornaliera e tieniti aggiornato sulle ultime notizie!

Iscriviti Sono già iscritto

State utilizzando un software che blocca le nostre pubblicità (cosiddetto adblocker).

Dato che forniamo le notizie gratuitamente, contiamo sui ricavi dei nostri banner. Vi preghiamo quindi di disabilitare il vostro software di disabilitazione dei banner e di ricaricare la pagina per continuare a utilizzare questo sito.
Grazie!

Clicca qui per una guida alla disattivazione del tuo sistema software che blocca le inserzioni pubblicitarie.

Sign up for our daily Newsletter and stay up to date with all the latest news!

Registrazione I am already a subscriber

Il gap dell'agricoltura italiana sta anche nel campo dell'innovazione: i dati Nomisma

Innovazione in agricoltura sotto osservazione: "l'Italia ha dei gap da colmare", sintetizza per FreshPlaza Stefano Baldi, project manager area agroalimentare di Nomisma, che ha presentato a Roma il nuovo indice sull'innovazione del settore primario.

Il tavolo dei relatori nel convegno "La nuova agricoltura sostenibile" del 19 marzo 2019.

"Introdurre innovazione in azienda significa detenere competenze, limitata avversione al rischio, un orizzonte di operatività di medio-lungo periodo e risorse economiche in grado di realizzare investimenti". Tutti questi fattori risultano limitati nel tessuto agricolo italiano, ancora troppo indietro rispetto alla leadership dei Paesi Bassi con un punteggio di 88 su 100, mentre L'Italia è a 49, pari alla media europea, Germania - per dare un'idea - a 56, due punti sotto c'è la Francia e la Spagna a 43.

Clicca qui per un ingrandimento della tabella.

Il corposo dossier di Nomisma (società di consulenza i cui azionisti comprendono istituzioni finanziarie e gruppi imprenditoriali italiani ed esteri) è stato presentato alla Sala capitolare del Senato in un convegno dal titolo "La nuova agricoltura sostenibile", promosso dall'Alc, Associazione Luca Coscioni, con la partecipazione di Cibo per la mente, una piattaforma della filiera agroalimentare italiana rivolta ai decisori europei per sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sulla necessità di investimenti in innovazione e ricerca nel campo dell'agricoltura e dell'industria alimentare.

Il progetto include un Manifesto di intenti e proposte sottoscritto da 14 associazioni imprenditoriali italiane dell'agricoltura, del comparto biotech e della chimica, per un fatturato di circa 30 miliardi di euro.

"All'Italia non basta essere nella media europea, ma deve diventare leader nel progresso agroalimentare in Europa, finanziando di più Ricerca & Sviluppo su tutta la filiera", ha commentato Deborah Piovan, portavoce di Cibo per la mente a cui aderiscono Agrofarma, Aisa, Assalzoo, Assica, Assitol, Assobiotec, Assofertilizzanti, Assosementi, Cia, Compag, Confagricoltura, Unaitalia, Uniceb e Unionzucchero. "Produrre di più e meglio con meno"  - è il messaggio chiave di Cibo per la mente - "ma è necessario farlo in base a una scelta consapevole, condivisa e coordinata da parte di filiere, politica e istituzioni, informando in maniera adeguata e trasparente i consumatori sul valore dell'innovazione in agricoltura", ha segnalato Piovan.

Il nuovo indice di Nomisma
Il convegno è servito anche a lanciare al Governo - lo hanno fatto Filomena Gallo e Marco Perduca - l'appello di Science for Democracy (piattaforma promossa dall'Alc) perché la "ricerca scientifica italiana sulle biotecnologie verdi possa esser sperimentata in campo aperto".

L'Italia è in coda alla graduatoria anche nella scala dell'istruzione, dato decisivo per la propensione all'innovazione, al 25° posto per numero di laureati in materie scientifiche, 1,4% mentre la media Ue è del 1,9%; 2,6% gli specialisti Ict (Information Communication Technology) quando in Europa la media è 3,7%.

Clicca qui per un ingrandimento della tabella.

Spesso, forse troppo, l'Italia si attesta in posizioni di bassa classifica nell'analisi Nomisma dei fattori abilitanti l'innovazione (risorse umane, sistema della ricerca, finanza e supporto, infrastrutture fisiche e digitali), dal numero di pubblicazioni scientifiche internazionali alle infrastrutture fisiche, fino al dato sulla percentuale del Pil per ricerca e sviluppo (Roma investe solo lo 0,54%, la metà o quasi di Copenhagen, Stoccolma, Helsinki, Berlino, Praga e Amsterdam).

Solo il 77% degli abitanti delle zone rurali accede a internet contro il 97 dei Paesi Bassi. Il "nanismo" delle imprese agricole (12 ettari e 43.000 euro di valore medio della produzione) e l'elevata età media dei conduttori fanno il resto: il 41% delle aziende sono gestite da over 65 e solo il 4% da under 35.

Clicca qui per un ingrandimento.

In Francia, per fare un paragone, i giovani sono il doppio dell'Italia e i conduttori anziani solo il 15%. Solo il 6% dei conduttori agricoli ha avuto una formazione agraria completa rispetto al 15% dei colleghi tedeschi e al 29% dei francesi.

Clicca qui per un ingrandimento.

"La spesa pubblica in Italia per la Ricerca & Sviluppo in agricoltura è di appena 4,5 euro a persona, rispetto ai 20,2 euro dell'Irlanda – specifica Piovan, citando un'elaborazione Confagricoltura su dati Eurostat per il 2016 - al tempo stesso, però, siamo ai primi posti per quantità di investimenti per ettaro (1.041 euro), secondo Nomisma. E' necessario che l'innovazione non sia delegata all'iniziativa dei singoli agricoltori (sebbene anche gli investimenti privati, forse per via dell'incertezza normativa, non siano a livelli europei, ndr). Solo così sarà possibile affrontare le sfide imposte dal mercato e dal cambiamento climatico per la competitività e il fabbisogno alimentare globale".

Cosa si intende per innovazione
Se la storia del made in Italy, come ha detto Piovan, è "una tradizione di innovazione" (la meccanizzazione, l'irruzione della chimica)", allora "la comunicazione è la sfida più dura" perché sarebbe da ribaltare una narrativa che contrappone il bio all'agricoltura convenzionale, il naturale all'artificiale, che demonizza la ricerca scientifica. Padoan la definisce "la trappola dei dogmi" di cui il complottismo è solo l'epifenomeno più evidente. "Per questo l'innovazione non dovrà solo essere un processo tecnologico, ma un processo sociale per le libertà di scelta, ricerca e impresa".

Bene rammentare, a questo punto della lettura, la definizione di innovazione adoperata dal centro studi bolognese. Si tratta di quella dell'Oecd del 2005: è l'implementazione di una nuova o significativamente migliorata produzione di beni o servizi o di un processo, un nuovo metodo di marketing o organizzativo nelle pratiche commerciali, nelle relazioni esterne o nell'organizzazione del lavoro.

Da qui il complesso studio, presentato con efficacia da Stefano Baldi. "L'innovazione è in grado di innescare processi virtuosi che impattano positivamente sulla competitività e la sostenibilità del settore agricolo e di tutta la filiera agroalimentare - ha spiegato Baldi, introducendo il Naai, Nomisma Agrifood Innovation Index - l'impatto dell'innovazione si può tradurre nell'affermazione: "produrre di più e meglio". Decine di indicatori sono stati adoperati per "ponderare" produttività e sostenibilità giungendo a quel 49 su cento. L'indice, originale e monitorabile nel tempo misura sulla base dei dati di performance produttiva e ambientale delle imprese agricole, il grado di innovazione del settore primario italiano.

Dossier settoriali: mais e pesche & nettarine
Infine, Baldi s'è soffermato su due dossier settoriali a proposito dei settori maidicolo e delle pesche nettarine, "due comparti che stanno faticando", su cui il pool di Nomisma ha condotto un screening delle principali dimensioni e dei trend che li hanno contraddistinti negli ultimi anni, fino a definire i fattori maggiormente responsabili dell'affaticamento, l'evoluzione dei fattori legati all'innovazione che hanno condizionato l'andamento dei comparti e la definizione di fabbisogni di innovazione, specifici e realistici, per i settori analizzati.

I principali fattori di affaticamento sono legati al miglioramento genetico/varietale, alla difesa, oppure sono strutturali (dimensione imprese, formazione, demografia ecc...) o, ancora, legati al mercato (prezzi e concorrenza internazionale).

Sulla base dei risultati della consultazione degli stakeholder sono stati attribuiti, in maniera qualitativa, punteggi ai due settori (71 per le pesche e 65,3% per il mais) sulla base del grado di innovazione rispetto ad un benchmark ottimale (punteggio 100). Per ciascuna tipologia di innovazione i punteggi tengono conto sia del grado di adozione che della capacità di gestione dell'innovazione da parte della filiera.

Clicca qui per un ingrandimento.

"Il settore chiede azioni dedicate al miglioramento genetico e alla difesa delle colture  – ha detto Deborah Piovan - l'innovazione genetica aiuterebbe non solo il settore del mais, ma anche la filiera del pesco, che grazie alle New Breeding Techniques potrebbe rapidamente sviluppare varietà resistenti al virus Sharka, diffuso in Veneto ed Emilia Romagna".

La produzione italiana di pesche e nettarine è diminuita di circa 200mila tonnellate fra 2006 e 2017. Benché l'Italia sia ancora in grado di soddisfare per il 112% il fabbisogno interno (con 1,5 milioni di tonnellate di prodotto), le superfici si sono ridotte da 101mila ettari nel 2000 a poco meno di 66mila nel 2016.

Se la resa per ettaro è salita dell'8,8% (pesche) e del 17,8% (nettarine) nel periodo 2006-2016, al tempo stesso il valore per la stessa unità di terreno è sceso del 4,3% nel caso del pesco e aumentata appena del 3,8% per le nettarine. In questo scenario, l'import è aumentato del 58% e l'export sceso del 28% nel periodo 2006-2017.

Le biotecnologie verdi e libertà di impresa
I promotori lamentano "l'incertezza del diritto", visto che l'Italia non ha ancora recepito la sentenza della Corte europea di giustizia che paragona i prodotti ottenuti per mutagenesi con gli Ogm, ma lascia una certa discrezionalità ai paesi membri.

"Le nuove biotecnologie verdi pongono problemi che interessano leggi e politiche nazionali ed europee - ha detto Filomena Gallo, segretaria dell'Associazione Luca Coscioni - fino ad arrivare agli obblighi internazionali. In Italia rappresentano un chiaro esempio di violazione del diritto della scienza perché, proprio come sugli Ogm anche sulle piante geneticamente editate non è possibile far ricerca in campo aperto. Allo stesso tempo, sono anche un esempio di violazione del diritto alla scienza perché, mancando la sperimentazione, non è possibile immettere sul mercato prodotti sicuri, dando alle persone il diritto a poter beneficiare delle più recenti ricerche".

Molte le criticità emerse dalle tre ore di dibattito, organizzato con il sostegno di EuropaBio, moderate dalla giornalista Anna Meldolesi a cui hanno partecipato, oltre a Baldi e Piovan, Dario Frisio dell'Università Statale di Milano, Roberto Defez del Cnr di Napoli che ha sostenuto la necessità di un' "agricoltura post-ideologica" e che "non si può vivere di solo biologico"; Vittoria Brambilla, biotecnologa a Milano.

Anche Marco Cappato, tesoriere di Alc, ha ricordato che "da decine di paesi iniziano ad arrivare studi che confermano la non pericolosità di queste nuove bio-tecnologie verdi, come Crispr (una tecnologia di editing del genoma, un intervento di precisione che consente la correzione mirata di una sequenza di Dna, ndr), e che le piante così prodotte potrebbero essere portatrici di straordinarie potenzialità per un'agricoltura sempre più eco-sostenibile".

La biotecnologa Vittoria Brambilla della Statale di Milano è attiva in quel settore di comunità scientifica europea mobilitato, a fianco dei promotori del convegno, contro la sentenza della Corte di Giustizia europea che ha equiparato le nuove tecniche di mutagenesi agli Ogm. L'alleanza tra scienziati e politica potrebbe dare vita ad azioni anche ad azioni di disobbedienza civile per portare in pieno campo i frutti della ricerca Crispr. "Troveremo il modo - ha detto in fondo al dibattito Perduca - per affermare il diritto alla scienza, sapendo che occorrerà disobbedire a una legge proibizionista".

Autore: C.A. per FreshPlaza

Data di pubblicazione: