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Lo afferma un operatore che ricorda che i privati commercializzano la meta' del prodotto italiano

Pere: prezzi bassi ma non drammatici

"Per salvare il comparto pere non ci vogliono proclami o personalismi, ma semplicemente lavorare, lavorare, lavorare". Lo afferma un grosso operatore privato del comparto pere, a seguito degli interventi degli ultimi giorni. "Ha ragione Cristiano Fini (cfr. FreshPlaza del 15/03/2019) a richiamare tutti gli attori della filiera alla responsabilità, evitando contrapposizioni e individualismi, in quanto abbiamo visto - negli ultimi 3 anni - che tanti proclami e aggregazioni non hanno portato a prezzi significativamente superiori".

Foto d'archivio

Il produttore-commerciante aggiunge: "Trovo molto pericoloso creare aspettative e poi non mantenere le promesse. Non dimentichiamo, inoltre, che le aggregazioni hanno diritto ai finanziamenti dall'Unione europea, pur commercializzando forse un 15-20% del prodotto nazionale: è vero che dichiarano percentuali più alte, ma solo perché includono anche il prodotto conferito all'industria".

"Secondo me - continua l'operatore - si rischia di avere delle sovrastrutture che generano un aumento di costi senza un sostegno reale al produttore, il quale rimane l'anello debole. Ritengo che sarebbe forse sufficiente costituire un'associazione di categoria, come avviene nello Stato del Washington, per esempio (con la USA Pears). Un logo e un marchio valido per tutti, dove tutti gli attori della filiera si possano associare e siglare accordi con nuovi paesi di esportazione tipo Cina, Vietnam, Messico, Colombia. Fare pubblicità, determinare linee guida di mercato, imballaggi, valutare nuove varietà utili per tutti".

Foto d'archivio

Non va dimenticato che il 50% circa delle pere italiane di prima qualità (non quelle destinate all'industria) viene commercializzato da privati che vantano 40/50 anni di esperienza e hanno rapporti con agricoltori fidelizzati.

Rispetto alle attuali giacenze, ci si aspettavano certamente quotazioni migliori, quest'anno, per le pere italiane, proprio perché c'è meno prodotto, in generale: circa il 23% in meno per Abate, -20% per Kaiser e -7% di Conference. Lo scorso anno, le ultime forniture di Abate per l'export furono effettuate nella 20esima settimana, mentre quest'anno dovrebbero terminare nella settimana 18 o 19.

Circa i prezzi, l'operatore dice che "a casa mia, le liquidazioni si prospettano inferiori a quanto auspicato, ma non saranno drammaticamente basse, perché i costi di gestione di un'azienda privata sono leggeri, non abbiamo mega-direttori; sono io che dirigo e, se serve, guido anche il muletto".

Altro concetto espresso sempre riguardo ai prezzi: "Non è vero che noi andiamo a deprimere le quotazioni di mercato. Siamo imprenditori e puntiamo a ottenere sempre il massimo, in linea con il rapporto domanda/offerta".

"Riassumendo - conclude l'operatore - per salvare la pera non servono proclami e personalismi, ma semplicemente lavorare, lavorare, lavorare".