Professionalità non sempre impeccabile, scelta varietale non sempre idonea per una zona di produzione, scarsa propensione alla commercializzazione e concorrenza sleale. Sono queste alcune delle cause, insieme al maltempo, della crisi delle clementine vissuta dal sistema italiano begli ultimi mesi. Almeno questa è l'opinione di un produttore che lavora anche clementine a marchio di indicazione geografica protetta IGP.
"Il taglio delle piante di agrumi nel tarantino (cfr. FreshPlaza del 25/02/2019) è dovuto allo scarso impegno di alcuni operatori del settore. Bisognerebbe evitare di dare un'immagine sbagliata dell'intero comparto agrumicolo pugliese perché, se alcuni mancano di professionalità, non si può fare di tutta l'erba un fascio" riferisce a FreshPlaza Gianluca Montemurro, titolare dell'omonima azienda agricola.
"La realtà di quest'anno è che, per via di due mesi continui di pioggia, a novembre e dicembre 2018, le clementine hanno subito forti danni da assorbimento di acqua da parte della buccia (imbibizione). Poi sono arrivate neve e diverse gelate, quindi il prodotto non ha retto. I commercianti stanno acquistando dai produttori a 0,05-0,010 euro e rivendono il prodotto in Paesi con meno esigenze qualitative. Questo è un bene poiché almeno si evita un dispendio energetico per la pianta staccando i frutti. Tra le nazioni di destinazione ad esempio ci sono Slovenia, Albania e Romania".
Da un certo punto di vista, il produttore dichiara che è una fortuna che queste nazioni le acquistino. "Gli agrumi, infatti, peccano in qualità e sarebbero scartati".
Riferendosi poi al fatto che bisognerebbe cominciare a prendere esempio da altre regioni frutticole, dove è il governo a finanziare la dismissione di ettari non più remunerativi per i produttori in crisi, secondo Gianluca è solo una provocazione. "Se anche avessimo ettari totalmente dedicati al clementine tradizionale Igp, non sarebbero sufficienti a soddisfare la richiesta italiana".
"Inoltre, c'è da dire che capita sempre più frequentemente che i produttori vengano invogliati a piantare varietà tardive in areali non vocati a tali produzioni. Bisogna produrre puntando sulla qualità con metodi agronomici e di nutrizione adeguati. Questo, insieme a una raccolta scalare, fa un'enorme differenza".
E infine, Gianluca segnala: "Le istituzioni dovrebbero indurre la grande distribuzione e i commercianti/dettaglianti ad adottare prezzi al consumatore regolati in percentuale dai prezzi di acquisto. Per evitare che merce scadente o calibri piccoli possano essere venduti a prezzi esagerati. Ad esempio, se compro a 0,50 euro nei mercati ortofrutticoli non posso rivendere a 1,50 euro, ma al massimo con una maggiorazione del 45-50%. Il guadagno in rapporto ai costi di acquisto aiuterebbe a portare sulle tavole degli italiani più qualità, cosa che innescherebbe un circolo virtuoso".