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A cura di Carlo Nicotra (Avoconsult Associated Study)

Papaya, 16 mesi di sperimentazione in serra fredda in regime biologico: primi risultati, Sicilia

Un interesse sempre crescente da parte del mercato europeo, unitamente a prezzi altamente remunerativi hanno stimolato già diversi anni fa alcuni agricoltori spagnoli a riconvertire a papaya alcune serre fredde precedentemente dedicate a ortaggi. Il passaggio successivo a serre di adeguata altezza, specificamente progettate per sfruttare appieno le possibilità produttive della specie, è stata una scelta obbligata, peraltro ben supportata anche sul piano della tecnica colturale da vari istituti di ricerca spagnoli.

Da noi, come ben sappiamo, il supporto agli agricoltori mediante i giusti indirizzi è un concetto alquanto estraneo per gran parte degli Istituti preposti allo scopo, salvo poi per alcuni arrivare a tavola imbandita e con alcuni decenni di ritardo, cercando di accaparrarsi meriti e primogeniture.

Prendere quindi atto di una realtà produttiva in continua e rapida evoluzione, cogliere gli stimoli innovativi che arrivano anche da altri Paesi, e darsi da fare investendo in proprio, costituiscono forse le uniche scelte che gli agricoltori hanno per non restare in situazioni stagnanti.

Da sinistra a destra: piantine a dimora 20 giugno 2017, a fine agosto 2017, pianta con fiori e frutti, a tre mesi dalla messa a dimora (Foto: Carlo Nicotra)

La prova di coltivazione in serra fredda, iniziata nella primavera 2017, è stata realizzata in un azienda del versante orientale dell'Etna a circa 200 metri di altitudine s.l.m., utilizzando una vecchia struttura a capannina in pali di cemento e legno, coperta con film plastico in polietilene a lunga durata. L'area può considerarsi esente da gelo; le nevicate degli ultimi anni non hanno creato problemi di rilievo.

Il terreno è tipicamente vulcanico, sciolto con buona presenza di scheletro e un franco di coltivazione variabile. L'acqua irrigua proveniente da una sorgente d’alta quota, come altre nell'area, ha una buona salinità complessiva e un buon equilibrio dei suoi componenti, compatibile con le esigenze della specie. Le piante sono state disposte a circa 2-2,50 metri l'una dall'altra a triangolo, sesto definitivo.

Nelle scelte varietali ci si è orientati verso varietà a sviluppo contenuto, con inizio fioritura a 50-60 cm dal suolo; come orientamento generale, peraltro, per sfruttare al massimo le potenzialità produttive in serra, sono state eliminate varietà e piante che non rispondevano alle caratteristiche volute.

Non abbiamo volutamente eliminato le piante a fiori femminili (presenti in una percentuale alquanto ridotta rispetto a quelle a fiore ermafrodita) anche se danno frutti di minore pregio.

Nella foto a sx, pianta a fiori femminili: si notino i frutti in basso, piccoli e deformati a causa di alcune micro carenze manifestatasi nella primavera 2018. Il problema è stato risolto con interventi mirati di prodotti ammessi in biologico. Il frutto in alto, come si può vedere, è di forma e dimensioni nella norma. Al centro, pianta con frutto ermafrodita allungato. A dx: frutto carpeloide.

La produzione di papaya in regime biologico non è priva di ostacoli oggettivi da superare considerando che, nelle coltivazioni convenzionali in varie parti del mondo, si utilizzano abbondantemente fungicidi e insetticidi con interventi continui e ravvicinati nel tempo per contrastare frequenti patologie e attacchi parassitari.

Sono state attuate, quindi, alcune misure preventive necessarie per una produzione biologica, in particolare nei confronti di alcune patologie che affliggono la specie (marciumi vari, phytophthora sp., tra le altre):

  • piccole baulature lungo la fila;
  • impianto irriguo con manichette forate con gocciolatoi ad avanzamento ridotto, tenendo conto delle particolarità del terreno e della conseguente limitata espansione (sono in ogni caso sconsigliati i sistemi ad aspersione);
  • interventi preparatori per facilitare l’azione dei funghi antagonisti già presenti e da inoculare;
  • inoculo di funghi antagonisti e micorrize;
  • sporadici interventi mirati con prodotti a base di rame e zolfo;
  • contenimento delle erbe spontanee attraverso scerbature come misura preventiva per il controllo dei parassiti.

Da segnalare un attacco di acari, affrontato con ottimi risultati utilizzando una miscela di oli e prodotti naturali già sperimentata in campo da tempo su altre specie.

A sx, varietà di pregio innestata su varietà resistente a marciumi, virosi e basse temperature. Nella foto al centro, pianta innestata con i primi fiori. A dx, impollinazione guidata.

Di norma, per avere una percentuale di piante a fiore ermafrodita che superi il 90%, si mettono a dimora tre-quattro piante da seme ravvicinate per buca e, in fase di fioritura, se ne lascia una a fiore ermafrodita e si eliminano le altre con un taglio alla base.

La pratica di collocare molte piante selezionandole successivamente, comporta un investimento sensibile: si stanno perciò tentando diverse strade nei paesi produttori per ovviare al problema. Nella primavera del 2018 abbiamo iniziato delle prove d’innesto, prelevando marze da piante a fiore ermafrodita e utilizzando come porta innesto una varietà di papaya con caratteristiche di maggiore tolleranza alle basse temperature, buona resistenza a marciumi e virosi, sviluppo contenuto.

L'obiettivo del test è di ottenere contemporaneamente piante più resistenti, omogenee a frutto ermafrodita (si eliminerebbe così il problema di mettere quattro piante per buca), prelevando ovviamente il materiale dai soggetti con le migliori performance (produttività, fioritura precoce, resistenza, ecc.). Aspetto negativo, la produzione di piante innestate è al momento alquanto costosa. Altra strada che stiamo seguendo è l’impollinazione guidata, partendo da piante ermafrodite di buona produzione, bassa percentuale di carpeloidia, esenti da infermità.

Fiore da pianta ermafrodita; fiore da pianta femmina; pianta ermafrodita a cinque mesi dalla messa a dimora.

Una pianta ermafrodita può avere diversi tipi fiori: quello che a noi interessa maggiormente è il tipo così detto allungato con dieci stami e ovario allargato, che dà appunto un frutto ovale allungato di maggior pregio. Da considerare comunque che le condizioni ambientali, e in particolare gli sbalzi di temperatura o i traumi, possono modificare temporaneamente il sesso di una pianta con alcune forme fiorali di transizione indesiderate.

Conclusioni
Le varietà di maggiore interesse commerciale sono estremamente sensibili agli abbassamenti termici, sono pertanto da escludere aree dove tali abbassamenti non siano episodici e di breve durata. I terreni ideali per la papaya sono quelli molto sciolti, tessitura franco-sabbiosa, ricchi in sostanza organica, con una componente argillosa minima e un ph sub acido-neutro, nei terreni sub alcalini sono opportuni interventi di correzione.

Il fenomeno della carpeloidia (frutto deforme inadeguato al commercio), dovuto a temperature inadeguate in fase di fioritura, è stato di scarso rilievo. Si è altresì manifestata una episodica sterilità e caduta dei fiori causata da alcuni momentanei picchi di temperatura superiori ai 30 °C. Assume grande importanza per attenuare tali fenomeni evitare deficit o eccessi idrici: è necessaria quindi un'attenta valutazione su frequenze e volumi dei turni irrigui, da adattare in base alle condizioni climatiche del periodo. Per sfruttare al meglio le potenzialità produttive della specie bisogna orientarsi su varietà con inizio fioritura a 50-60 cm di altezza e utilizzare serre di altezza non inferiore a m. 4,5-5.

Per maggiori informazioni:
Carlo Nicotra
Avoconsult Associated Study
Catania
Email: avoconsult@aguacate-vivai.it
Web: www.aguacate-vivai.it/Home1/index.htm

Data di pubblicazione: