"Il quadro che emerge dalla retrospettiva degli ultimi anni è molto buio - ha spiegato Giovanni Lambertini, presidente della sezione Pomodoro da industria di Confagricoltura Emilia Romagna al tavolo agricolo tenutosi, lo scorso 10 gennaio, a Parma e dedicato all'avvio della trattativa per la campagna del pomodoro da industria - Le aziende agricole, quando è andata bene, hanno a mala pena coperto i costi produttivi, anche la scorsa campagna si è chiusa in perdita e gradualmente si va verso un nuovo orientamento delle produzioni, destinando minori superfici a pomodoro".
A confermare tale tendenza ci sono anche i dati produttivi, che tracciano una progressiva disaffezione alla coltura, con un calo, nel 2018, del 6% degli ettari dedicati. "Avanti così e la filiera non reggerà", ha rimarcato Lambertini.
A essere sotto scacco è uno dei più importanti comparti dell'agroalimentare italiano: a livello nazionale, sono stati 61mila gli ettari destinati alla coltura, 4,6 milioni le tonnellate di pomodoro trasformato. In tutta Europa, il 50% del pomodoro si lavora in Italia; e il 14% della produzione mondiale di pomodoro si fa in Italia. L'Emilia-Romagna, anche nel 2018, è stata la regione con la quota più consistente di superfici coltivate a pomodoro da industria, pari a 24.140 ettari (Piacenza con 9.962 ettari è capofila).
"Se la trattativa non porterà a un riposizionamento significativo del prezzo alla produzione - continua Lambertini - proseguirà il calo delle superfici dedicate e non si riusciranno a garantire i quantitativi necessari al pieno funzionamento degli stabilimenti di trasformazione. E' indispensabile rivedere i criteri di contrattazione lungo la filiera, ma soprattutto nei confronti dell'industria".
Se si pensa che un piatto abbonante di pasta al pomodoro (considerando un costo medio della pasta di € 1,20/kg e della passata di pomodoro di € 2,00/kg) al consumatore costa 28 centesimi, anche un incremento del 30% del costo della passata non inciderebbe sulla possibilità di garantire un pasto a costi contenuti (rimanendo comunque sotto i 33 centesimi). Per contro, questi cinque centesimi in più rappresenterebbero la sopravvivenza di settore.
"Prima di tutto va riconosciuta alla produzione la giusta marginalità; inoltre, deve cessare l'uso discriminatorio che si è troppo spesso fatto delle tabelle qualitative, divenute uno strumento per cercare di riposizionare i prezzi in funzione dell'andamento stagionale. Dato che tutta la filiera concorda sull'importanza dell'aspetto qualitativo, torniamo a chiedere che vengano adottati parametri condivisi chiari, oggettivi ed eventualmente garantiti da enti terzi", conclude il presidente della sezione Pomodoro da industria di Confagricoltura Emilia Romagna.
Fonte: EFA News