
Sottoscriviamo in particolare ogni parola del passaggio dell'articolo pubblicato da Repubblica.it in cui si afferma: "Il Governo e la politica economica del Paese non possono basarsi sui "sentimenti" o sulle opinioni, invece che su fatti scientificamente validati. Nell'interesse del Paese le decisioni devono essere prese confrontando fatti, numeri e statistiche. Queste sono le regole del confronto scientifico, ma in ultima istanza anche democratico. Altrimenti è come se Galileo Galilei non fosse nemmeno nato e non avessimo ancora capito cosa ha permesso di triplicare l'aspettativa di vita, curare malattie, riscaldare le case, andare sulla Luna, etc."
L'emotività e irrazionalità che hanno dominato il dibattito sugli OGM è innegabile. Ha sempre prevalso, su questo tema, soprattutto da parte dei vertici politici nazionali, più l'esigenza di non scontentare un'opinione pubblica disinformata che non la tutela dell'avanguardia scientifica che l'Italia vantava in materia. Sì, perché noi eravamo, come ricorda Elena Cattaneo: "alla frontiera nelle biotecnologie vegetali. I progetti giacciono da 15 anni chiusi nei cassetti dei laboratori delle nostre Università pubbliche (non di multinazionali). Singolare un Paese che uccide la propria innovazione agitando spauracchi privi di analisi approfondite dei rischi e dei benefici".
Una ricerca pubblica alla quale sono state tarpate le ali (ricordiamoci il rogo delle piante OGM presso l'Università della Tuscia due anni fa! - leggi qui) e che avrebbe potuto invece rappresentare non soltanto una valida alternativa ad interessi privati in questo campo, ma anche una "via sostenibile" al biotech.