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Di Rossella Gigli

Finalmente anche la stampa generalista apre un dibattito (vero) sugli OGM

Dopo anni di pensiero unico, di insulti alla scienza e al progresso tecnologico, di paure irrazionali fomentate ad arte e di ipocrisia, finalmente il tema degli OGM-Organismi geneticamente modificati approda sulle pagine del primo giornale generalista italiano (La Repubblica) in chiave critica e orientata all'avvio di un reale dibattito sull'eventualità che stiamo gettando via il bambino insieme all'acqua sporca.

Quasi non credevamo ai nostri occhi nel leggere, a firma della docente e senatrice Elena Cattaneo, l'articolo intitolato "Vietare gli Ogm è un grave danno. Non ci sono prove che siano nocivi" apparso sul numero di Repubblica.it lo scorso 4 ottobre 2014 (clicca qui) e nel quale si dà conto del fatto che, dopo 15-20 anni dall'introduzione di coltivazioni geneticamente modificate nel mondo, nessuna argomentazione di rilievo scientifico né alcuna prova oggettiva è emersa in merito ad una loro presunta nocività o pericolosità. Anzi, come da sempre affermiamo anche noi, OGM E BIOLOGICO potrebbero perfettamente convivere e coesistere!

Sottoscriviamo in particolare ogni parola del passaggio dell'articolo pubblicato da Repubblica.it in cui si afferma: "Il Governo e la politica economica del Paese non possono basarsi sui "sentimenti" o sulle opinioni, invece che su fatti scientificamente validati. Nell'interesse del Paese le decisioni devono essere prese confrontando fatti, numeri e statistiche. Queste sono le regole del confronto scientifico, ma in ultima istanza anche democratico. Altrimenti è come se Galileo Galilei non fosse nemmeno nato e non avessimo ancora capito cosa ha permesso di triplicare l'aspettativa di vita, curare malattie, riscaldare le case, andare sulla Luna, etc."

L'emotività e irrazionalità che hanno dominato il dibattito sugli OGM è innegabile. Ha sempre prevalso, su questo tema, soprattutto da parte dei vertici politici nazionali, più l'esigenza di non scontentare un'opinione pubblica disinformata che non la tutela dell'avanguardia scientifica che l'Italia vantava in materia. Sì, perché noi eravamo, come ricorda Elena Cattaneo: "alla frontiera nelle biotecnologie vegetali. I progetti giacciono da 15 anni chiusi nei cassetti dei laboratori delle nostre Università pubbliche (non di multinazionali). Singolare un Paese che uccide la propria innovazione agitando spauracchi privi di analisi approfondite dei rischi e dei benefici".

Una ricerca pubblica alla quale sono state tarpate le ali (ricordiamoci il rogo delle piante OGM presso l'Università della Tuscia due anni fa! - leggi qui) e che avrebbe potuto invece rappresentare non soltanto una valida alternativa ad interessi privati in questo campo, ma anche una "via sostenibile" al biotech.