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Uno stimolante dialogo tra FreshPlaza e i suoi lettori sul tema dei brevetti vegetali

Ringraziamo tutti i nostri lettori per il vivo interesse manifestato nei confronti del nostro editoriale di ieri mattina dal titolo: "Ma a chi conviene gettare la croce addosso alla ricerca e all'innovazione varietale in agricoltura?" Molti i commenti giunti in Redazione, che hanno dato vita ad uno stimolante dialogo su un tema unanimemente riconosciuto di grande complessità e che andrebbe affrontato senza generalizzazioni.

L'agronomo Dario Caccamisi è intervenuto interrogandosi sul rischio di "monopolizzare il know-how del cibo a livello globale" scrivendo: "I brevetti portano a monopolio? Se così fosse, credo dovremmo guardarli con sospetto. Se rimangono all'interno di un libero mercato in cui occupano un segmento a fianco di altri in cui l'accesso al know-how varietale è libero, sono invece elementi di stimolo al miglioramento complessivo."

A tale proposito, in relazione al ruolo, sottolineato da FreshPlaza, di una politica agricola che finanzi la ricerca pubblica proprio al fine di evitare posizioni dominanti e alla constatazione che i tempi e i modi di tale politica ben poco collimano con l'attuale ritmo di incremento demografico, ancora Caccamisi osserva: "E' necessaria una politica agricola globale che possa trovare la giusta soluzione d'equilibrio. Bertrand Russell ha affrontato il tema del governo globale ormai oltre cinquant'anni fa e non molto è migliorato da allora... Un'utopia?".

Una testimonianza su progetti di ricerca pubblici poi vanificati è giunta dal nostro lettore Gaetano Manna, il quale ha scritto: "Esisteva un progetto di ricerca di nuove cultivar e per migliorare la specie esistente con l'Istituto Sperimentale di Frutticoltura, il CNR e il Ministero dell'Agricoltura. La sperimentazione, i vari vivai con nuovi innesti, dovevano essere fatti su beni confiscati, confinanti con un centro ricerche di oltre 25 ettari. Ad aprile 2009, tutto è andato perso."

Nel dialogo con la Redazione è intervenuto anche Carlo Dalmonte degli omonimi vivai, il quale ha segnalato il limite di inchieste televisive che fanno leva sull'emotività del pubblico, evitando accuratamente un contraddittorio con la comunità scientifica. Una posizione con la quale si sono detti concordi anche Maurizio Ventura della Sun World e Francesco Donati.

Ventura commenta: "Mi consola solo il fatto che è facile riconoscere quanto è stato fazioso il servizio. A me ha colpito molto la mancanza di una domanda: perché i produttori si ostinano a piantare soia e colza round up ready o riso clearfield o mele "un po' più gialle o un po' più rosse"? Come mai non hanno mai chiesto "ma perché coltivate queste nuove varietà brevettate"?"

Donati, a sua volta, scrive: "Ben vengano dibattiti scientifici, magari comprendenti scienziati non di parte e con i tempi a disposizione necessari: posso comprendere che per i non addetti ai lavori non creeranno sensazionalismi, ma saranno molto utili a chi veramente interessato e con la mente sgombra da pregiudizi."

Più preoccupata la posizione di Leo Gavorrano, il quale ricorda come la trasmissione televisiva abbia in realtà voluto porre i riflettori - con un colpevole ritardo di almeno venti anni, secondo il nostro lettore - sugli organismi geneticamente modificati (OGM) e sul rischio di monopolio e contaminazione ad essi legato. Al nostro lettore rispondiamo che mettere in uno stesso calderone televisivo la zucchina "ibrida", la mela "club" e la soia "OGM" può solo creare confusione e ulteriore disinformazione presso il largo pubblico.

Sul rischio di "omologazione" delle coltivazioni e di perdita di biodiversità, con conseguente esposizione delle produzioni agricole a fitopatie e parassiti, tanto più virulenti in colture a scarsa variabilità genetica, è intervenuto l'agronomo Filippo De Martino, scrivendo: "Lavoro con le banane, settore completamente in F1, da tanti anni, e guarda caso da qualche tempo ci si affretta a recuperare i semi di varietà di banane (conservati poi in Belgio germogliati in gel) proprio perché le fitopatie presenti prendono il sopravvento e rischiano di uccidere tutte le piante; la sorte della banana Gross Mitchell insegna. Si rischiano di perdere tutte le varietà esistenti di preziosissimi vegetali e di diventare dipendenti dalle grandi multinazionali." A lui FreshPlaza risponde che preservare la biodiversità è cruciale se vogliamo davvero sfamare il mondo; riteniamo tuttavia che le stesse aziende sementiere abbiano altrettanto a cuore questo aspetto. Non esiste infatti alcun breeding senza una banca genetica quanto più ampia e diversificata possibile.

In merito ai benefici derivanti all'agricoltura dalla ricerca scientifica e dell'innovazione varietale sono intervenuti Fernando Di Chio e Ferdinando Punturiero (responsabile az. agr. Chindamo Maria). Il primo ha scritto: "Rammento sempre l'opera compiuta da dott. Strampelli nel miglioramento genetico del frumento duro che oggi ci permette di coltivare varietà capaci di produrre fino a 100 ql di grano. In ogni caso c'è il problema di fondo che nel settore agricolo tutti si sentono in grado di esprimere un giudizio, anche chi non ne ha le competenze e tende a dare un'immagine errata di quello che è il mondo della ricerca e del miglioramento genetico."

A sua volta, Ferdinando Punturiero ha portato la sua testimonianza come coltivatore, relativamente ai vantaggi dell'adozione di prodotti agricoli brevettati: "Coltivo con successo un actinidieto della varietà Jintao, sono seguito costantemente da un agronomo incaricato e a spese del Consorzio, il quale non solo mi indica la migliore strategia colturale, ma mi vieta categoricamente di usare prodotti non registrati sulla coltura o non utilizzabili perché non rientro con i tempi di carenza per la raccolta. Per non parlare del controllo sanitario, che è continuo e costante. Penso che i prodotti brevettati siano un valido aiuto alla nostra agricoltura in ginocchio da tempo, ma la filiera deve essere completa, dalla pianta alla vendita dei frutto."

Apprezzamento per il dibattito aperto ieri da FreshPlaza è stato manifestato dal Prof. Raffaele Testolin, dell'Università degli Studi di Udine, il quale ha scritto: "Nell'articolo a commento della trasmissione Report sono state riassunte le perplessità di molti che lavorano nella ricerca e nella selezione di nuove varietà. Grazie anche a nome di altri colleghi."