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Produzione nazionale in grado di supplire solo al 50% dei consumi

Patate italiane sempre piu' rare, ma il mercato pare non accorgersene

L'Italia produce solo la metà delle patate che consuma. Eppure i prezzi del prodotto non sempre risultano in linea con le aspettative dei produttori. La gestione potrebbe essere migliore. Il futuro però, anche nel breve periodo può offrire buone soddisfazioni.

Lo afferma Roberto Cera (in foto), presidente della coop Patfrut di Molinella (Bologna). "La qualità del prodotto 2017 - dichiara il presidente - è stata molto buona, anche perché i nostri soci hanno scavato con qualche accorgimento in relazione alle alte temperature. I prezzi finora non sono stati molto elevati, ma siamo ottimisti per le prossime settimane perché la richiesta è in continuo aumento. Non dimentichiamo che l'Italia produce il 50% di quanto consuma e, in linea di massima, il consumatore preferisce il prodotto italiano".

Una conferma che è arrivata anche da Gabriele Ferri, direttore di Naturitalia, durante il convegno "La pataticoltura bolognese compie 200 anni. La competitività e la sostenibilità della filiera. Modelli organizzativi e strategie a sostegno del reddito degli agricoltori" organizzato a Molinella (BO) dalla cooperativa ortofrutticola Patfrut in collaborazione con Naturitalia e con il contributo di Emil Banca.


Un momento del convegno; in piedi, il ministro Gianluca Galletti

"Tra le caratteristiche privilegiate dal nostro consumatore quando acquista patate – ha dichiarato Ferri – troviamo in testa alla classifica la freschezza e la qualità, seguite da provenienza italiana, bontà/gusto, certificazione e sicurezza alimentare, informazioni sull'etichetta, controlli di filiera".

"I consumi di patate in Italia sono per il 35,8% extradomestici e per il 64,2% di tipo domestico, questi ultimi così suddivisi per quanto riguarda i diversi canali commerciali: distribuzione organizzata 59%, distribuzione tradizionale 37%, vendita diretta 4%. Da segnalare la grande trasformazione registrata in poco più di 15 anni, considerando che se nel 2000 il 62% del prodotto veniva acquistato nel dettaglio tradizionale e il 36% presso la distribuzione organizzata, nel 2016 le proporzioni si sono praticamente invertite con il 62% acquistato presso la distribuzione organizzata e il 38% presso il dettaglio tradizionale".


Da sinistra, Matteo Passini, vice direttore Emil Banca; Dario Mantovani, sindaco di Molinella, Gabriele Ferri, Naturitalia; Roberto Cera di Patfrut; Arnaud Delacour, (UNPT); Fausto Bosca (UNAPA); Davide Pasini, Patfrut.

"Anche alla luce di questo andamento – ha concluso Ferri – è sempre più indispensabile raggiungere un buon livello di aggregazione e concentrazione dell'offerta per poter garantire un'adeguata risposta economica ai produttori".

Arnaud Delacour, presidente dell'Unione Nazionale dei Produttori di Patata francesi (UNPT), ha fornito una fotografia dettagliata della pataticoltura d'oltralpe, che interessa una superficie di oltre 125.000 ettari da cui si ottiene una produzione superiore ai 6 milioni di tonnellate (stime 2017). "La nostra Unione nazionale – ha sottolineato Delacour – raggruppa tutti i produttori francesi attivi in quattro mercati: patate novelle, patate da consumo fresco, prodotto da trasformazione e da fecola. I programmi di investimento si concentrano in particolare su qualità, tecniche di stoccaggio del prodotto a basso impatto ambientale, protezione integrata e agricoltura di precisione".

Il direttore dell'Unione Nazionale Produttori Patate italiana (UNAPA), Fausto Bosca, ha sottolineato che i produttori continuano a credere e a investire nella patata nonostante a livello comunitario questo sia considerato un prodotto di seconda classe.



"La Politica Agricola Comune – ha aggiunto Bosca – ha previsto appositi strumenti di difesa del reddito dei produttori, da adottare nei momenti di squilibrio tra domanda e offerta, per tutte le produzioni tranne che per le patate. Una lacuna a cui hanno cercato di ovviare i singoli Stati membri intervenendo con risorse proprie che hanno permesso di siglare importanti accordi interprofessionali. Ma dal 2011 anche questa strada è stata abbandonata, in quanto la UE ha decretato che i Paesi dell'Unione non potevano più destinare risorse a tale scopo. A questo punto, quando il mercato non assorbe il prodotto e i prezzi diminuiscono rapidamente e sensibilmente, il settore si trova completamente sprovvisto di strumenti in grado di salvaguardare il reddito dei produttori".

In questa situazione, diventa naturale chiedersi se c'è ancora un futuro per la pataticoltura in Italia. A tale proposito, Bosca ritiene che il nostro Paese possieda interessanti peculiarità che inducono all'ottimismo.

Innanzitutto, i consumatori tendono sempre di più a privilegiare l'origine del prodotto; in secondo luogo, grazie alla sua particolare conformazione ed alla diffusione della pataticoltura da Nord a Sud, l'Italia ha la prerogativa di poter garantire prodotto fresco per ben 10 mesi all'anno. Infine, per il consumatore italiano la produzione nazionale garantisce un elevato livello di sicurezza alimentare grazie alle norme decisamente più severe in vigore nel nostro Paese rispetto a quelle applicate dagli altri Stati europei.