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La coltivazione del pomodoro su lana di roccia: una scienza esatta dove nulla puo' essere lasciato al caso

La coltivazione di ortaggi (in specie pomodoro) in fuorisuolo è una tecnica che dispone oggi di notevoli mezzi tecnici, ma senza l'adeguato know how si può incorrere in confusione, con il rischio di effettuare scelte non adeguate che potrebbero compromettere l'esito della coltivazione impedendo il raggiungimento degli obiettivi fissati in termini di quantità e qualità.

Grazie al dott. agronomo Alessandro Montanarella, vogliamo oggi porre sotto i riflettori la coltivazione di pomodoro su substrato del tipo lana di roccia.

La scelta del substrato
Sul mercato esistono essenzialmente due aziende che producono lana di roccia e, nel loro catalogo, dispongono di diverse tipologie di lastre per differenti applicazioni.

La lastre di lana di roccia si differenziano essenzialmente per densità espressa come kg/mc e orientamento delle fibre. La densità ha come principale effetto la determinazione del punto di saturazione (analogia molto stretta con la capacità di campo da un punto di vista agronomico) oltre la quale si ha drenaggio fermo restando la giusta strategia irrigua. L'orientamento delle fibre ha invece una forte influenza sulla reattività della lastra stessa che consente di alternare in tempi rapidi condizioni di basso contenuto idrico a condizioni di massima saturazione.

La dinamica dell'acqua all'interno della lastra e quindi il contenuto di acqua e la sua variazione influisce notevolmente sull'equilibrio vegetativo / riproduttivo della pianta: la sua conoscenza e la conseguente gestione ne fanno un ineguagliabile strumento di controllo della coltivazione.

Come scegliere la lastra ottimale
L'errore maggiore che si può commettere è quello di fare una scelta economica e non tecnica. Va sottolineato che è sufficiente un frutto per pianta per ciclo per azzerare la differenza di costo tra la lastra più economica rispetto a quella più costosa. Il prezzo delle lastre varia in base alla loro densità e quindi in base al loro contenuto di fibre.

Per accedere a una matrice di orientamento basata su aspetti esclusivamente tecnici cliccare qui.

La scelta della lastra giusta è fondamentale per il controllo del comportamento di base della pianta geneticamente determinato.

Il Cubo
La scelta del cubo che spesso è lasciata al vivaista assume analoga importanza o addirittura superiore a quella della lastra, in quanto parliamo di materiale vegetale giovane in piena fase di formazione. Quanto più è grande la pianta da trapiantare, maggiore è l'importanza della scelta del cubo.

Si consideri che in vivaio la pianta può crescere nel cubo anche 40 - 50 giorni il che vuol dire circa il 13- 15 % dell'intero ciclo. Durante questo periodo il cubo rappresenta l'unico substrato disponibile e quindi assume la funzione della lastra.

Anche in questo caso le aziende produttrici dispongono di vari tipi di cubi che si differenziano per densità e orientamento delle fibre e la cui scelta, come per le lastre, deve variare per regione, tipologia di pianta ed epoca di semina.

Il volume di substrato per pianta
Un aspetto molto interessante da valutare è il volume di substrato in litri per pianta o per mq. E' un parametro importante in quanto deve garantire la giusta riserva idrica per la coltivazione e deve avere dimensione tale da poter garantire il controllo dell'equilibrio della pianta.

Un volume troppo grande e saturato non consente di avere le variazioni necessarie per il controllo dell'equilibrio della pianta che di presenterebbe molto vegetativa. Al contrario un volume ridotto favorisce un comportamento troppo generativo.

La scelta deve comunque avvenire tra 7 e 9 litri per metro quadro di serra, tale valore corrisponde in modo abbastanza verosimile con il fabbisogno idrico giornaliero della coltura in condizioni di massima evapotraspirazione.


Sopra (strategia errata) e sotto (strategia corretta): le immagini evidenziano in maniera inequivocabile che una strategia irrigua errata può vanificare completamente la scelta della lastra o esaltarne le sue caratteristiche, con ovvie ripercussioni sulla coltivazione.



I fori di drenaggio
La logica dei fori di drenaggio è quella di creare moduli costanti costituiti da cubo, gocciolatoio e foro di drenaggio. In caso per esempio di lastra con 4 cubi, andrebbe praticato un foro su ciascun lato della lastra, dopo ogni cubo, in maniera da avere 8 fori in totale, con gli ultimi due nella parte bassa della pendenza.


Confronto tra drenaggio corretto (sopra) e scorretto (sotto).



Avendo più fori, il drenaggio sarà evacuato più rapidamente e questo comporta un effetto positivo sulla riduzione dell'imbrunimento delle radici. Il drenaggio costituirà una differenza sia nella quantità che nella qualità dell'alimentazione della pianta a valle.

L'allevamento delle radici
Lo sviluppo ottimale dell'apparato radicale, così come per la pianta, è una tecnica colturale precisa e fondamentale che inizia nel momento del trapianto e va seguita durante tutto il ciclo di coltivazione.


Piante di due settimane: il cosiddetto "cono di umettamento" deve essere abbastanza ampio in maniera tale da congiungersi con quello del gocciolatoio successivo.

Una giusta impostazione iniziale della struttura radicale si evolverà in un apparato estremamente efficiente con risvolti molto positivi sul controllo delle maggiori fisiopatie come marciume apicale e spaccatura delle bacche.

Per ulteriori info tecniche su: dose ottimale al gocciolatoio, irrigazione, drenaggio, etc.
si prega di contattare:
Dott. Agr. Alessandro Montanarella

Via Chiuchiari, 21 85025 Melfi (PZ)
Tel. / fax: (+39) 0972 237437
Mob. (+39) 348 0917062
Email: montanarella@libero.it
Data di pubblicazione: