
"Fra i compiti dei Centri di saggio – esordisce il presidente – vi è quello di seguire l'iter per la registrazione di una nuova molecola. Prima che possa essere licenziato un nuovo agrofarmaco, passano molti anni, in media 9. Noi effettuiamo tutte le prove necessarie per raccogliere tutti quei dati che, poi, finiranno in etichetta. Ad esempio, dosi e tempi di carenza. E' un compito delicato: per questo i Centri di saggio si rifanno ai Ministeri delle Politiche agricole e della Salute per ottenere le certificazioni necessarie".

Quando una casa produttrice sintetizza una molecola nuova, parte l'iter per la registrazione. In genere la prima parte di screening avviene nel centro di ricerca dell'azienda. Poi si deve valutare la tossicità della molecola e, se supera questo ostacolo, si passa alle prove in campo per tossicità reale, efficacia, residui, caratterizzazione chimico-fisica.
Ma quello che gli agricoltori, e soprattutto i consumatori si chiedono, è: "questi prodotti sono sicuri"? Bergaglio non ha dubbi. "Quando una molecola ha superato tutte le prove, e se vengono rispettate tutte le indicazioni dell'etichetta - specie sulle modalità di distribuzione, dosi e tempi di carenze - posso affermare che la sicurezza è massima".
E qui entra in gioco la responsabilità degli agricoltori. Ad esempio, tutte le prove in campo da parte dei Centri di saggio, che per ogni singola molecola durano almeno un paio di stagioni, vengono effettuate in parcelle controllate, con strumentazione perfettamente efficiente e a taratura controllata. Occorre quindi che gli agricoltori poi eseguano i trattamenti in condizioni, se non di perfezione, almeno di buon livello. Ecco perché la taratura degli atomizzatori è importante.
"Un Centro di saggio – conclude il presidente – verifica anche l'efficacia della molecola, così da stabilire la dose minima possibile per avere efficacia". E, a dosi più basse, ne traggono beneficio sia l'ambiente, sia le tasche degli agricoltori.
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Stefano Bergaglio
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