Trump ha già messo in discussione molti dei cardini della precedente politica globale degli States: a cominciare dalla NATO, in merito alla quale ha dichiarato "non ha senso impegnarsi in giro per il mondo per poi registrare 800 miliardi di dollari di deficit commerciale". Il nuovo presidente degli Stati Uniti, del resto, è un uomo d'affari e guarda al ritorno in soldoni di ogni questione. Non lo interessano le operazioni diplomatiche, ma la sostanza (del portafoglio).
Al che si potrebbe pensare che Trump sia un liberista, o un sostenitore degli accordi commerciali: tutto il contrario. Sul NAFTA, per esempio - l'accordo di libero scambio che alleggerisce le barriere tra USA, Canada e Messico - Donald Trump ha usato parole forti, definendolo "il peggior accordo commerciale mai siglato" perché sarebbe costato la perdita di molti posti di lavoro negli Stati Uniti. Non è un caso che, alla notizia dell'elezione di Trump, la moneta messicana sia crollata nei confronti del Dollaro (-13%, il calo peggiore in 20 anni).
Insomma il neopresidente statunitense è la più perfetta espressione di tutti i timori e le incertezze di una classe media (la cosiddetta "maggioranza silenziosa"), fortemente tentata di chiudersi a riccio nei confronti del resto del mondo e di rimettere in discussione decenni di globalizzazione.
Staremo a vedere in che misura la politica di Trump disconnetterà gli Stati Uniti dall'intervento nelle aree geopolitiche più delicate (come il Medio Oriente) e che effetti avrà sui vari trattati ancora in fase di negoziazione (TTIP compreso), nonché sull'embargo russo.