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Intervista a Gualtiero Roveda, avvocato di Fruitimprese

DDL contro il caporalato: se non cambia, tutti gli imprenditori sono a rischio denuncia

Decreto sul caporalato e lavoro nero: si può ampiamente migliorare. Nel corso di questa settimana alla Camera, in sede consultiva, per il parere alle Commissioni riunite II Giustizia e XI Lavoro, proseguirà l'esame del disegno di legge sulle Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo.

Le Associazioni stanno seguendo l'iter parlamentare con attenzione per alcune criticità rilevate nel testo approvato al Senato. L'avvocato Gualtiero Roveda è stato designato dall'associazione Fruitimprese per seguire i lavori del Parlamento in una Commissione che si sta istituendo.

FreshPlaza (FP) - Avvocato, il disegno di legge in materia di contrasto allo sfruttamento del lavoro in agricoltura, dopo l'approvazione al Senato, comincia in questi giorni il suo iter alla Camera. Qual è il suo giudizio?
Gualtiero Roveda (GR) - L'iniziativa del Governo è lodevole. Le condizioni del lavoro rappresentano uno degli indici per misurare la civiltà di una nazione. Poste queste debite premesse è, tuttavia, mio dovere segnalare rilevanti criticità nel testo licenziato dal Senato il primo agosto scorso. La relatrice del provvedimento, Maria Grazia Gatti, ha evidenziato che il caporalato in agricoltura è un fenomeno "complesso e multiforme che, secondo le stime coinvolge circa 400mila lavoratori in Italia, sia italiani che stranieri"; "è diffuso in tutte le aree del paese e in settori dell'agricoltura molto diversi dal punto di vista della redditività". E' anche vero, però, che i migranti occupati nelle campagne del nostro Mezzogiorno sono regolari nella maggior parte dei casi. Quando è stata emanata la cosiddetta "legge Rosarno", si dava attuazione alla direttiva europea che chiedeva agli Stati membri di introdurre norme che sanzionassero i datori di lavoro che impiegavano cittadini di paesi terzi presenti irregolarmente sul territorio.

FP - Guardando la tv spesso sembra che tutti gli immigrati vengano sfruttati, mentre non è così…
GR - Infatti l'esistenza di manodopera straniera nel settore agricolo è ormai un dato di fatto talmente consolidato che nel report di MEDU (Medici per i Diritti Umani) viene rilevato come il 93% dei braccianti incontrati risieda in maniera assolutamente regolare nel nostro Paese. Il provvedimento passato alla Camera si propone di rafforzare gli strumenti di contrasto civili e penali, colpendo i patrimoni con la confisca e rendendo più forte la rete del lavoro agricolo di qualità. In particolare, l'articolo 1 modifica l'articolo 603-bis del codice penale prevedendo la pena della reclusione da uno a sei anni per l'intermediario e per il datore di lavoro che sfrutti i lavoratori approfittando del loro stato di bisogno; se i fatti sono commessi mediante violenza e minaccia, la pena aumenta da cinque a otto anni ed è previsto l'arresto in flagranza. E' la riscrittura di questo articolo che solleva le maggiori perplessità.



FP - L'inasprimento delle pene spaventa le Organizzazioni?
GR - No. Al contrario, le Associazioni sarebbero ancora più severe nei confronti di chi costringe persone in difficoltà a stare sotto al sole "con la schiena piegata per 10, 12 e a volte anche 14 ore al giorno per raccogliere pomodori, angurie, ravanelli o insalata. Il tutto per circa 20-30 euro al giorno", come scrive Marco Omizzolo, autore di una ricerca durata tre mesi nelle campagne dell'Agro pontino, lavorando insieme ai trentamila lavoratori di origine sikh che prestano la loro opera nella zona. Ricerca che, fra l'altro, ha prodotto un articolo recentemente insignito del premio Treccani.

FP - In cosa consiste, allora, la preoccupazione delle Associazioni?
RG - A noi sembra che, come spesso accade, sia lo sguardo corto dell'emotività a guidare la strategia legislativa, che invece avrebbe bisogno di guardare al bene comune con lungimiranza e sano distacco. L'art. 603 bis è stato introdotto nel 2011 per colpire il fenomeno del "caporalato". La nuova fattispecie aveva lo scopo di garantire un più efficace contrasto contro i fenomeni di sfruttamento del lavoro, la cui repressione era sino ad allora affidata a blande multe ed era configurabile solo nel caso in cui la condotta vietata fosse posta in essere in forma organizzata. Ciò evidenziava la volontà del legislatore di colpire le organizzazioni criminali che si arricchiscono sulle spalle dei lavoratori. Ciò, però, non è più presente nel nuovo testo licenziato dal Senato. Il reato di conseguenza non è più circoscritto al "caporalato", ma viene esteso a tutte le ipotesi di "sfruttamento" del lavoro in tutti i settori, anche in quelli non agricoli. E su ciò niente da dire.


Foto Barletta news

FP - Quindi, in cosa consistono le altre perplessità?
RG - Il disegno di legge approvato dal Senato rileva la sussistenza dell'indice anche in presenza di mere violazioni formali. Si comprende quindi qual è il problema: una norma penale severa non può basarsi su indici presuntivi vaghi. Il nuovo testo obbliga le Autorità di controllo a segnalare ipotesi di reato anche in presenza di violazioni di scarso rilievo e lascia ai giudici troppa libertà di decisione. L'articolo in esame, così come è stato ristrutturato, si presta nel suo complesso a interpretazioni estensive che trascendono i concreti obiettivi di tutela prefissati.

FP - C'è il rischio che gli imprenditori agricoli vengano denunciati per violazioni di minima entità?
RG - Se si prosegue su questa strada, sì. In un Paese dalla giurisprudenza altalenante e dalla burocrazia bizantina come il nostro, a guardare con occhio severo, si potrebbe, infatti, ravvisare l'ipotesi di violazione di tutti gli indici rivelatori dello sfruttamento nella stragrande maggioranza delle imprese italiane pubbliche e private. Con la nuova normativa, il Ministro competente rischia di essere segnalato nel Registro delle notizie di reato. Quando mi chiedo il motivo per il quale l'attuale articolo 603 bis c.p. ha trovato scarsa applicazione, mi vengono in mente le parole di Tacito che un mio professore di Liceo era solito ripetere: Corruptissima re publica plurimae leges: "moltissime sono le leggi quando lo Stato è corrotto".