Fico d'India, in Sicilia possibile alleanza fra i 4 poli produttivi
Unificazione in rete dei quattro principali poli produttivi ficodindicoli siciliani. E' Carmelo Danzì, presidente di uno dei tre consorzi esistenti per la valorizzazione e la tutela del ficodindia Dop dell'Etna, ad annunciare per FreshPlaza l'unione in rete dei quattro principali poli produttivi ficodindicoli siciliani in materia di biomassa e impatto ambientale.
Carmelo Danzì (foto sopra) afferma: "La mia avventura inizia nel 2011 quando sono stato nominato presidente del Consorzio di Tutela in un comparto che, dagli anni '90, hanno visto l'ascesa merceologica del prodotto con più di 15mila tonnellate commercializzate nel solo areale Etneo. Ma il ficodindia in Sicilia - principale regione produttrice dell'Europa - non è solo Etna: poli produttivi importanti sono anche San Cono, Santa Margherita del Belice e Roccapalumba".
A oggi si stima, da fonte Agea, che la sola superficie specializzata isolana conti più di 3000 ettari di ficodindieto, senza trascurare i tanti impianti promiscui presenti alle pendici dell'Etna che fanno lievitare il dato sino a circa 5000 Ha, proiettando la coltura del ficodindia tra i comparti trainanti dell'ortofrutticolo siciliano anche dei prossimi decenni.
Numerosi studi nel campo della nutraceutica si orientano a valorizzare i sottoprodotti dell'industria agroalimentare, ciò allo scopo di individuare ingredienti attivi utili al settore scientifico, come per esempio nel campo del "functional food", del "medical" e della cosmetica.
Impianto di fichi d'India
Dalle diverse parti della pianta si possono estrarre i principi attivi, studiarli e poi farne degli estratti da utilizzare nella produzione di farmaci e cosmetici.
Ma ancora le proprietà cicatrizzanti e antiulcera dei cladodi, già note ai tempi alla medicina popolare, e ancora l'effetto protettivo nei confronti delle patologie articolari, per non parlare delle proprietà antiinfiammatorie e di regolarizzazione del metabolismo glucidico e lipidico.
Tutto questo oggi, rivisto in chiave di innovazione di processo e di prodotto, può conferire al ficodindia, nel linguaggio del marketing operativo e strategico, la possibilità di sfruttare una moda alternativa, in grado di valorizzare l'agricoltura tradizionale.
Da non trascurare il ruolo ambientale che questa pianta può svolgere entrando nel ciclo delle biomasse. Da un lato l'accordo di Parigi sull'ambiente che impone entro il 2030 a ciascuna azienda di dimostrare che fine fanno i propri scarti, dall'altro un areale virtuoso come quello dell'Etna che, muovendosi in anticipo sulla ricerca, già pensa di dotare l'area del vulcano di almeno due impianti per la produzione di biogas da destinare alla conversione in energia elettrica oppure in biometano.
Varie tipologie di fichi d'India
La coltivazione da frutto genera quantità interessanti di scarti - frutti prematuri e cladodi in eccesso che vengono asportati per rinvigorire la pianta - ma nonostante il suo potenziale, finora gli unici impianti di biogas alimentati a Opuntia si trovano in Cile, e si inizia a valutarne la costruzione di altri nelle regioni secche del Brasile e in Texas.
L'idea è di conferire alle filiere virtuose che aderiranno al progetto, in collaborazione con alcune iniziative della commissione ambiente della UE, un "bollino energetico" che spieghi e certifichi al consumatore come la produzione del ficodindia che sta acquistando non solo non abbia inciso sull'ambiente, ma abbia contribuito a all'autosufficienza energetica dell'azienda produttrice.
Tutto questo all'interno di una visione aziendale non più individualista e che ha visto, in primo luogo, unirsi le sei filiere a marchio Dop, Doc e Igp dell'Etna in una rete di consorzi di tutela e, in ultimo, un'eventuale unificazione in rete dei quattro principali poli produttivi ficodindicoli siciliani.
Autore DLC per Freshplaza